Vengono
rese pubbliche le intercettazioni tra Lupi e Incalza, e Renzi lascia montare l’indignazione
pubblica senza battere ciglio, ma intanto fa sapere che, nel caso si arrivi a
una mozione di sfiducia individuale, non farà nulla per salvare il culo al
ministro, sicché a questi non resta che dimettersi, lasciando così libera una
poltrona che torna utile per assestare un colpo alla minoranza interna al suo
partito, che continua ad essere divisa, ma non si dà per vinta, anzi, minaccia
di rendergli difficile la vita in Parlamento: fa girare voce che al Ministero
dei Trasporti e delle Infrastrutture intende mettere Speranza, che spesso è
stato critico nei suoi confronti, ma tra gli oppositori è uno dei più morbidi,
così, con una sola mossa, ridimensiona l’Ncd nel suo governo, fa uno sfregio
agli oppositori interni al Pd e coglie la palla al balzo per tentare di mettere
alla Camera un capogruppo di cui si possa fidare.
Grande stratega o volgare
maneggione? Uno che s’è formato su L’arte
della guerra di Sun Tzu o che ha messo a frutto i mezzucci coi quali il
babbo s’è costruito fama di furbo in paese? Tutto sta esclusivamente nell’occhio
di chi guarda, ed è per questo – solo per questo – che in tanti, non esclusi i
suoi avversari, gli attribuiscono portentose virtù tattiche: oltre a non essere
capaci di fare le rivoluzioni, gli italiani non sono capaci neppure di fare le
guerre, dunque l’epica della politica è solo una figura retorica. Solo in
Italia un inculamorti può passare per grande generale.
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