Faccio trecento metri con l’ombrello aperto da scemo prima di accorgermi che non piove, fin quasi dentro la ditta…che esci e lo dai per scontato ecco il punto…son 3 giorni che la doccia su Varese è aperta e di solito qua, quando inizia, non smette per due o tre mesi ma stavolta no, sorpresa…e quando succedono cose cosi ecco…io mi piglio un po’ male, spesso devo incontrare due tre persone senza ombrello prima di rendermi conto che c’è un motivo sotto e che non stanno tentando di ammalarsi per prendere malattia, come quelli che fottono le assicurazioni.
Il fatto è che io quando cammino, e qua emerge il problema, penso a tutt’altro. Appena fuori dal cancello, ombrello già spalancato dal vialetto, partono i primi trenta metri dedicati al cellulare, trovare canzoni e playlist e premere play, infilarsi auricolari senza prestare la minima attenzione alle macchine che passano e alle condizioni atmosferiche. Già perso nel nulla, arrivo al pino marittimo sofferente qualche decina di metri dopo e li, con un cambio di scena mentale, ecco che mi torna in mente quel pensiero di cui non sono mai riuscito a parlare in un pezzo…il fatto che subito dopo la neve, ti bagni di più se stai sotto gli alberi che sulla strada…un pensiero sciocco si, ma solo in superficie, come tutte le piccole cose che contano davvero. Il pino fa parte di un giardino privato, dove prima stava il mugnaio, uno degli ultimi o forse dei primi…quando tutto succede in fretta non lo capisci…a mollare il colpo dopo l’arrivo in paese dei supermercati giganti da quaranta corsie, ottanta caselli autostra-casse, tessere fedeltà e amore. Adesso che ha chiuso per sempre, e sono anni ormai, vi giuro che non capisco cosa succeda li dentro…mi ricordo un tricheco che stampava magliette qualche tempo fa, poi una strana società e un gran via vai di Land Rover…adesso ci entra ogni mattina una tizia riccia con cane a seguito. Subito dopo un paio di belle case…uno che abitava in questa, a sinistra, dal giardino grande e gli aceri rossi, se n’è andato in India con un’altra mia vicina di casa. Sulla curva appena dopo, la casa verde con le rose, che in primavera quando sbocciano escono dalla ringhiera e sto li a guardarle ogni volta ma giuro, non ne ho mai presa una.
Ora sono sullo stradone, anche se le barriere che circondano il cantiere della nuova-ormai-vecchia ferrovia, l’hanno ridotto ad un vicolo cieco. Nella prima casa che incontro, abita la ragazza dalla macchina color crema, una specie di angelo sceso in terra che di tanto in tanto rischiara le mattine quando esco in orari inusuali e mi capita di incrociarla. Su di lei i pensieri cadono spesso perché è una di quelle persone che nemmeno conosci ma che vedi ogni tanto e chissà perché, i ricordi son sempre vividissimi…me la ricordo seduta al tavolo da Enzo, il ragazzo della scuola guida nel mio paese che io spesso mi chiedo come faccia a ricordarsi i nomi di tutti noi. Ero entrato a fare lo scemo con gli amici…così, per salutarlo, e lei era li, vagamente divertita…e la ricordo anche sulla banchina del binario 3, stazione di Varese, parlava con una sua amica, era settembre, io aspettavo il treno per andare a Milano, università, lei chissà…ma sorrideva…che sorriso. Union Cafè appena dopo…non un bar ma una di quelle ditte che ricaricano Juke-Box con selettore di brodaglie e più che ‘ditta’ diciamo pure ‘magazzino’ o meglio, diciamo pure ‘magazzino in vendita da 3 anni’ che c’è la crisi, facciata di cemento prefabbricato con sassolini estetici sulla facciata e quella pianta spontanea nell’angolo destro, che emerge proprio dall’incrocio tra asfalto e cemento…erano due foglie un anno fa e ne sta uscendo un alberello piano piano.
Continuo a camminare, sempre con l’ombrello aperto e nemmeno una goccia, altre case, abitate da vecchi principalmente e micro-uffici sempre bui in cui entrano ed escono persone…mi fan salire quella curiosità genetica che provavo fin da piccolo, quando tornavo mezzo addormentato sulla UNO Sting 45 grigia metallizzato targata VA 995143, testa appoggiata sul vetro e le luci accese della sera e io che avrei voluto vedere quelle famiglie estranee nella loro quotidianità dentro quei blocchi di luce. Villetta della mia maestra delle elementari a destra…ci ho messo vent’anni per capire che eravamo quasi vicini di casa…giro a sinistra, garage-officina di pullman e camion con quel bus strano con scritto ‘Il cammello a tre gobbe’ sul fianco, le tendine bianche, prese d’aria e tubi…sarà pure alto tre metri e la ruggine se lo sta mangiando insieme a tutte le altre carcasse nel piazzale.
Ora lo stradone va dritto per altri venti metri e siepi e cemento proseguono fino alla strada privata della ditta. Partono i pensieri personali molesti e penso a quella tizia che mi fa dannare, lei e il suo vizio di non rispondere che io non sopporto…vada che è giovane ma io i ‘bambini’ d’oggi li inserirei nel mondo reale battezzandoli a schiaffi, insegnando modi ed educazione e rispetto per tutti, pure per i peggio stronzi figurati per quelli più grandi, che io posso pur sembrare quasi giovincello ma in diverse percentuali e parti son vecchio, la stanchezza la senti di più, le scarpe bagnate danno più fastidio e qualche sera te ne stai pure a casa volentieri. Del tempo che passa me ne accorgo pure dalla ditta ora che sto sul piazzale, la stradina privata tutta erbaccia e pareti di cemento è già alle spalle. Sembra incredibile ma il primo piede qua ce l’ho messo quasi dieci anni fa e le cose stavano diversamente. A destra c’era ancora l’albero storto e aggrappato al vecchio muro…ne erano rimasti 3 metri…mentre adesso non rimane nulla, le auto nel parcheggio son cambiate, quasi tutte nuove e son comparse insegne luminose, cartelli per il parcheggio, cancello elettrico lucido e pure la gente dentro è cambiata, che molti son rimasti ma altri se ne sono andati ed è anche con un po’ di nostalgia che penso che anche per me forse sarà cosi, magari a breve chissà…e l’idea di eliminare questi trecento metri di vasca sovrapensiero, che ormai faccio ogni giorno, e riempire il buco poi, con un nuovo pezzo di vita…non so…strana sensazione…ma ormai lo sapete che sono un tipo malinconico.
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