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Articolo 1- domenica 21 marzo 2004- Villa Favorita
Immagina una passeggiata nelle ville che l’antica nobiltà italiana possedeva nella zona vesuviana, piccole gemme rimaste a lungo seppellite nel complesso urbano.
Immagina un tuffo nel passato più o meno recuperato grazie a lenti restauri avvenuti in epoche differenti. Non c’è più bisogno di immaginare!
Domenica 21 marzo è stato possibile visitare alcuni dei più bei siti della zona: le Ville Vesuviane. Tra le costruzioni finalmente rivalutate, è stato possibile accedere al parco sul mare della villa Favorita. La villa, ultimata nella seconda metà del ‘700 in onore di Maria Carolina d’Austria, sposa di Ferdinando IV di Borbone, è sopravvissuta a rocamboleschi passaggi di proprietà. Giunta infine nelle mani dello stesso Ferdinando, la villa prese il nome La Favorita proprio perché ricordava alla regina austriaca l’atmosfera della Reggia di Schönbrunn.
Villa Favorita si presentava con tutte le caratteristiche delle Ville Vesuviane del XVIII secolo, con un sontuoso parco che arrivava fino al mare. Nel corso dei secoli, il parco è stato, prima, stravolto dalla costruzione del tratto ferroviario a sud, e poi, separato dalla villa e dal resto del bosco a causa dell’apertura di una delle strade che collega Torre del Greco ad Ercolano.
Rimasto a lungo un’area del tutto abbandonata a se stessa, oggi il parco è stato riaperto per ospitare i “passeggiatori della domenica mattina”, grazie all'intervento dell’Ente per le Ville Vesuviane. Restano però ancora chiuse, con l’inaugurazione che slitta di anno in anno, la Casina dei Mosaici, le Case coloniche, la Cappella e la Lavanderia, costruzioni anch'esse presenti nel parco e di cui si possono ammirare solo le vetrate vivacemente colorate.
Nonostante il tempo inclemente, il parco è stato attrazione di numerosi visitatori che hanno goduto del panorama molto suggestivo: di adulti intrattenuti dalla piacevole musica del sassofonista jazz Marco Zurzolo, e di bambini che non hanno notato che i giardini sono ancora un po’ lontani dalla lussureggiante vegetazione del parco originario…
Questo articolo è uscito così (nella forma in cui lo spedii al caporedattore) nell'edizione cartacea del settimanale Ephemerides il 24 marzo 2004.
Ricordo ancora perfettamente l'ansia di presentarmi per la prima volta in redazione, la preoccupazione di non saper scrivere così come pensavo di sapere e che forse avevo sbagliato a propormi come redattrice. Ricordo i colori di quella domenica di marzo, quando - per la prima di quella che sarebbe diventata una serie infinita di volte - partecipai ad un evento attivando nel cervello quello che poi sarebbe diventato un radar difficile da disattivare anche in seguito e che, in ogni luogo mi porta ad osservare, a voler capire, ad immaginare le parole per descriverlo.
Ancora oggi ricordo un ottimo ricordo di quella prima redazione e, più ancora, di me che muovevo i primi passi in quel mondo con gli occhi ancora puri.
A 10 anni da allora, sono cambiate tante, tantissime cose, ma alcune fortunatamente sono sempre le stesse. Il radar è sempre lì, la voglia di scrivere anche, la curiosità verso il mondo è cresciuta di pari passo con la possibilità di essere soddisfatta. Tutto il resto - le beghe tra giornalisti e presunti tali, i rapporti di convenienza, i sorrisi falsi, le politiche interne, le manovre per fare sempre le scarpe a tutti e in ogni modo immaginabile per guadagnare quei 50 centesimi in più di miseria - è solo fuffa.
A 10 anni da allora, potendo parlare alla me di quel tempo, le direi: "Vai avanti! Perché sai scrivere molto meglio di quello che pensi e puoi farlo in un modo che ancora non immagini".
Ora sto immaginando quel modo.