da qui
Non fanno in tempo ad accorgersi di nulla: l’uomo in divisa ha movimenti repentini, circolari, in modo da colpire prima l’uno e poi l’altro nei punti nevralgici, per cui cadono a terra quasi subito. Li prende a calci come sacchi di patate, sputando e urlando. Si ferma solo quando i tre non danno segni di reazione. Yoh’anan alza la testa, lentamente: vede l’agente come in una nebbia; ha i capelli corti e un sorriso ironico che non lascia trasparire sentimenti. Gli ricorda un compagno di classe che invitò a giocare ai soldatini e non è mai venuto. Forse è lui, aspettava questo giorno grigio per mostrarmi il suo disprezzo. Adesso tira fuori i fanti e i cannoni e li mette finalmente in fila, pronti a distruggere il mio battaglione poco organizzato. Cerca di cogliere un barlume di umanità negli occhi che sorridono senza più espressione, come quelli di uno squalo. Ora mi dirà che odiava la scuola e io ero il nemico, se non riusciva a imparare le poesie, o quando il professore, per riempire un buco, interrogava sempre lui, e non potevo suggerire perché sedevo al primo banco e sarei stato il primo a essere beccato.
- Avete capito, disgraziati? la prossima volta sarà peggio: fatevi sorprendere ancora a parlare di Yehochoua e non ne uscite vivi. Ne ho ammazzati tanti, come voi.
Ha le mani sui fianchi; non sembra il tipo che parla per parlare. Ce l’hai fatta a venire; se avessi saputo che sarebbe stata questa la battaglia, non ti avrei invitato. Yoh’anan guarda Nathane ed Eleazar: non hanno voglia di reagire. Aspettano solo che l’uomo in divisa faccia un cenno che li lasci andare. La prossima volta vinco io, smettila di ridere; pensi di essere imbattibile, ma ti dimostrerò che noi della scuola siamo pieni di risorse.
- Ora sparite e non vi azzardate a raccontare la faccenda.
Nathane cerca i pezzi delle lenti, ma ormai è impossibile metterli insieme. Eleazar si tocca la barba, per capire se c’è ancora.