Verso mezzogiorno, quando Stefano si svegliò, Mario trafficava in cucina. Il fratello maggiore sembrava un’altra persona adesso: era sbarbato, pettinato e indossava la divisa da poliziotto, probabilmente iniziava il turno alle due. Stava bevendo il caffè tenendosi lontano dai barattoli di colore, che giacevano accatastati sul piccolo tavolo da pranzo: «Che casino qua dentro!», gli disse a mo’ di saluto.
«Vattene da tua moglie, allora!», replicò Stefano stirando la schiena.
Mario fece una smorfia: «Monica piangeva ancora, ed io me ne sono andato. E poi devo controllare casa tua, quando non ci sei, no?»
Stefano si versò il caffè rimasto nella caffettiera e cominciò la ricerca dello zucchero, ascoltando il fratello che si lagnava.
Entrato in polizia dopo il diploma, Mario si era sposato con la fidanzata storica sei anni prima e, a causa di un’apparente sterilità di Monica, non avevano ancora avuto bambini. La cognata si struggeva per quel motivo, almeno a sentire il medico che l’aveva in cura, ed era caduta in depressione, anche se Stefano sospettava che piangesse per le relazioni extraconiugali di Mario. La situazione era assurda perché, nella cerchia famigliare, Stefano era considerato l’eccentrico, lo scansafatiche che Mario doveva, o avrebbe dovuto, raddrizzare. Erano l’uno degno dell’altro, invece!
Quando Mario s’interruppe, Stefano rise: «Ti rendi conto che quello normale sembro io?»
Mario gli scompigliò i riccioli biondo scuro: «Lavati e smettila di scoparti quella varesotta di mezza età! Che culo che c’hai, sempre attorniato da donne nude! Sapessi disegnare come te, sai che farei?», aveva detto come consuetudine e, chiudendo la pistola nella fondina, si era avviato alla porta.
I due si bloccarono e lei fece un ghigno: «Mi perquisisca, agente!», disse abbassando di un tono il timbro della voce.
«Che ti dicevo?», rise Mario rivolgendosi a Stefano, poi voltandosi l’aveva abbracciata con slancio: «Ciao Luna!»
Lei gli aveva baciato le guance: «Ciao bell’uomo! Tutto bene? Mi pensi sempre, vero?»
«Sì sempre, anche se ora sono in ritardo!», aveva detto suo fratello con rammarico, uscendo sul pianerottolo.
Stefano l’aveva mandato via con un gesto, accogliendo la vecchia amica: «Ciao, sono tornato stanotte.»
«Tuo fratello mi fa morire! Lo so che non c’eri, sono passata giovedì, c’era la tua modella che ti cercava. Ho bisogno di un favore…», e gli era sgusciata dalle braccia.
«Immagino! Me ne sono andato senza avvisare e Giulia ha saltato una seduta di posa e dovrò comunque pagargliela!», disse seguendo l’amica verso le tele accatastate.
Anche se erano stati in classe insieme, al liceo artistico, Luna si era iscritta all’Accademia di Belle Arti qualche anno dopo di lui e ancora frequentava i corsi. Quando non aveva grandi avvenimenti da raccontare, la ragazza approfittava del suo studio per dipingere o far passare la pausa del pranzo ma quel giorno, a quanto pareva, era in cerca di supporti sui quali dipingere: «È lunedì e i negozi sono chiusi, ma ho lezione alle tre e se mi presti il cartonato 50×70, poi te lo restituisco!», spiegava rovistando.
Sbuffando e fingendosi contrariato, si era messo ad aiutarla: «È pesante da portare! »
«Figurarsi! Farò delle soste durante il tragitto! E poi è l’ora che passa anche Antonio per andare a lezione, magari lo incrocio fuori dalla metro e si comporta da cavaliere!»
Ripensando al basettone in giacca pesante che lei gli aveva presentato al Bar Giamaica, Stefano storse la bocca. Dubitava che quel vanesio, di cui lei si diceva innamorata, si sarebbe offerto di aiutarla, ma se Luna si metteva in testa una cosa, contraddirla era inutile. In un mondo di alieni era la più marziana di tutti!
Lui sfilò il foglio di cartonato grigio dalla grande cartelletta: «Non piove vero?»
«Non dovrebbe… Credo… Non ci ho badato!», ammise lei con aria confusa.
«Ho capito, vah… Fanno 500 lire!», le disse scherzando, ricoprendo con la velina il grande foglio da disegno.
«Ti pagherò con gli interessi!», esclamò dandogli un bacetto sulla bocca prima di precipitarsi fuori.
Sedendosi presso la finestra a finire il caffè, Stefano aveva visto l’allampanato basettone svoltare l’angolo e Luna intercettarlo facendo finta di non averlo notato, finché lui non la l’aveva rincorsa e fermata. Sorrise: era la solita!
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