2010 Rewind: Jonsi, John Grant, Gil Scott Heron, Paul Weller, Anthony, Sufjan Stevens, Syd Matters, Agnes Obel e altri

Da Sonofmarketing @SonOfMarketing

Continua il nostro "tour" per riscoprire il 2010. Un appuntamento che proporremo per tutti il periodo estivo (tutti i sabato) e se vi garba continueremo anche una volta finita la stagione. Andremo a  ripercorrere il 2010 attarverso i dischi più significativi. Ogni volta presenteremo da 5 a 10 album che sono legati da un sottile filo. Le altre volte come filo conduttore abbiamo scelto l'elettronica, la musica classica, i violino e il post-punk. Questa volta abbiamo deciso di andare a pescare dal filone songwriting ovvero i dischi cantautoriali più interessanti dell'anno scorso. Partiamo da quelli stranieri; la settimana prossima ci occuperemo dei canatutori di casa nostra.


WAKE UP THE NATION – PAUL WELLER.Profeta in patria, forse un po’ meno conosciuto da noi, torna Paul Weller con un disco (come lo possiamo definire? Rock d’autore?) molto interessante da tutti i punti di vista. Disco bello carico dal punto di vista del sound e il titolo ne è un indizio, un po’ lungo, ma questo non intacca la qualità del prodotto. Già con Moonshine si parte forte con ritmo calzante, e a seguire la title-track che sembra uscita da un disco dei primi rolling stones e sulla stessa linea d’onda no tears for cry. Incursioni di pianoforte ed energia allo stato puro si possono ascoltare in fast car/slow traffic (ricorda vagamente i ramones il sound); poi il ritmo cala leggermente con la bella “ballata” Andromeda e la strumentale In Amsterdam; poi Weller ci incanta con toni un poì più cupi con l’ammaliante “she speaks”. Evitabile  Fin the torch, Burns the plan (che fa molto Springsteen nei tempi più duri), mentre Aim Aigh risulta essere una delle canzoni più interessanti del disco con l’incursione di più generi, così come Trees che ha un inizio un po soul, un po’ folk per il modo di cantare di Weller e poi ha un’esplosione nel pre-finale di puro rock ‘n’ roll. Da segnalare anche la “psichedelica” 7 and 3 is the strikers name (una delle mie preferite del disco) e l’affascinante Pieces of dream dove ritroviamo il pianoforte. Un disco che comunica benissimo sia in musica che in parole il messaggio che Weller vuol dare alla nazione ma soprattutto ad una società alla deriva.
 

BROTHEROCEAN – SYD MATTERS.La leggiadria della chitarra, i tocchi elettronici, il folk etereo simile a quello degli Espers, il modo di cantare tra Thom Yorke e Greg Weeks. Questi è Syd Matters che mette su un bel disco folk con varie sfumature. Rest e Hi Life hanno qualcosa in più rispetto alle  altre.
 

I’M NEW HERE – GIL SCOTT HERON.Un disco di cantautorato di pregevole fattura come ci ha abituato Gil nella sua lunga carriera (ma le aprole non rendono l’idea della bellezza dell’album). La prima canzone e l’ultima dal nome Coming from a broken home (part 1 e 2) rappresentano uno spoken words con un suono in sottofondo dal retrogusto molto cinematografico, dove Gil si lascia andare fra i ricordi della sua fanciullezza. Me and the devil ci introduce subito alla bellezza del disco con sonorità quasi trip-hop e richiami blues. Più acustica tra cantato e parlato la title-track, Gil continua il suo racconto con l’oscurità e i richiami tribali di Your Soul and Mine. In I’ll take care of you le sonorità jazz e soul prendono il sopravvento (così come in New York is killing me, dal sapore un po’ più gospel) e colpisce anche where did the night go. Un delirio parlato quasi straziante (come running e the crutch che hanno sonorità più cupe ed elaborate, in particolare quest’ultima). Il tutto è impreziosito dai vari Interlude.

THE AGE OF ADZ – SUFJAN STEVENS. Dopo l’ottimo ep All Delighted People, sempre del 2010, ecco l’album di questo grande cantautore dalle radici pop-folk che ci propone arrangiamenti orchestrali e non ci risparmia le incursioni elettroniche. E l’album è molto valido, suonato e cantato benissimo, curato in tutti si suoi dettagli. Impossible soul, la canzone del disco, basterebbe per tutto l’album. Ma anche la title-track e Now that I’m older. Sufjan Stevens si conferma uno dei protagonisti della scena cantautoriale attuale.

 

JONSI - GO. Il disco da solista del cantante degli sigur ros. Era un album che attendevo. E 'attesa è stata ripagata con un ottimo prodotto. Lo stile è sempre quello del gruppo di cui è leader il cantante. Ma qualcosa di differente lo si avverte: se lo stile resta lo stesso, quello che cambia è il ritmo (in alcuni pezzi accelerato) che fa in modo che quest'album non sia una fotocopia degli album degli sigur ros. Canzoni preferite: Tornado, Go do, around us.

