26) Racconto: Il buio dentro me

Da Angivisal84
Il buio dentro medi Anna GrassoCreatura: Anima dannata
Odiava il rientro pomeridiano a scuola, lo considerava solo un enorme perdita di tempo...sapeva che si sarebbero limitati ad oziare in attesa che le ore passassero.Una sola cosa non le dispiaceva, il silenzio che regnava nella scuola. La loro classe era l'unica ad avere il rientro quel pomeriggio.Cercando consolazione in quel pensiero, Lucilla rientrò nell'edificio scolastico lanciando un ultimo sguardo al cielo azzurro.Rientrata in classe si sedette al suo posto e iniziò a disegnare.«Sei brava!» esclamò una voce alle sue spalle.Lucilla sussultò e osservò il disegno che aveva fatto mentre era sovrappensiero . Uno splendido angelo dallo sguardo triste e con un'ala spezzata la fissava dal foglio.«Ti ringrazio Marco ma non è niente di che.» rispose, lievemente nervosa.Appena il ragazzo si fu allontanato Lucilla appallottolò il disegno mentre uno sguardo carico di sofferenza le distorceva i lineamenti.Il pomeriggio trascorse nell'ozio. L'ultima ora era quasi giunta al termine quando la porta dell'aula si spalancò e un uomo, armato di pistola, si stagliò sulla soglia.«Alzatevi e mettetevi tutti davanti la lavagna!» intimò, tenendoli sotto tiro.«Ragazzi, fate come dice.» esortò la professoressa con la voce malferma per la paura.Il più velocemente possibile, i ragazzi si accalcarono di fianco alla cattedra. Nei loro volti era possibile leggere il terrore e lo sgomento provato.Dopo circa quindici minuti, il rumore di alcune auto che inchiodavano proprio sotto la scuola attirò l'attenzione dei ragazzi e dell'insegnante; nessuno però osò muoversi temendo la reazione dell'uomo.«CONSOLI ARRENDITI! SEI Già ACCUSATO DI RAPINA A MANO ARMATA, NON PEGGIORARE LA TUA POSIZIONE!» si sentì urlare dalla strada con un megafono.«SCORDATEVELO!» urlò in risposta il rapinatore. «Non fate cazzate, ho degli ostaggi.» Minacciò. Dal basso non giunse nessuna replica.Lentamente i minuti si susseguivano. L'uomo continuava a passeggiare nervosamente infondo all'aula mentre gli ostaggi lo fissavano atterriti chiedendosi se la polizia stesse organizzando un'irruzione nella scuola.Quando era trascorsa oltre un'ora il silenzio fu rotto dal respiro di Lucilla, fattosi stranamente affannato.«Signore, la scongiuro» mormorò, con un filo di voce «nel mio zaino c'è un inalatore, ne ho bisogno per non sentirmi male.»«Taci!» esclamò l'uomo guardandola storto.«La prego, può anche puntarmi addosso la pistola mentre lo prendo se ciò la fa stare più tranquillo!» propose con una nota disperata nella voce.«Ti sembro stupido?» chiese, fissandola freddamente «Così i tuoi compagnetti tenterebbero di fare qualche stronzata.»Lucilla iniziò a piangere sommessamente e si lasciò scivolare a terra. La sua pelle, già diafana, si era fatta ancora più pallida.«NON VEDE CHE STA MALE VERAMENTE!?» urlò Marco, vedendola in quello stato. «TACI!» sbraitò l'uomo «La recita della tua amica non m'impietosisce minimamente!»Lucilla continuava a rimanere a terra, gli occhi fissi al pavimento, il respiro sempre più affannato.Ad un tratto, sembrò quasi che avesse smesso di respirare.Marco si chinò su di lei, allarmato.«Stupido, non ti rendi conto di quello a cui vai incontro.» la sentì borbottare ma la sua voce era tanto fredda da far paura.Il ragazzo deglutì a vuoto continuando a fissarla e chiedendosi cosa le stesse succedendo.Improvvisamente, Lucilla rialzò il capo e si rimise in piedi. Sulla sua guancia scendeva un'ultima lacrima ma il suo sguardo era glaciale mentre fissava intensamente il loro sequestratore.«Stolto umano, non hai idea del destino che ti attende.» la sua voce era glaciale, inumana. Una morsa di terrore invase il cuore dei suoi compagni che la osservavano stupiti.Non riuscivano a riconoscere, in quella ragazza dallo sguardo gelido, la loro compagna di classe dai dolci occhi neri e dal carattere gentile.