Sediamo sui gradini di un baraccio chiuso, la schiena alle serrande e il vento in piena faccia.Strappo con cura la carta color caramello, e tiro fuori il malloppo, rilegato in un blu davvero troppo sobrio per la sottoscritta.Sbatto i piedi come Dorothy, un po' per nervosismo, più che altro per la felicità. Sfoglio le nottate in bianco, sorrido alle corse inenarrabili, impreco contro i misteri della formattazione, mi cruccio del perfezionismo linguistico mai sazio; e, alla fine, mi ritengo soddisfatta.
Gliela passo, mentre accendo la ventesima sigaretta del mattino.
La guarda, la rigira, legge a bocconi. Arriva in fondo e si beve le ultime tre pagine fitte di nomi, cose e persone. Si stupisce di essere nei ringraziamenti
Ironico che, entrambi, siamo così disinteressati ed ingenui da stupirci del reciproco gesto.
Ridiamo nel sole e nella stanchezza infinita che ci affligge da mesi. Dura quanto una folata di vento, questo tempo prepotentemente inconsistente, in cui il cuore si fa leggero e non pensa più a niente.
Te l'ho fatta ancora una volta, SignorTempo.