Quindi, dopo aver fatto un’abbondante colazione (bisogna sempre affrontare le prove difficili con lo stomaco ben pieno), trangugiato il caffè e fumato una sigaretta (l’ultima?), mi sono recato in ospedale.
Ho lasciato l’auto in un tranquillo parcheggio e mi sono incamminato verso il nosocomio, con le spalle ricurve, l’aria afflitta e il passo strascicato.
Al punto informativo ho consegnato il foglio per il ritiro del referto, aspettandomi che la busta fosse listata a lutto, come quelle che contengono i santini funebri.
Avuta in mano la busta, ho staccato delicatamente il nastro di chiusura, e ho aperto il referto: tre fogli fitti di numeri, più un allegato.
Dapprima ho esaminato l’allegato (gli allegati sono sempre i più pericolosi): si trattava del referto di un particolare marcatore tumorale, esaminato in un laboratorio a parte: negativo.
Ho tirato un primo timido sospiro di sollievo e ho proseguito esaminando gli altri marcatori tumorali: negativi.
Ho guardato il risultato relativo all’HIV: negativo.
Ho iniziato quindi a scorrere gli altri parametri: tutti nella norma.
Infine, nell’ultimo foglio ho visto cosa risulta positivo: toxoplasmosi e altri virus collegati.
Esaminando con attenzione i relativi valori (in attesa di poter consultare il mio medico) e le relative combinazioni, mi risulta che dovrei essere nella fase post acuta, in cui ho sviluppato gli anticorpi.
Facendo le corna e attendendo la visita medica, credo di poter tirare un sospiro di sollievo: non è ancora arrivata la mia ora.