Julie Delpy deve essere una gran straccia… scatole.
O almeno così la disegnano.
Anzi, si disegna lei stessa.
Donna artistoide, in preda alle sue ispirazioni e ai suoi ormoni femminili, che non perde occasione per fare tragedie per un nonnulla, per farsi riconoscere e per far passare al partner di turno mal di testa e nervosismi a non finire.
Il ritratto che Linklater e lei stessa si fa non è certo lusinghiero, anche se proprio in lei in molte –forse me compresa- si possono riconoscere: una donna moderna, per niente semplice, per niente facile, che come tutte le donne non è perfetta, ma cambia umore e mood di secondo in secondo.
Ricordate, vero, la Celine di Before Midnight? Forse la versione più estrema di Celine della trilogia dei Before?
Ecco, prendete quella Celine e immergetela non più nella bucolica Grecia ma nell’irrequieta New York, ed affiancatele una famiglia altrettanto umorale e artistoide fatta di padre pazzo e “aperto”, sorella ninfomane e “libera” più compagno di questa altrettanto “libero” e infantile.
Tutto questo dovrà affrontare il povero Chris Rock, compagno della Marion conosciuta a Parigi con Jack, dal quale ha avuto un figlio, che ora cresce un po’ per caso un po’ (tanto) per amore, in un appartamento molto radical chic, in una famiglia indubbiamente radical chic.
Come in 2 giorni a Parigi, Marion rimane un’artista intelligente ma legata sia al suo passato che al suo carattere egoista –in senso buono- e Marioncentrico -il senso datelo voi. La visita della famiglia non può così che scatenare le prime crepe nel suo rapporto con Mingus, che dovrà far fronte non solo a ex, imbarazzanti confronti paterni e litigi tra sorelle, ma anche sostenere la compagna alla vigilia della sua importante mostra dove, neanche a dirlo, i protagonisti sono proprio i suoi ex.
Non facile direte? Metteteci pure le molte crisi umorali di Marion, la mancanza di sesso e quello che avrete sarà un ritratto moderno e divertente dell’amore, ma anche piuttosto stressante se ci si identifica più con il lui che con la lei della coppia.
La Delpy con questo suo secondo capitolo sembra non voler cambiare la formula che Linklater e Ethan Hawke le hanno insegnato, basando il suo film principalmente su dialoghi irriverenti e profondi, aggiungendoci flashback e interpolazioni con voice over artistiche (emozionante l’excursus amoroso dei genitori, che riflette sulla mancanza materna effettivamente avvenuta qualche anno fa), guest star d’eccezione e un umorismo indipendente e ormai personale che rendono questi 2 giorni a New York una piacevole visione, e qualcosa di più di una semplice storia d’amore con un lieto fine.
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