ODE TO SENTIENCE - EMILY JANE WHITE.  Splendida voce che mette a disposizione del suo folk alternativo. Non vi fate ingannare da una canzone come The Cliff che può far pensare alla solita cantante folk. Si ascoltino canzoni come Requiem Waltz, The Law, Clipped Wings e potrei continuare con il resto dell’album. L’impatto emotivo e alto altrettanto quanto la qualità di quest’artista che è entrata subito nelle mie grazie.

 

SWANLIGHTS – ANTHONY AND THE JOHNSON. Il precedente the Crying Light è stato uno dei dischi del decennio scorso che se non si è ascoltato, è assolutamente da recuperare perchè di un’intenistà emotive unica. Con questo disco, anche se non del tutto soddisfacente, Anthony si riconferma quel gran cantautore che è, deliziandoci con melodie di rara emotività e un riflessioni sulla “luce che è intorno a noi” come elemento rappresentativo delle contrapposizioni attuali ella nostra società. In questo disco vede tra l’altro la collaborazione di Bjork in Fletta, tra l’altro una delle mie preferite del disco. Everything is new è la traccia che apre il disco, con una prima parte lenta e  quasi tutta piano e voce per poi evolversi con l’introduzione dei violini e i vocalizzi dell’artisti che si fanno sempre più coinvolgenti. Molto coinvolgente ed emozionante The White Great Ocean, che come ha dichiarato l’autore è una palese dedica ai suoi genitori. La successiva Ghost è una canzone dai toni tremolanti, una tra le meglio arrangiate del disco. Più solare la successiva I’m in love che però lascia poco il segno, così come la title-track Swanlights. L’apice a mio parere lo si raggiunge con the spirit was gone con una perfetta alchimia di voce e musica, con i violini e l’arpa che mai come in questa canzone incorniciano il piano formando un quadro perfetto che lascia trasparire una sensibilità unica. Thank for your love è forse la meno bella del disco, troppo banale, poco trasporto ( e ha dei passaggi che ricorda molto Imagine). Ma le ultime due tracce del disco riportano il disco ai livelli delle prime canzoni: la  “blasfema” Salt Silver Oxygen Christina’s farm (la più concitata ad irruenta dal punto di vista emozionale e qui il pianoforte è più protagonista che mai).

QUEEN OF DENMARK - JOHN GRANT. Un disco che è impossibile non apprezzare vista la capacità cantautoriale di questo artista che in qualche modo, attraverso la sua voce che si fonde in maniera naturale con le orchestrazioni strumentali, riesce a rendera vivida e visiva la sua musica. Sublime.Su tutte le canzoni spiccano I wanna go to Marz (in collaborazione con i Midlake), Chicken Bones e Outer SPace.

PHILHARMONICS – AGNES  OBEL. Stesso discorso fatto per Emily Jane White, con l’unica differenza che in questo caso è il pianoforte che fa da protagonista ( e suonato in modo ineccepibile). Over the hill e avenue quelle che mi hanno conquistao maggiormente.

 

WRECKORDER – FRAN HEALY. Debutto da solista per il cantante dei Travis che a differnza di tanti suoi clleghi che scelgono questa strada, porta fuori un buonissimo disco. Album che vede molte collaborazioni di qualità (spiccano su tutti Paul McCartney e Anthony and the Jhonson) che danno spessore soprattutto al reparto musicale. La traccia d’apertura In the Morning già da il sentore di un disco di spessore, con un arrangiamento da brividi e la voce di Healy stupenda (con una chiusura netta nel finale). Stesso discorso per la successiva anything, che è più articolata e rimanda moltissimo a Thom Yorke. In Sing me to sleep, la voce di fran si mescola in modo sinuoso con la voce di Neko Case, musicalmente chitarra insistente e protagonista  questa volta. Flying in the ointment invece è un tipo di folk-rock che si avvicina (ma non troppo) a quello che faceva con i Travis. In As it comes arriva l’ex-beatles al basso; una delle più intense dell’album, un po’ più scura ma davvero tra le migliori del disco; Shadow Boxing riprende il filone iniziale mentre Holiday sembra proprio uscita da un disco dei Travis. E siamo arrivati alla fine del disco con due delle migliori canzoni del disco: Rocking chair (quasi tutta chitarra e voce con interventi sporadici del violini e con uno dei testi migliori dell’album) e Moonshine dove Fran Haley dimostra di avere una gran voce.

Nicola Orlandino


Playlist (1 brano per ogni artista):

Tornado - Jonsi
The Great White Ocean - Anthony & The Johnson
I want to be well - Sufjan Stevens
I wanna go to mars - John Grant
I'm new here - Gil Scott Heron
Emily Jane White - Requiem Waltz
Avenue - Agnes Obel
Rocking Chair - Fran Healy
Hi Life - Syd Matters
7 & 3 is the strinkers name - Paul Weller



 


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