20. Il Grande Inquisitore

Creato il 19 settembre 2010 da Fabry2010

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- Sì, ribellarsi a questo stato di cose, in cui si può fare del romanzo una merce scadente venduta a peso d’oro. Mi fanno ridere certe diatribe che andate tessendo: la fuga dalla casa editrice che evade dalle tasse! Come diceva la persona che ho amato di più, scolate il moscerino e ingoiate il cammello. Scrivete libri che evadono dalla dignità dell’arte, vi svendete prostrandovi ai gusti del pubblico e della pubblicità, agognate di apparire negli spettacoli più insulsi, nei premi più manipolati, sulle riviste compromesse col potere, e poi fate i delicati per una ditta che ha comprato l’Italia: l’unica soluzione sarebbe emigrare in un luogo immune dal capitalismo, quindi, forse, su Plutone o Nettuno. Manca la consapevolezza che a ogni delitto corrisponde un castigo, e il castigo non è necessariamente una multa o la prigione, ma il logorio della coscienza che non può sopportare fino in fondo la menzogna e che, prima o poi, ha bisogno di una purificazione e di un riscatto.
Maria e Leopoldo si guardano per un lungo istante: Dostoevskij ha ragione, ma cosa fare ormai? Come potrebbe cambiare l’apparato della produzione letteraria, dove trovare una Sof’ja Semënovna capace di convertire anche le pietre?
- Lei cosa propone? Leopoldo la butta lì, ma senza crederci.
- C’è una sola via d’uscita, risponde pronto lo scrittore. Liberare i personaggi, mandarli in giro per il mondo a seminare una crisi di coscienza generale.
- Ma si rende conto? ribatte Leopoldo. Sguinzagliare il Grande Inquisitore!
- Farebbe capire molte cose: per esempio, una libertà svenduta al migliore offerente. Oggi, allo scrittore, interessa solo questo: ecco perché il romanzo sta morendo.
Leopoldo, all’improvviso, si sente soffocare, la testa gli gira e il fiato gli si spezza in gola.
- Signor Leopoldo!
La ragazza con lo straccio lo sta scuotendo, preoccupata e stizzita nello stesso tempo.



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