Sospendendo
ogni giudizio sulle capacità di cui fin qui Marino e Crocetta hanno
dato prova come amministratori della cosa pubblica, penso abbia da
porsi la questione di quanto sia legittimo che debbano dar conto del
loro operato a Renzi, con ciò configurando il controllo eterodiretto
di un Comune e di una Regione da parte del Governo, con quanto ne
consegue sul piano istituzionale, e qui suppongo sia superfluo
rimandare alla legislazione che assicura piena autonomia ai distinti
livelli del potere esecutivo, in ossequio al dettato costituzionale.
Si dirà, so bene, che Renzi non è solo Presidente del Consiglio, ma
anche Segretario nazionale del Pd, e cioè del partito che coi suoi
eletti dà un sostegno essenziale alle Giunte presiedute da Marino e
Crocetta, sicché ha pieno diritto di porre le proprie condizioni in
cambio dell’appoggio ad esse: vero, ma questo non è che ennesima
riprova di quanto questo cumulo di cariche, ancorché ammesso dallo
statuto di un partito, anzi in certi casi addirittura espressamente
contemplato come espediente per assicurare solidità di azione tra
partito di maggioranza relativa e premier, sebbene non censurato da
una specifica norma giuridica, possa generare seri squilibri
nell’articolazione tra esecutivo centrale e poteri locali, fino a
creare – com’è di fatto per Campidoglio e Palazzo d’Orleans –
una situazione di tutela permanente dell’uno sugli altri.
Sia
chiaro, non siamo dinanzi ad un’interferenza che configuri un
illecito, ma penso non sfugga che questa situazione snaturi il
principio di autonomia degli enti locali, di
fatto riducendo a Prefetto un eletto dal popolo. Non sembri
un’iperbole, ma quale differenza passa dal sistema feudale?