Quello che aveva da dire, sulla questione dell’aumento di carico di ore di lavoro per gli insegnanti, a parità di stipendio, l’ha detto a chi di competenza (segnatamente: il suo Ministro, in modalità di “Posta Elettronica Certificata” e la stampa) ed è pertanto in quelle sedi (e in altre pubbliche) che la ‘povna, da cittadina, continua a portare avanti il suo dibattito.
Alcuni recenti interventi di amiche e colleghe blogger (qui e qui: rispettivamente LGO e Murasaki), poi, hanno ben sintetizzato il suo pensiero sull’argomento: e per quanto riguarda l’incostituzionalità patente di quando è stato proposto (e sarebbe anche l’ora che gli insegnanti si informassero sulle leggi che regolano il loro essere funzionari dello Stato che dà loro lo stipendio: il diritto del lavoro non è carta straccia, e in tutti i tipi di impiego pubblico esiste il divieto di reformatio in pejus); e perché la questione, unica e sostanziale, che rende umiliante la proposta è (appunto) quella della parità di salario.
Per questo, la ‘povna (che non ama essere teleguidata da nessuno; e alla quale pensare che i sindacati tutti quanti e il suo ministro non conoscano una norma da esame di legge del primo anno ha lasciato, fin da quel primo giorno, assai perplessa) ha deciso, venerdì, di non aderire allo sciopero (che poi: molto ci sarebbe anche da dire sugli scioperi del fine settimana). Convinta (come ha scritto anche a Profumo) che, se ci sarà da lottare per una scuola in cui crede, si farà trovare pronta (per esempio: continuando a studiare, come fa da dieci anni a questa parte, i suoi bravi articoli di legge). Ma anche consapevole di ritrovarsi, per l’ennesima volta, parecchio fuori dal coro.
Perché – posto che lei, se questa cosa passasse così come è stata ventilata, dopo contrattazione, la ostacolerà con ogni mezzo lecito – la ‘povna nello stesso tempo è anche ben consapevole che la questione è assai più sottile e più complessa. E che ci sia un motivo – che è forte, vero, e purtroppo ragionevole – per il quale la società nella sua grande maggioranza plaude con un sorriso all’aumento delle ore.
E non basta dire che chi lavora, di energie, intelligenza e tempo ne impiega, alla settimana, tanto; perché purtroppo questo “tanto” non è quantificabile e controllabile per legge. E dunque si concede, con assoluto appiattimento, lo stesso beneficio di impegno a chi alle sue classi dedica, a casa e a scuola, moltissimo (in termini di qualità e quantità) ogni giorno; e a chi invece continua (e no, non sono solo i doppio-lavoristi), per citare Don Milani (con un grazie a Pensierini, che lo ricorda spesso) a sentirsi (e a teorizzare di essere) una casalinga, che la mattina (ah, però!) va a scuola.
E allora – dando per scontato (ma non per questo meno serio) il suo parere su tutto il resto – la ‘povna vorrebbe spendere due parole proprio su questo. Raccontando ciò che ha visto, oggi, addì 16 ottobre, nei primi consigli di classe della stagione.
Ce ne erano previsti quattro, a scuola della ‘povna: per tutto il pomeriggio, un’ora a classe. La prossima volta sarà conteggiata un’ora e mezzo (compresi i pagellini e i ricevimenti). E questo rituale si ripete (mamma mia!) per ben altre quattro volte fino a giugno: se non ci sono problemi straordinari (che però non fanno media statistica), non uno di più, non uno di meno.
Durante questo tempo, la ‘povna ha sentito, con le sue proprie orecchie, le seguenti affermazioni multiple da parte dei colleghi:
- “su, sbrighiamoci, che cosa stiamo a perdere tempo: vorrei tornare a casa con anticipo, ché devo preparare la pasta” (detto da chi ha un marito in pensione e una figlia che sta per sposarsi – e sta a 15 minuti a piede lento da scuola);
- “mi raccomando, scriviamo con chiarezza che non siamo tenuti ad avere più di due voti a quadrimestre: se no, ti immagini quanto c’è da lavorare”;
- “scusami, me ne vado prima, ma mi parte il treno per la stazione nota adesso”; (“Sì, adesso, e poi tra dieci minuti, e poi altri dieci, e poi cinque, e poi venti” – avrebbe voluto glossare la ‘povna, ma ha lasciato stare);
“va beh, allora ‘povna visto che tu hai già pensato a un’analisi scritta dei Pesci che coordini, mi chiedo se me la puoi prestare, così la uso per quest’altra: no, non per e-mail, per favore, sai che non so usarlo; se me la porti a scuola giovedì, la copio a mano”; (questa scena si è ripetuta almeno un paio di volte, e la ‘povna non sapeva se indignarsi per la questione informatica, oppure far notare, rispettosamente, che forse le osservazioni variano da gruppo a gruppo; ma poi si è limitata a volgere uno sguardo significativo a Mafalda, e ha lasciato stare).
Questo ovviamente, è avvenuto nei casi migliori, cioè con quei colleghi che, pur dicendo cazzate a tutta randa, quanto meno ai consigli erano presenti. Perché forse mette conto dire che – con l’eccezione dell’Ingegnera Tosta – che è venuta a scuola con una guancia gonfia, si è fatta il consiglio della quinta e poi è corsa dal dentista a farsi incidere l’ascesso fulminante, e di Mickey Mouse, che ha saltato per tutto il pomeriggio qua e là, di plesso in plesso – si è registrata la consueta percentuale di malattie improvvise (con relativi certificati forniti con anticipo), quando non di semplici e non giustificate assenze (nel consiglio degli Anatri, tanto per dire, dovrebbero essere in 15, e, nel momento di massima affluenza, non raggiungevano nemmeno la metà).
Di fronte a questo la ‘povna – che ha preso il treno alle otto (perché si è trattenuta con Stordita e Mafalda, rispettivamente a scambiarsi degli storici appunti e a finire il verbale) – ha da aggiungere davvero poco o niente. Tanto, quello che aveva da dire in proposito (e cioè: “se le cose stanno così, credo che per legge ci dovrebbero aumentare le ore settimanali a 48″) lo ha fatto incidere, con soave fermezza, su almeno un paio di verbali.
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