E’ il giugno del 1985, e questa volta i partiti non hanno alcuna voglia di farsi la guerra.
Con una sola certezza nel cuore (mai più Pertini), si accingono all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Nella corsa al Quirinale i favoriti sono Andreotti, Forlani e il solito Fanfani.
E Francesco Cossiga, ex ministro degli Interni, dimissionario dopo il caso Moro, ex premier più amato da Pertini, attuale presidente del Senato.
Cossiga non è del tutto entusiasta della proposta. Anzitutto perchè è giovane, troppo, ha appena 56 anni, e, alla fine del settennato si troverebbe a doversi collocare a riposo. E in Italia, dopo i 60 inizia di solito l’età dell’oro.
“Sette anni là dentro, in quella prigione dorata, lassù sul Colle…”, continua a ripetere a Ciriaco De Mita, segretario del suo partito e, allora, suo amico.
In quei giorni impera un’unica certezza: sul Colle salirà un democristiano, per la ormai nota regola dell’alternanza.
Craxi siede a Palazzo Chigi, e con De Mita ha stretto un accordo (e questi che credono d’essersi inventati tutto col Nazareno). Il PCI è guidato da Alessandro Natta, brav’uomo dallo scarso appeal, e sono stati da poco asfaltati nel referendum sul punto unico di contingenza.
La parte più difficile è mettere d’accordo i soliti amici. Quelli della DC, che è gente che dietro ai sorrisi non scherza. Ma proprio per niente.
De Mita, che impera sul partito e dietro i sorrisi usa modi spicci, vuole stravincere. Ma possibilmente, per una volta, con un candidato concordato con gli altri partiti.
Infatti incontra con anticipo Natta, e gli propone Andreotti. Che cavarsi dalle palle così lo zio Giulio sarebbe un’operazione di alta scuola. Che il potere di Andreotti, e degli andreottiani, non è tanto, o solo, nelle cariche, ma nell’immenso bacino di voti gestito. E se Andreotti non può più candidarsi, beh, ecco, gli andreottiani non contano più un cazzo. Un colpo da maestro. Ma la risposta di Natta è prevedibile: “Non possiamo votarlo”. D’altronde come si poteva pensare che il PCI votasse Belzebù.
Nemmeno Forlani, piace a tutti. Allora ogni partito propone una rosa di nomi. Il Pci gradirebbe due intellettuali cattolici democratici, Giuseppe Lazzati e Leopoldo Elia. I partiti laici vorrebbero Paolo Baffi, ex governatore di Bankitalia e figura cristallina. Tre galantuomini, senza meno. Cossiga viene fuori per caso, perché presente in diverse rose, pur senza mai figurare al primo posto.
Ha buoni rapporti col Pci e pure una parentela con la famiglia Berlinguer, è un giurista di altissima fama, un politico di specchiata moralità, e non appartiene in senso stretto a nessuna corrente DC. In più pare uomo docile agli ordini di scuderia (non ridete, non vale).
Natta, ci sta subito, nonostante sia stato l’artefice delle dimissioni da premier di Cossiga nell’ambito dell’affaire Donat Cattin. Craxi per una volta è all’angolo. Se socialista dovesse essere, dovrebbe essere per forza Pertini. Per quanto è amato dalla gente. Ma a parte che Pertini cazzia i socialisti tutti i santi giorni, i suoi 88 anni lo rendono di fatto non rieleggibile (poi cadrà anche questo assioma, come noto)
Cossiga, insomma, va bene a tutti. e’ nella DC che trova le maggiori resistenza. Ma Andreotti lo appoggia, cosciente che il suo nome non passerebbe mai, lo appoggia. E convince gli altri.
Ora si tratta di convincere lui. De Mita ci riesce facendosi promettere che manterrà al Quirinale il segretario generale Maccanico, irpino come lui. E che nominerà tre senatori a vita, Elia, Malagodi e Baffi, per accontentare il Pci e i laici che li avrebbero voluti alla presidenza
Cossiga s’impegna (ma poi non li nominerà) e quando, alle il 25 giugno, le Camere si riuniscono in sessione plenaria per la prima votazione, è già tutto predisposto. Mancano all’appello solo missini, demoproletari e radicali.
L’elezione questa volta è una formalità: per la prima volta nella storia il Presidente è eletto al primo colpo. Un’ora e 52 minuti appena, il tempo dello scrutinio. Poi, quando la presidente della Camera, Nilde Jotti legge per la 566ª volta il nome di Cossiga, il quorum è raggiunto e scatta l’applauso. Il totale alla fine sarà di 752 voti.
Il discorso d’insediamento di Cossiga spicca più per l’inflessione sarda tra doppie non previste e viceversa. E’ il primo presidente a non essere un padre costituente, ha 56 anni, e ha già visto molti, ma molti casini. De Mita si incensa “È il mio capolavoro”. Chissà se era una crosta.
