2010 Rewind: Brian Eno, Women, Warpaint, Mount Kimbie, Nels Cline, The Freash and the Onlys.

Da Sonofmarketing @SonOfMarketing

Continua il nostro "tour" per riscoprire il 2010. Terz'ultimo appuntamento. Ripercorriamo il 2010 attarverso i dischi più significativi. Ogni volta presenteremo da 5 a 10 album (alcune volte anche di più) che sono legati da un sottile filo. Le altre volte come filo conduttore abbiamo scelto l'elettronica, la musica classica, il violino,  il post-punk, i songwriters stranieri, gli artisti italiani (a cui abbiamo dedicato tre articoli), l'alt-rock, il pop, il post-rock, il psych-rock, l'industrial. Per gli ultimi tre appuntamenti con il 2010 Rewind non vi sarà nessun filone ma proporremo quei dischi che non siamo riusciti ad inserire nei precedenti articoli.


SMALL CRAFT ON A MILK SEA – BRIAN ENO. Un disco tutto sommato buono del buon vecchio Eno. Ciò che viene a mancare forse è un legame fra tutto il disco, che per certi versi sembra un insieme di canzoni di cui non si capisca molto la linea guida. Ma questo non basta ad affondare il disco che ha comunque valide canzoni. Con l’elettronica in primo piano il suono di questo disco di Eno si dipana fra movimenti ambientali e trip-hop (Emerlad and Lime, Slow ice Old moon, calcium Needless, Late Antrophocene), rock sperimentale (la bella 2 forms of Anger, Dust Shuffle) e vibrazioni spaziali (Flint March, Written Forgotten). 15 canzoni forse sono pure troppe e non giova sicuramente al risultato finale, considerando almeno la presenza di 4/5 canzoni evanescenti (come Lesser Heaven e Paleosonic, calcium needless).


PUBLIC STRAIN – WOMEN. Gli Women sono al loro secondo lavoro e continuano il loro percorso nel riproporre musica molto vicina agli anni 60 (in particolare come punto di riferimento i Velvet Underground) ma riempendola di suoni moderni che variano dal lo-fi all’indie-rock alla new wave. Il suono oscuro e la voce soffocata che fa da sottofondo sono le peculiarità di questo disco. Si comincia con Can’t you see, un pezzo tetro, quasi drone, pieno di distorsioni. E buona la prima, molto d’effetto. La seconda Heat distraction inizia con sonorità molto indie tra rallentamenti e e loop e  la voce che entra solo dopo 90 secondi su un suono martellante. Narrow with the hall, una delle canzoni più sixties del disco presenta una forte componente discorsiva, inquietante all’inizio e quasi rilassante nel proseguire. E poi arriviamo ad uno dei pezzi più belli del disco ovvero Penal Colony, canzone lenta e suggestiva. Tetra e dalle tonalità ambient, Bells e ancora più oscura e tagliente dal ritmo totalmente diverso di China Steps (pezzaccio formidabile). Altro bel pezzo molto sixties, leggermento psichedelico e martellante è Untogether (uno dei più cantati), seguita dal suono incalzante di Drag Open, dalle sonorità molto wave. Dall’appiglio più indie, più rilassato ma sempre con quella sensazione di desolazione è invece Locust Valley che precede le due  (magnifiche) tracce conclusive: l’eterea Venice Lockjaw e i 6 minuti fantastici (con un suono meno oscuro e caratterizzato dai cambi di ritmo) di Eyesore.

 
THE FOOL – WARPAINT. Uno degli esordi più interessanti dell'anno passato. Gruppo tutto femminile che ha alla base una forte componente pop ma ricercato ed elaborato con tendenze dream/ambient, psichedeliche e alternative.  Voce soave che si può apprezzare dalla prima canzone Set your arms down, struggente ed eterea allo stesso tempo. Nella seconda traccia tutta strumentale Warpaint si cambia registro con un suono un po’ più pesante, ripetitivo, quasi ossessivo. Si torna alle atmosfere inziali con Undertow, forse la meno interessante del disco se non per la progressione finale. Una vera e propria ventata psichedelica oscura e un po’ di ritmo con Bees; a seguire la mia preferita del disco ovvero Shadows dolce psych-folk fino al minuto 1:30, dopo il quale, il martellamento della batteria e l’espressività vocale della cantante rendono tutto più suggestivo. Composure riprende il sound di Bees, anche se in questa è un po’ più elaborata. Arriviamo a Baby. Una canzone dolcissima ed emozionante, così come la successiva Majesty. Il disco chiude con la desolazione di Lissie’s Heart Mumrmur.

