2019: Dopo la caduta di New York – Sergio Martino

Creato il 10 marzo 2012 da Maxscorda @MaxScorda

10 marzo 2012 Lascia un commento

L’arte di arrangiarsi e’ una forma di mediocrita’ della quale, per strane ragioni, noi italiani andiamo fieri quando dovremmo persino vergognarcene.
E’ pur vero pero’ che puo’ essere un mezzo per veicolare stratagemmi e soluzioni premianti per coloro che non sapendo produrre torte, s’accontentano delle briciole, talvolta tanto copiose da saziare bene e a lungo.
Il nostro cinema ha dato da mangiare a molti vivendo nell’ombra e nella bieca emulazione dei film di successo, al punto talvolta di creare un genere proprio che a sua volta genera emulazione e cosi’ via.
Pensiamo alla valangata di pellicola usata nei peplum, con gli spaghetti western, il pecoreccio, le professoresse, le studentesse, le poliziotte e i poliziotteschi.
Quanta gente c’e’ cresciuta, qualcuno ci ha costruito sopra una carriera facendoci magari fortuna e come con questo "2019: Dopo la caduta di New York", attirare masnade di ragazzini sull’onda del "1997: Fuga da New York" di Carpenter, infilandoci magari un po’ di Mad Max.
A suo tempo fui anche io uno di quei ragazzini e per quanto uscii dal cinema piuttosto deluso, non ebbi certo un giudizio catastrofico come posso avere oggi, dimostrando in primis che un certo cinema puo’ essere premiante.
Siamo alle solite, si potrebbe cadere nella tentazione di pensare ai soldi e al budget ma ancora una volta non e’ cosi’ quando a mancare e’ la coerenza, talvolta il senso non solo di sequenze ma dell’intero film.
Voglio dire, mondo in guerra spezzato in due, Stati Uniti ridotti a macerie radioattive, non un solo umano ancora in grado di procreare e la missione assegnata al tamarrissimo protagonista, una specie di madmax-guerrierodellanotte-jenaplissken col facciotto da cantante di disco-dance anni ’80, e’ quella di recuperare l’unica donna fertile del pianeta in una New York controllata dalle forze nemiche per poi involarsi verso Alpha Centauri.
Se il quadro generale e’ avvilente, i particolari sono raccapriccianti e per questo non mi soffermero’ sopra, un po’ per noia un po’ per salvaguardare un minimo senso del ridicolo.
Il bello dei B-movie e’ in fondo proprio questo ma quando latita l’ironia, ingrediente necessario all’ammissibilita’ di certe opere, allora viene il dubbio che i produttori mirassero ad un film "serio" e in quanto tale e’ giusto stangarlo.
Oggigiorno il cinema italiano non ha neppure la spinta per copiare e se posso rimpiangere un’idea imprenditoriale vincente e folkloristica, certo non mi mancano film come "2019", senza anima e carattere.

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