«Hey ragazzina, piano con le minacce. Potresti pentirtene!» avvisò l'uomo, puntandole contro la pistola.Con uno scatto repentino la ragazza fu di fronte al rapinatore. Reagendo d'istinto, l'uomo esplose un colpo.I ragazzi e l'insegnante proruppero in un urlo disperato ma le loro voci rimasero strozzate in gola quando una risata glaciale risuonò nell'aria.Gli occhi dell'uomo si allargarono per lo stupore quando si rese conto che il proiettile non l'aveva nemmeno scalfita.Smettendo di ridere, Lucilla tornò a fissarlo; nel suo sguardo non c'era più nulla di umano.L'uomo sentì il suo coraggio venir meno e iniziò ad arretrare. Uno, due passi, poi inciampò in una sedia finendo a terra. La sua bocca si aprì in un urlo silenzioso mentre la ragazza gli si avventava contro. Il suo corpo ebbe pochi spasmi prima di giacere immobile.Tutti fissavano impietriti la scena. Nella mente un solo pensiero: quella non poteva essere Lucilla!Dopo alcuni minuti la ragazza si rialzò e volse lo sguardo verso gli altri compagni mentre con la lingua lambiva una goccia di sangue sulle labbra. Due lunghi canini spuntavano dalla sua bocca.L'uomo giaceva a terra, un rivolo cremisi gli imporporava la camicia. Gli occhi, vitrei, fissavano il vuoto.I ragazzi si strinsero l'un l'altro ammutoliti per l'orrore.«Chi sei?» chiese Marco, ritrovando un minimo di coraggio.«Marco, sei sempre stato un ragazzo intelligente.» rispose canzonandolo e fissandolo con sguardo gelido. «Sai che questa non è la domanda giusta.»«Che cosa sei?» chiese ancora,con la voce malferma, sentendo un dolore stringergli il petto.«Bravo, è questa la domanda giusta!» esclamò prorompendo in una risata gelida.Pian piano la risata si tramutò in un lamento, il viso di Lucilla riprese la consueta espressione. Con occhi smarriti guardò i suoi compagni e l'uomo accasciato ai suoi piedi.Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance, sentì la disperazione assalirla quando vide lo sguardo terrorizzato di Marco fisso su di lei.Prorompendo in un pianto disperato si lasciò andare a terra.«Non doveva succedere ancora, non doveva» iniziò a ripetere, come una nenia, dondolandosi avanti e indietro. Il suo sguardo si fece lontano mentre ricordi sepolti riaffioravano.Aveva da poco compiuto un anno, quella sera i suoi erano usciti lasciandola alle cure della baby sitter. Giocava tranquilla sul tappeto, ad un tratto aveva sentito qualcosa agitarsi dentro di lei; per alcuni attimi fu come se fosse sceso il buio, quando si riprese le sue mani erano macchiate di sangue, lo stesso che inzuppava gli abiti della ragazza che si occupava di lei.La chiamò, urlò il suo nome fino a non avere più voce, piangendo a squarciagola.Quando ormai le sue forze stavano venendo meno, era apparso un uomo alto dai capelli argentei e gli occhi di ghiaccio. L'uomo l'aveva chiamata per nome, con voce dolce e lei si era avvicinata. L'aveva abbracciata stretta dicendole di non avere paura perché la sua baby sitter stava bene. Aveva schioccato le dita e il corpo della ragazza era scomparso. Lui la convinse che era solo tornata a casa. Stremata, si era addormentata tra le braccia dell'uomo per poi svegliarsi, poco dopo, nel sentire sua madre urlare il suo nome.Lucilla aveva guardato stupita la madre, non capiva perché fosse così spaventata da quell'uomo gentile.L'uomo le aveva sorriso mentre la porgeva a sua madre,poi era sparito.Lentamente il ricordo si dissolse mentre Lucilla riprendeva coscienza del tempo presente. Sentiva gli occhi di tutti puntati addosso. Con fatica si rimise in piedi e alzò sui presenti i suoi grandi occhi neri, ora così smarriti e lontani. Incapace di reggere i loro sguardi chinò il capo lasciando che il corto caschetto di capelli corvini le coprisse il volto.