Ciclicamente mi ritrovo a interessarmi di una delle mie prime ossessioni musicologiche: il temperamento. Il fascino dell'argomento è dovuto a diversi fattori: la mediazione della regina matematica tra la fisica e la musica; il fallimento di Pitagora e della razionalità in generale con la conseguente vittoria dell'irrazionale sotto forma di una radice di 2; la bellezza (eu)fonica degli accordi tra intervalli perfetti rispetto agli accordi comuni da Bach in poi.
La vicenda di Pitagora, molto nota, può essere riassunta così: egli riuscì, partendo da osservazioni di fenomeni quali martelli percossi o corde che vibrano, a ridurre aritmeticamente i principali intervalli musicali consonanti a proporzioni tra numeri semplici, 2 a 1 per l'ottava, 3 a 2 per la quinta e 4 a 3 per la quarta. Con i primi 4 numeri naturali (che danno somma 10) era dunque possibile spiegare i 3 principali intervalli musicali (da qui il famoso triangolo pitagorico o tetrachtys). Inoltre Pitagora scoprì che per sommare o sottrarre intervalli bastavano moltiplicazioni o divisioni tra i loro rapporti, poiché la divisione musicale dell'ottava in una quarta e una quinta (o una quinta e una quarta) corrisponde al fatto matematico che 2 è uguale al prodotto di 4/3 per 3/2 (o viceversa). Ad esempio per ottenere il rapporto numerico corrispondente al tono si sale di due quinte (9/4) e si scende di un'ottava (1/2), il risultato della moltiplicazione è 9/8, che è dunque il rapporto corrispondente a un tono. Fin qui tutto bello, anzi bellissimo, tanto che Pitagora estese l'applicazione di questi rapporti numerici al moto dei pianeti (la celebre armonia del mondo) e vi trovò i presupposti per fondare una religione del numero, con tanto di adepti e precetti morali.
Purtroppo però l'intervallo più piccolo in musica non è il tono, ma il semitono. E qui casca Pitagora e tutto il suo programma di riduzione aritmetica. Infatti per dividere il tono pitagorico in due semitoni si deve estrarre la radice quadrata di 9/8, che introduce una radice di 2 al denominatore. Un numero irrazionale non ci voleva proprio, ma i problemi non finiscono qui. Perché se invece si calcola il semitono con il classico metodo delle quinte si ottiene 256/243, che è una grandezza leggermente diversa. Al contrario di quanto ci dice il buon senso, esistono quindi due semitoni diversi. La differenza tra un tono e i due diversi semitoni si chiama comma pitagorico, ed è percepibile a orecchio.
La soluzione a questo problema, che si chiama temperamento equabile ed è adottata ancora oggi, fu trovata da Aristosseno di Taranto nel IV sec. a.c. e ritrovata da Vincenzo Galilei nel 1581, ma fu adottata solo nel Settecento, grazie alla propaganda di Bach: distribuendo il comma pitagorico, si fa in modo che tutti i semitoni siano esattamente uguali e alla fine tutte le note risultino un po' stonate, ma in maniera accettabile. Il temperamento equabile è dunque un compromesso per evitare di avere il ciclo delle quinte infinito (e dunque una spirale delle quinte) o pianoforti con 21 tasti per ottava o due tastiere accordate diversamente.
Si deve ammettere però che gli accordi con intervalli perfetti sono una goduria. Di seguito una versione con intervalli pitagorici del corale Vom Himmel hoch di Bach:
E di seguito la versione con temperamento equabile:
Credo che anche un appassionato non-musicista possa notare a orecchio la strabiliante differenza, ancora più evidente se aprite i due files in un editor audio e visualizzate le forme d'onda.
Si può ipotizzare di tornare a suonare con intervalli perfetti? Probabilmente no, ma esistono tecnologie in grado di aiutarci a farlo con i normali strumenti elettronici. Ad esempio l'Hermode Tuning o HMT, permette di implementare in un sintetizzatore o in un campionatore un sistema intelligente di adattamento progressivo per ottava agli intervalli perfetti. Vi consiglio di esplorare il sito di HMT per ulteriori informazioni e per una prospettiva storica sul temperamento (la pagina Historical è davvero molto ben fatta).
Un caro amico nonché Gran Maestro di Musica mi ha fatto notare, quando gli ho segnalato l'HMT, che se la cosa prendesse piede potrebbe rappresentare una rivoluzione analoga a quella del click metronomico in cuffia al batterista live e in sala di registrazione: se infatti oggi un batterista medio possiede ormai un timing impressionante anche senza click, nel passato pure ai grandissimi capitava di staccare un pezzo a 120 bpm e finirlo a 125 bpm, o di fluttuare instabilmente tra diversi valori di metronomo nell'arco di tutto il pezzo.
Non vedo l'ora di ascoltare in radio le canzoni della Pausini con intervalli pitagorici. :)