Classe 1928, figlo della Sassari bene ma non cattolici in senso del tutto stretto. Affini alla massoneria e vicini pure al Partito sardo d’azione di Emilio Lussu. Fa tutto presto, Francesco Cossiga. Si laurea a 20 anni. E’ docente di diritto costituzionale a 24, nel 1956, appena ventottenne si mette a guerreggiare con Antonio Segni. Questi fiuta il pericolo e decide di farselo amico, sarà deputato a 30 anni nel 1958. Nulla gli viene regalato. Semplicemente gente così esiste.
E’ sposato con tal Giuseppa Sigurani e ha un paio di figli. I secondi faranno sempre la grazia di essere inesistenti. La prima, sarà invece un bel grattacapo, per lui. Perchè viene ammannita la storia che la signora al pari della signora Pertini non ami figurare, ma si scoprirà poi che i due son separati di fatto e che quando offrono la presidenza a Cossiga, son li che stan facendo le carte per l’avvocato. Tutto rientra per lo spazio d’un settennato. Divorzieranno poi, e otterrano pure un annullamento della Sacra Rota. Il timore, tutto DC, era la reazione dell’opinione pubblica a un presidente separato. Avrebbero potuto lasciarli serenamente in pace, sarebbe fregato una mazza a nessuno.
Cossiga alle spalle ha già un percorso importante. E’ lui che si occupa di gestire l’operazione Gladio e a imbottire di omissis il Piano Solo. Dal ’76 al ’78 sarà ministro degli Interni nel governo Andreotti. Per la sinistra è Kossiga (con la k e la doppia s runica alla nazista), per Pannella il responsabile morale della morte di Giorgiana Masi. Per altri ancora il responsabile morale della morte di Moro.
A titolo assolutamente personale, gli addosserei più la morte di Giorgiana Masi, che quella di Moro. Per due ragioni, a mio vedere essenziali. Se sei Ministro dell’Interno e la Polizia carica e spara ad altezza d’uomo, tu sei corresponsabile. Sia che tu abbia dato quel tipo di direttive (probabile) sia che tu non le abbia date (meno probabile). Se sei Ministro dell’interno e rapiscono uno dei politici più in vista del Paese per ucciderlo, si dà per inteso che il rapito sapesse benissimo quali erano i rischi correlati alla sua figura. Per cui a meno che tu non abbia avuto parte attiva nel farlo ammazzare, sei stato solo sommamente sfortunato a trovarti lì.
Resta il fatto che i 55 giorni del caso Moro segnano irrimediabilmente Cossiga: lo stress, anche per le ingenerose lettere di questi dalla prigionia, il dovere della fermezza, le polemiche per le indagini. Si dimette e sparisce dalla scena per un anno. Quando ritorna è trasformato anche fisicamente. E si ritrova presidente del Consiglio dal 1979 all’80. Poi scoppia l’affaire Donat Cattin (viene accusato di aver favorito la fuga del figlio terrorista del compagno di partito). Sparisce di nuovo. E sembrerebbe un per sempre. E invece, nel 1983, riciccia e viene eletto presidente del Senato. E da lì presidente della Repubblica.
I suoi primi quattro anni di presidenza sono una palla totale: abituati al vitalissimo nonno Sandro, il Paese si trova davanti il ‘sardomuto’.
Lui passa le giornate a tagliar nastri, e a litigare qua e là con il Csm che a suo parere tende ad allargarsi troppo.
E poi? E poi crolla il muro di Berlino. E il comunismo. E l’Urss. E cambia tutto cazzo. Ma i politici italiani se ne fottono, come d’uso. D’altronde lo diceva il Gattopardo, ‘tutto deve cambiare, affinché nulla cambi’
Lui invece decide: “Voglio togliermi alcuni sassolini dalle scarpe”.
Solo che non sono sassolini, sono i monoliti di Stonehenge. Qualcuno azzarda che sia ciclotimico, ed alterni euforia e depressione. O magari ha capito che gli amici DC vogliono impattargli anche colpe non sue.
Sta di fatto che Cossiga comincia, parole sue, a “picconare”.
Contro il Csm, che vuole censurare i giudici massoni, poi vuole difendere i giudici attaccati per la prima volta da Craxi (minacciando di mandare i carabinieri a Palazzo dei Marescialli, per difendere l’organo).
Poi tuona contro il Tg1, che intervista un falso agente della Cia con le prime allusioni a Gladio, quella Gladio di cui Andreotti ha consegnato le carte al giudice veneziano Felice Casson, e Andreotti che consegna con generosità delle carte è, ammettiamolo, quanto meno sospetto.
Nel 1981, gli riesce un colpo da maestro e manda la volpe in pellicceria. Il sardomuto fotte Andreotti, nominandolo senatore a vita. E da quel preciso istante, reciso il cordone ombelicale tra il Divo ed il suo elettorato, inizierà il costante declino di Andreotti.
