Da quando vivo a Parigi (ormai 8 anni), ho sviluppato un sottile ma pervicace odio per un certo tipo di film. Quello, definiamolo così, "alla parigina".
Quel genere di storie di cui potrebbe fregare qualcosa solo agli abitanti del 15° e 16° arrondissement di questa città, il cui problema più grave è quello di trovare un taxi quando piove, o che finiscano le ostriche alla Grand Epicérie del Bon Marché, dove tutti i protagonisti hanno l'aria annoiata (perché, capite bene, noi sì che saremmo per trovare il senso vero della vita, e invece ci tocca stare qua insieme a voi che avete preoccupazioni prosaiche come fare la spesa), dove le donne vestono solo Zadig & Voltaire, e dove gli uomini non devono chiedere mai (ci mancherebbe).
Ecco, non ne posso proprio più, di questi film qua. E mi chiedo come faccia 'sta gente a trovare i soldi per produrre certe cazzate intellettualoidi e prive di senso, mascherate da opere di grande spessore e grande sostanza.
Questa settimana ho fatto una cosa davvero stupida: ho recuperato un film che credevo fosse se non bello almeno interessante, e sono stata punita con la bufala dell'anno: 3 Coeurs di Benoît Jacquot.
Poco tempo dopo, Marc conosce per caso un'altra donna, Sophie, con la quale inizia una storia. Le cose si fanno serie e decidono di sposarsi, ma è a quel punto che Marc scopre che Sylvie e Sophie sono sorelle. Ahi ahi...
Intanto, è scritto malissimo: i dialoghi sono sempre un po' al limite del ridicolo, gli avvenimenti davvero poco credibili (e non è che io voglia la verosimiglianza a tutti i costi, anzi, ma è semplicemente assurdo credere che Marc si renda conto chi è la sorella di Sophie dopo mesi che la conosce), i personaggi sono mal definiti, pochissimo simpatici, banali, spesso irritanti, e gli attori sono diretti con i piedi. Una delle ragioni per cui volevo vedere questo film, lo confesso, era la presenza dell'attore Benoît Poelvoorde, per il quale nutro una certa adorazione, e l'ho trovato pessimo. Vi assicuro, in realtà è un ottimo attore, ma non so come a qualcuno possa venire in mente di fargli fare una parte del genere: non ha la faccia per un ruolo così, e se un regista vuole tentare una cosa nuova, deve essere capace di guidarlo, non lasciarlo lì a fare la figura dell'imbecille. Charlotte Gainsbourg fa... Charlotte Gainsbourg: la donna con l'espressione perennemente corrucciata (su, dai, un sorriso, una volta nella vita), vestita - su un film che copre anni interi - sempre allo stesso modo (reggiseno nero sotto la camicia bianca, tra l'altro una delle cose meno eleganti e belle da vedere che esista al mondo). Chiara Mastroianni (un po' monocorde) e sua mamma Catherine (Deneuve), sono anche bravine ma non riescono a risollevare un film che corre inesorabile verso il baratro.
Non chiedetemi come, ma ho scoperto che qualcuno ha avuto il coraggio di selezionare questo film in competizione all'ultimo Festival di Venezia.
Questo, e il fatto che Dolan abbia vinto solo il Prix du Jury al Festival di Cannes, mi sembrano le più grandi ingiustizie cinematografiche dell'anno.
Fate voi.