I.uomini e cortei
Amadei ha deciso di non assumere la veste del contestatore aprioristico o del fiancheggiatore ossequioso. certo, per uno come lui- che veniva dai centri sociali e si professava anarchico- la prima opzione sarebbe stata quantomeno la più naturale (e consona, e coerente), però, per raccontare la cronaca del fatto che gli ha cambiato la vita per sempre, ha scelto i toni dell’osservatore imparziale, dell’analista, dell’essere umano- spogliato di qualsiasi abito ideologico- lasciato nudo col proprio dolore. quindi non esiste solo la tragedia (immane) dei bambini ammazzati- o degli autoctoni in generale, che si vedono piombare in casa persone armate di paesi lontani- ma anche la morte di chi quella guerra è costretto a farla se vuole il suo bravo stipendio.
II.uomini o topi?
i ragazzi che ammazzano e si fanno ammazzare in guerra sono figli della nostra società che, nella girandola occupazionale post-capitalista, vedono- a ragione- nel soldato un mestiere come un altro, come il benzinaio o l’operaio, coi proprio rischi e pregi, come qualsiasi lavoro d’altronde. ragazzi che non hanno nemmeno il tempo di ragionare se quel che gli ordinano di fare è giusto o sbagliato, ragazzi come se ne incontrano in giro per le strade di qualunque paese, fiduciosi- alle volte sognatori, altre volte radicali e intransigenti- ma che, innanzitutto, vanno compresi in quanto persone e non in quanto rappresentanti di un’istituzione, o braccio dell’Istituzione.
in ultima analisi, il film è la confessione del trauma psicologico- con i naturali effetti negativi, ma anche con i risvolti positivi- di un ragazzo di vent’anni, menomato nel fisico e nella mente, capacissimo però di fare tesoro di una tragedia come questa, esorcizzarla e sparpagliarla in tanti pezzetti, nell’unico modo che l’Artista conosce: narrazione, cioè: condivisione.
[post-scriptum: rimane comunque la condanna dello strumento guerra in assoluto, e, in particolare, la condanna- ovviamente- dell’opportunista operazione italiana e dell’imbarazzante viso affranto con cui, questi burosauri meschini che siedono sulle poltrone che contano, dopo averceli inviati, hanno il coraggio di presenziare ai funerali (di stato- come se facesse differenza da quelli normali?) dei militi e versare lacrime fasulle per una morte che- in fin dei conti, lo sanno e lo sappiamo- non ha significato niente.]
titolo originale: 20 sigaretteun film di Aureliano Amadei2010