In
violazione dell’art. 8 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, di
cui fu fra i primi firmatari del testo base nel 1950, senza mai far
mancare poi la propria approvazione a tutti i protocolli addizionali
stilati dal 1952 al 2013, l’Italia
è condannata per la sua ostinazione a negare ogni forma di
riconoscimento legale all’unione
di due persone dello stesso sesso ed esplicitamente sollecitata a
mettersi in regola per evitare sanzioni più severe.
Sì, s’ode
qualche mugugno, ma ha fatto più rumore il divieto di raccogliere e
commerciare vongole dal diametro inferiore ai 25 millimetri, un altro
degli impegni sottoscritti dall’Italia
in sede europea, nel 2006. Qui da noi la
vongola arriva ormai solo a 22 millimetri – si protestò – e
impedirne la raccolta vuol dire privare le nostre tavole di un piatto
che è più italiano degli spaghetti alla carbonara, e non è giusto,
e a tutto c’è un limite, e questo è troppo, vorrete mica
sradicarci dalle nostre tradizioni secolari? Come se fra quelle non
vi fosse pure l’omofobia. Niente, la vongola non mancò di far gridare
a qualcuno che tanto valeva uscire dalla Ue, qui l’ipotesi nemmeno
sfiora chi mastica amaro per la condanna.
E sarà che poi «non
è una sentenza della Ue [visto che] alla Corte europea dei diritti
dell’uomo
aderiscono anche Russia, Moldavia, Turchia ecc.»,
che però non si capisce perché screditerebbero la Corte, visto che
in quanto a riconoscimento legale delle unioni tra persone dello
stesso sesso sono nella stessa situazione dell’Italia;
e
«non
è una sentenza che impone l’approvazione
del ddl Cirinnà»,
che infatti c’entra
poco o niente, visto che la sentenza si limita a segnalare, e a
condannare, l’inadempienza
dell’Italia
a una convenzione liberamente sottoscritta, vedesse lei come
rientrare nella legalità, Cirinnà o non Cirinnà; e poi «è
solo una sentenza di primo grado, come quella sul crocifisso nei
luoghi pubblici in Italia che fu ribaltata in appello, dunque il
governo italiano proponga subito appello per non pagare le sanzioni e
rivendicare il diritto degli italiani a decidere in Italia sulla
famiglia»,
e come puoi decidere altrimenti che in ossequio a una sentenza, che
se riconfermata, ti obbliga a pagare e adeguarti, sennò a stracciare
gli impegni che hai firmato?
Ecco, questa è la domanda che verrebbe
voglia di porre a Mario Adinolfi (i virgolettati, infatti, sono
suoi): se la sentenza verrà riconfermata, per l’importanza
che riveste la questione, sei disposto a chiedere al governo italiano
di stracciare gli impegni assunti da tutti i paesi della Ue e perfino
dalla Russia, dalla Moldavia e dalla Turchia? E il governo pensi che
ti darà retta?
Adino’, te lo dico con l’affetto e la delicatezza che userei con un fratello scemo, se l’avessi: sotto i 25 millimetri non posso circolare, è vero, ma grosse come le tue non so’ più vongole, so’ cozze.
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