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2010: Obiettivo biodiversità mancato. Adesso, no ai passi indietro

Creato il 08 ottobre 2010 da Progettiambiente

2010: Obiettivo biodiversità mancato. Adesso, no ai passi indietroSi avvicina sempre più il momento conclusivo dell’anno che l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite ha voluto dedicare alla biodiversità. Dal 18 al 29 ottobre, infatti, avrà luogo a Nagoya (Giappone) la 10° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica: momento conclusivo del calendario di appuntamenti del Biodiversity Year, in cui i 193 Stati firmatari saranno chiamati ad adottare un Piano strategico per ridurre significativamente la perdita di biodiversità entro 2020. A fronte di questo obbiettivo tanto impegnativo quanto importante, desta non poche perplessità la scelta del Governo italiano di tagliare del 50% i finanziamenti ordinari -per altro già ritenuti troppo esigui negli anni passati- destinati ai Parchi Nazionali, alle riserve naturali e alle aree marine protette. Un provvedimento davvero scriteriato che, innanzitutto, si pone in netto contrasto con il ruolo che la bozza di Strategia Nazionale per la Biodiversità assegna alle aree protette: come potranno queste divenire preziosi scrigni di biodiversità se in futuro non si avranno le risorse economiche da destinare al personale, alle sedi, alla sorveglianza, alla ricerca, al ripristino degli habitat compromessi, alla promozione del turismo, all’educazione ambientale e a tutti gli altri servizi necessari per favorire una conservazione attiva della natura?

Oltretutto non è solo l’ipotesi che il nostro Paese venga meno agli impegni presi in sede internazionale ad essere preoccupante; quello che è ancor più inaccettabile è il rischio -purtroppo concreto- di perdere irrimediabilmente una parte consistente dei nostri territori vincolati. Pericolo assolutamente reale. Federparchi infatti per i prossimi anni ha previsto che la metà dei suoi federati chiuderà i battenti. Il resto, probabilmente, riuscirà a fatica a garantire il presidio a tutela dell’area in gestione, ma non avrà fondi da destinare in attività di ricerca, promozione e divulgazione.

Di fronte alle cupissime ripercussioni del provvedimento, non sono mancati certo scioperi, proteste e appelli di ripensamento, tra cui spicca quello del ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo. Ad oggi, però, nulla è cambiato.

I parchi sono irriproducibili oasi naturali e riserve di biodiversità; estese porzioni di territorio che consentono di salvaguardare interi ecosistemi terrestri, marini e fluviali; ossia la rete totale di elementi, connessioni e funzioni in cui si articola la vita -quella umana compresa- e che è il risultato di miliardi di anni di evoluzione.

I parchi sono ricchezza. Sono zone di grande valenza ecosistemica e paesaggistica che offrono ampie possibilità di sviluppo. Anche considerando solamente il profilo economico, si rischia di perdere molto più di quanto si risparmia e i dati lo confermano: negli ultimi sette anni il turismo nei parchi nazionali è aumentato del 34% contro il 19% del turismo in generale, inoltre il business legato al sistema turistico nei parchi nazionali è il 10% dell’indotto complessivo del turismo. Una perdita che appare davvero troppo ingente, soprattutto se messa in relazione con il falso risparmio che se ne ottiene. Negli anni precedenti i Parchi nazionali hanno complessivamente ricevuto dallo Stato circa 52 milioni di euro l’anno. Il dimezzamento di una cifra già tanto bassa, condanna al declino queste inestimabili oasi naturali che oggi consentono la difesa di 1 milione 437 mila ettari di territorio italiano (circa il 5% del suolo nazionale) dall’espansione incontrollata delle città, dall’inquinamento delle acque, dagli incendi, dallo sfruttamento incontrollato delle risorse e dai danni del bracconaggio. Il rischio di paralisi dell’intero sistema dei parchi, pare ancora più insensato se si considera che, ad oggi, la spesa pubblica per le aree protette coincide con lo 0,0069% del PIL: vale a dire un caffè all’anno per ogni cittadino italiano!

I parchi sono storia. Aree sulle quali si sono stratificati secoli di storia naturale e umana formando quel peculiare intreccio che oggi possiamo definire propriamente paesaggio e nel quale possiamo riconoscere la nostra identità culturale. Un area protetta è quindi testimonianza del passato: traccia di una storia fatta di pratiche, rappresentazioni, conoscenze, saperi, oggetti e manufatti, ma anche delle idee che hanno nutrito le menti di coloro che, negli anni, hanno lottato per ottenere il riconoscimento e la tutela di queste bellezze paesistiche e naturali. Così, il verde scintillante delle faggete, il rosso vivo delle colonie di corallo della Grotta di Nereo, l’ordinato dispiegarsi dei terrazzamenti delle Cinque Terre, il bruno mantello dell’orso Marsicano e le altre splendide forme e colori degli organismi viventi e non d’ogni tipo ne diventano l’emblema. Oltre alla storia dell’uomo, un’area protetta ha impresso nel suo codice genetico la storia del pensiero umano: un secolo di evoluzioni concettuali che hanno nutrito il vivace dibattito internazionale sulla conservazione della natura.

Tagliare i fondi destinati ai parchi è una scelta cieca, vale a dire: sminuire la nostra eredità culturale, danneggiare le nostre economie, le nostre condizioni di vita, la nostra salute e la qualità della nostra vita stessa.

Autore: Sara Colombo


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