L’ultimo anno è un susseguirsi di esternazioni da ogni capo del mondo, ora furibonde ora beffarde, ma sempre destabilizzanti, contro tutto e contro tutti.
Immenso, nel luglio del 1991 quando si lascia ‘sfuggire’ in un’intervista al Corriere: ‘Siamo un Paese solido. Un Paese che sopporta come ministro del Bilancio un analfabeta come Paolo Cirino Pomicino, uno psichiatra di scarsa fortuna, non deve aver paura di niente’.
Però poi va fuori controllo difende Gladio ed esalta Edgardo Sogno, riabilita la P2 , vorrebbe pm subordinati al governo.
La Dc lo scarica, il Pci e Pannella chiedono l’impeachement. Qualcuno teorizza ci sia materiale per una perizia psichiatrica. Il fronte nemico gli rivolge accuse eccessive quanto le sue esternazioni: matto, golpista, fascista, depistatore di tutti i misteri d’Italia. Smesso di ululare alla luna circondato da una congrega di ladri che verrà spazzata da Tangentopoli, Cossiga si dimette il 25 aprile 1992, con un discorso commosso e commovente alla Nazione, d cui mi piace riportare un passo: ‘Ho messaggi da lanciarvi. A tutti voglio dire di avere fiducia in voi stessi. Questo è un Paese di immense energie morali, civili e religiose. Si tratta di saperle mettere assieme’
Mancano due messi alla scadenza naturale del mandato, Mario Chiesa è già in galera, e Capaci è dietro l’angolo.
Anche dopo, Cossiga continuerà le sue incursioni nella vita politica, mai domo, mai del tutto prono, sempre più concentrato su di sé, ma con punte di onestà e verità che pochi gli possono contestare. Morirà nel 2010, ultraottantenne, dopo essere sopravvissuto (politicamente) a molti suoi avversari di quegli anni. Fu un grande presidente? No. Ma migliore di molti di quelli che avrebbero voluto cacciarlo a pedate (Andreotti, Craxi, Forlani, Gava, Leoluca Orlando, Padre Pintacuda, Mancino) decisamente sì.
Un settennato in pillole
Il 23 settembre 1985 a Napoli, la camorra uccide il giornalista Giancarlo Siani.
Il 20 marzo 1986 nel carcere di Voghera, un caffè va di traverso a Michele Sindona. La ricetta l’aveva fornita Pisciotta. porta con sè una quantità di segreti.
Il 4 maggio 1987 Gary Hart, in corsa per la presidenza degli Stati Uniti, si ritira a causa di un affaire con la modella Donna Rice. Da noi, verrebbe considerato un peccato veniale, dal momento che i politici paiono più occupati a fottere il Paese.
Il 1° ottobre 1988 a Mosca Michail Gorbaciov assume la carica di capo del soviet supremo. Il mondo sta per cambiare.
Il 15 gennaio 1989 a Praga durante la commemorazione di Jan Palach, vengono arrestate centinaia di manifestanti. Tra essi anche Vaclav Havel, drammaturgo, fondatore del movimento per i diritti umani Carta 77.
Il 24 agosto 1989 in Polonia Solidarnosc entra in una coalizione di governo
Il 9 novembre 1989 a Berlino cade simbolicamente e fisicamente il muro che divideva la città dal 1961. E la prossima volta che sentirete Salvini parlare di Schengen ricordate ai vostri figli l’emozione di quella notte.
Il 25 dicembre 1989 in Romania, dopo violenti moti di piazza, e un processo sommario durato 55 minuti vengono uccisi il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu e la moglie Elena. Conscia del fatto che non mi faccia onore, non riesco a provare un moto di pena, oggi come allora
Il 29 dicembre 1989 Vaclav Havel diventa il primo presidente democraticamente eletto della Repubblica Ceca
Comunque sia andata, comunque vada, comunque andrà, l’aver vissuto quei giorni è qualcosa che la vita non potrà mai toglierci.
Il 22 novembre 1990 Margaret Thatcher (una delle personalità pù sopravvalutate in assoluto) rassegna le proprie dimissioni. Il periodo fortunato continua.
Dopo un susseguirsi di eventi il 29 dicembre 1991 quel che resta dell’URSS si scioglie per confluire nella comunità di stati indipendenti. Nel generale giubilo, nessuno si rende conto che loro non sanno gestire la democrazia, e noi non abbiamo gli strumenti geopolitici e culturali per gestire quel che ne deriva. A partire da quel momento, non lo sappiamo ancora, ma saranno cazzi. Amari.
il 12 marzo 1992 a Palermo viene ucciso il luogotenente andreottiano in Sicilia, Salvo Lima. Le allusioni si sprecano. Le trasmissioni televisive, pure. Nessuno sa che, in realtà, son solo i prodromi della tragedia che sarà