Neanche il tempo di disfare le valigie che già devo pensare a quelle per il nostro rientro in Italia, che avverrà tra circa una settimana. Sarà una settimana frenetica, con degli addii che spero di trasformare in più semplici, e a me congeniali, arrivederci.
Durante il viaggio in aereo di ritorno a Montréal ripensavo alla nostra vacanza, ecco alcune delle mie riflessioni.
1. Alle Bermuda abbiamo affittato una casetta verde, al nostro arrivo Tracy, la padrona di casa, bermudiana dalla pelle color ebano e dal sorriso da far invidia alla pubblicità della Durbans, ci chiede come mai la nostra prenotazione arrivi dal Canada se noi siamo italiani. E valle a spiegare tutti i nostri retroscena da expat… La villa si trova nella zona di Warwick vicino all’omonima spiaggia, a dividerla con noi 10 ragazzi americani, nostri coetanei, in viaggio per presenziare ad un matrimonio. Incrocio di vite e culture diverse per 5 giorni che convivono insieme come sospesi in un limbo in attesa di rientrare nelle loro vite reali. Anche da loro arriva la fatidica domanda:” Where’re you from?”. House ed io rispondiamo all’unisono, una “Italia!” e l’altro “Canada!” tanto per dimostrare che siamo due persone con le idee chiare e per non creare confusione. In spiaggia chiacchieriamo con due ragazzi del SudAfrica, in autobus con giapponesi e norvegesi. Un miscuglio di genti e lingue, ingredienti ideali per un’insalata russa. Con il passare dei giorni le origini iniziano a non avere più importanza, tutto il mondo diventa paese.
2. In Canada parliamo francese, in casa italiano, alle Bermuda inglese. Italiano, francese, inglese. Il nano è circondato da persone che gli parlano in lingue diverse. Lui ascolta, sorride e non parla. O è indeciso su che lingua utilizzare, o gli stiamo creando una gran confusione in testa e parlerà solo verso i 18 anni. Amen, mi piacciono le persone che parlano poco, ma inizio ad aver voglia di sentirmi chiamare per la prima volta “mamma”. O mother, o mum. O mamam. A scelta. Ma per semplificare le cose al mondo non si potrebbe parlare tutti un’unica lingua globale? Una lingua “GLOBAL” appunto, un fritto misto di vari termini presi da ogni lingua fusi insieme e tanti saluti ai confini ed ai conflitti linguistici. Ciao! Je m’apelle Alessia, I’m from Italy y tengo hambre. Auf widersehen.
3. Il volo aereo per le Bermuda non è diretto, abbiamo effettuato uno scalo a Toronto. Qui al nostro rientro in terra canadese abbiamo passato i vari controlli doganali. Una volta controllati i passaporti, i visti e risposto alle solite domande (da dove venite, perché siete in Canada etc.) l’ufficiale, si dirà così poi? Insomma il tipo della dogana stabilito che i nostri documenti fossero in regola ci ha salutato con un “Welcome back guys!”. Ora nella sua assoluta semplicità questa frase mi ha fatto piacere e riflettere. E’ un’uscita gentile e simpatica, che sottolinea anche un certo senso di appartenenza alla propria nazione. L’attaccamento alla bandiera è molto sentito in Canada. E il nostro senso di patriottismo dove è finito? (mondiali di calcio a parte). Come ho detto tra una settimana rientrerò in Italia, sono curiosa di sentire cosa mi dirà il doganiere in madrepatria, ma di solito non parlano, ringhiano un “Buongiorno” scazzato.
Ok ho fatto confusione, ma i pensieri mi si sono accavallati in testa così, tra un vuoto d’aria e l’altro.