WHEN THE SILVER’S GONE – BUSTERS BLUE. Un album folk-rock insolito ed  eccezionale. Basta sentire il singolo di lancio Tabletop per farsi un’idea della bravura e dell’inventiva di questa band sia a livello musicale (anche grazie all’utilizzo di avri strumenti oltre ai classici) che di scrittura. Canzoni come Into the tree, Dead, Bloody your teeth Me and the wolf e the worst thing  restano impresse in maniera indelebile.


PLAY IT STRANGE – THE FRESH AND ONLYS. Un po’ di freschezza però rivolta al passato: I Fresh and the onlys, arrivati al loro terzo album sfornano un disco di atmosfere revival rock anni 60, con intermezzi lo-fi e spruzzate di rock moderno e anche fine anni 70). E proprio la prima traccia Summer of love da questa impressione, anche per il richiamo ai franz Ferdinand (versione un po’ più oscura, anche considerate le tonalità vocali del cantante) che notoriamente si ispirano ai Beatles. Waterfall, il singolo di lancio, è un altro bel pezzo leggermente più veloce, dalle atmosfere western ben suonato e cantato e soprattutto controcantato. Sullo stesso stile (vi è solo un po’ più di energia) si mantiene Until the end of time. Il disco scorre una meraviglia continuando con la copiosa Tropical Islands Suite e la superba I’m all shook up. Be my hooker sembra ricordare un po’ I Buzzcocks con un suono meno grezzo e rende molto bene. Fascinated si (e ci) carica di leggerezza, mentre Plague on frogs è un breve pezzo che riassume connotazioni western all’inizio e ricorda molto i primi Editors nella seconda parte. Poi arriviamo ad uno dei migliori pezzi dell’album Who needs a man: breve, martellante, efficace, graffiante . Il disco si chiude con la gradevole Green Light, Red Light (stesso discorso fatto per be my hooker) e la retrò I’m a thief.

CROOKS & LOVERS  - MOUNT KIMBIE. Un altro esordio col botto. Mount Kimbie, duo di Londra che esce con un disco già molto maturo per essere primo, tale da poter essere accostato senza timore ai grandi del genere dubstep e dintorni (Burial su tutti). Field, Ruby e Before I move off (le mie preferite del disco) ve le consiglio se volete farvi un’idea iniziale


BLOOD & FIRE - THE EIGHTIES MATCHBOX B-LINE DISASTER. Bel disco che fa rivivere la fine degli anni 70, periodo di esplosione del punk e della new wave. Ma ciò che contraddistingue questo gruppo dalla marea di band che fanno punk moderno, a parte il gusto retrò (che non guasta mai), è il tocco dark e la contaminazione di altri generi come il grunge ma soprattutto untocco di psichedelica.

INITIATE – NELS CLINE SINGERS.  Un disco fuori dal comune firmato Nels Cline, chitarrista dei Wilco. Due dischi e musica ad altissimi livelli che sta stretta a qualsiasi genere, ecco perché sarebbe giusto collocarla nel calderone del rock sperimentale (in particolare ci sono forte contaminazioni psichedeliche, di jazz e progressive,  fusion e altre incursioni, davvero difficile da definire).



Miniplaylist, 1 brano per ogni artista:

2 forms of Anger - Brian Eno
China Steps - Women
Shadows - Warpaint
Tabletop - Buster Blue
Waterfall - The Fresh and the Onlys
Field - Mount Kimbie
Mission from God - The Eighties Matchbox B-line disaster
Divining - Nels CLine Singers

 


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