3. Delle ninfee sospiranti e del fiume che scorre negli occhi

Creato il 15 febbraio 2012 da Tatianamartino @pointlessmuse

"La pianta delle ninfe, gli spiriti femminili che popolano i luoghi naturali, cioè non abitati né coltivati". Così descrive la ninfea, la Summa Gallicana. Tra i tanti fiori che Shakespeare fa "parlare" per mezzo di Ofelia, la ninfea sola, negletta, forse volutamente dimenticata, non compare. Eppure lei da sempre presso i Greci significava "amore virginale e platonico non corrisposto". E' un fiore intuito, suggerito e associato immediatamente a Ofelia. Lo intuisce Rimbaud nella sua "Ophelie", lo intuisce Wilde quando fa dire al cinico Harry Wotton in "Il Ritratto di Dorian Gray":
"(...) chi ti dice che Hetty, in questo momento, non vada scivolando sulla superficie di uno stagno illuminato dalle stelle, leggiadramente inghirlandata di bianche ninfee come Ofelia?"
A mia discolpa, per aver evocato la ninfea nel dipingere Ofelia, dirò che è colpa di A. Rimbaud e merito di un rituale
d'evocazione involontariamente attuato dal verso
"Sgualcite, le ninfee le sospirano intorno..."
-Ophelie, A. Rimbaud-
 A pensarci bene, Ofelia potrebbe benissimo essere una delle ninfe evocate dagli Inni Orfici, tratteggiate come " visibili, invisibili, ricche di fiori," e ancora " vergini odorose, vestite di bianco, profumate alle brezze" richiamano tanto la descrizione che ne fa -per racconto portato- Gertrude nell'Atto IV, scena VII.
  Eppure per me, Ofelia, è tutta concentrata negli occhi. Per me, Ofelia, è quell'unico verso

"O, woe is me,
To have seen what I have seen, see what I see!"
(Oh, sventura su di me, per aver visto quello che ho visto, per vedere quello che vedo!)
  Per me, Ofelia, è la visio, la scissione. Da viva già vede oltre il velo. L'ultimo fiato non è che un riflesso a pelo d'acqua. L'ultimo sguardo è l'acqua stessa.


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