«Vi devo una spiegazione. È inutile ma è giusto.» disse con voce malferma. «Quando i miei genitori erano da poco sposati, mia madre si ammalò. I medici diagnosticarono un male incurabile, le davano al massimo sei mesi di vita. Si rivolsero ad ogni luminare di medicina ma il responso fu sempre uguale. Iniziarono così a rivolgersi a maghi e guaritori. Una sera, uscendo dalla riunione di un gruppo spirituale, vennero avvicinati da un uomo che gli disse che poteva guarirla. Ormai disperati, decisero di tentare. Lui gli disse che però c'era una condizione» Lucilla si lasciò sfuggire un sorriso amaro «La condizione era che se avessero avuto una figlia la sua anima gli sarebbe appartenuta, lui sarebbe stato suo padre a livello spirituale. I miei genitori non capirono davvero cosa intendesse, nella loro disperazione si aggrapparono all'unica speranza che gli veniva data senza pensare alle conseguenze.» I singhiozzi iniziarono a scuoterla ma si fece forza e, ricacciate indietro le lacrime, riprese a raccontare.«Lo strano rito a cui la sottopose guarì mia madre. Felici per la possibilità di un futuro, non pensarono più a ciò che avevano promesso all'uomo. Cinque anni dopo nacqui io; sembravo normale ma, quando avevo un anno, la mia fame di anime si fece sentire, la mia baby sitter ne rimase vittima. Fu così che quell'uomo si palesò per quello che era, un demone cacciatore di anime, ed io sarei stata la sua erede. I miei genitori cercarono di sottrarmi al mio destino, riuscirono a trovare un rimedio alla mia necessità di anime presso un santone indiano. La medicina che avrei dovuto prendere serviva proprio a tenere a bada i miei istinti. Finché non mi fossi nutrita di nuovo lui non avrebbe potuto rintracciarmi, per questo,trovata la cura, ci trasferimmo qui. Adesso però lui mi troverà, lo sento, sta arrivando.» La sua voce tremò e lacrime di disperazione le rigavano il volto quando alzò gli occhi e li fisso in quelli di Marco «Sono un'anima dannata che si nutre di altre anime!» esclamò.Lucilla sentì il cuore spezzarsi nel vedere il dolore dipinto sul volto di Marco.Il silenzio che gravava sulla classe venne spezzato da un fulmine che improvvisamente squarciò il cielo. In quello stesso istante, con un balzo, un uomo dalla corporatura imponente, i capelli argentei e gli occhi di chiarissimi entrò dalla finestra.Mentre gli altri si strinsero tra loro, impauriti, Lucilla si limitò a sorridere debolmente.«E non posso sfuggire al mio destino» mormorò, rassegnata.Facendosi avanti gli si inginocchiò davanti.«Padre, sono pronta per andare.» disse. «Hai preso la decisione giusta, piccola mia.» affermò l'uomo facendola rialzare e attirandola di fianco a se.Lacrime di dolore iniziarono a solcare le guance di Marco mentre, impotente, assisteva alla scena.«Andiamo!» esortò la ragazza abbassando lo sguardo; sapeva che se avesse visto ancora gli occhi del ragazzo la sua volontà sarebbe vacillata.Con un balzo l'uomo saltò sul davanzale e le porse la mano che lei strinse, tremando lievemente.Quando Lucilla le fu accanto, un salto li proiettò nel vuoto.Lucilla lo udì mormorare qualcosa d'incomprensibile e in pochi secondi si ritrovò a galleggiare a mezz'aria, completamente invisibile all'occhio umano.Lui è convinto che abbia accettato il mio destino di divoratrice di anime” pensò, sorridendo amaramente “non sa che se vado con lui è solo per non aggredire più nessuno, non sa che ho imparato il sortilegio per imprigionare le anime dannate.”Lo vide mormorare altre parole incomprensibile e subito tutti gli umani presenti assunsero un'espressione vacua; i loro ricordi erano stati alterati, adesso la morte del rapinatore sarebbe passata come un suicidio.Il cuore di Lucilla si fermò quando vide Marco avvicinarsi alla finestra, i loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro. Una lacrima scivolò silenziosa sulla sua guancia divenendo visibile mentre cadeva sul davanzale.Marco osservò stranito quella goccia, aveva lo sguardo confuso. Nella sua mente un nome a cui non sapeva dare un'identità “Lucilla”, nel suo cuore un inspiegabile senso di vuoto.«È ora di andare» disse l'uomo, perentorio.Lucilla fece un cenno d'assenso col capo.Mentre si dissolvevano per raggiungere il mondo dei demoni Lucilla formulò l'incantesimo che l'avrebbe tenuta lontana per sempre dagli umani, da lui.