Domenica salvo imprevisti Bruno Soriano, capitano del Villarreal, raggiungerà la trecentesima presenza da professionista, ovvero il gettone numero 296 in maglia amarilla, a cui vanno aggiunte quattro apparizioni con la nazionale spagnola. Un traguardo importante per quello che è diventato il terzo giocatore più presente della storia di questo club nella massima serie (dopo Marcos Senna e Cani), ma tutt’altro che scontato. La sua è una storia per alcuni versi molto interessante, nella più remota periferia del calcio di provincia, che ha inizio nel piccolo paesino di Artana, neanche duemila anime, immerso nel parco naturale della Sierra de Espadán, a circa venti chilometri da Vila-real.
Le sue doti di calciatore sono evidenti sin da bambino, così, su consiglio dell’amico di famiglia José Enrique, decide di iscriversi alla scuola calcio del Villarreal, a circa un quarto d’ora di macchina di distanza. Ma lui non si ambienta, il calcio gli piace, certo, ma la sua preoccupazione è stare con gli amici, ad Artana, così a sedici anni molla tutto e torna a casa. Si mette a lavorare, aiuta il padre, e il finesettimana si consola giocando con gli amici nella squadra del paese. Ma il suo futuro è un altro, e quattro anni più tardi arriva la chiamata importante. È a casa di un amico quando arrivano tre emissari del Villarreal C: si ricordano di lui e lo hanno continuato a monitorare, gli offrono un contratto da professionista: Bruno Soriano ricomincia, di nuovo, la sua avventura nella cantera amarilla. All’epoca il responsabile del settore giovanile è Juan Carlos Garrido, un nome che ai più potrà non dire nulla, ma che qualche anno più tardi inizierà una carriera di allenatore proprio qui. È lui che scommette su Bruno Soriano fin dal primo istante e appena ne avrà l’occasione lo consacrerà definitivamente.
Ma torniamo a noi. É l’estate del 2004, Bruno ha soli vent’anni e si aggrega alla terza squadra del Sottomarino Giallo che è appena stata promossa dalla Primera Regional alla Regional Preferente, vale a dire nella quinta categoria della piramide spagnola. Nonostante sia una neo-promossa, la squadra disputerà un ottimo campionato arrivando seconda e gareggiando nei play-off promozione. Le sue qualità sono indiscutibili, dopo appena un anno è pronto per fare il salto nella squadra B che invece gioca in Tercera División. È un’ottima annata, al timone è appena arrivato Luis García Plaza, che per inciso è l’uomo che ha condotto il Levante in massima serie e che ha raggiunto due tranquille salvezze col modesto Getafe fino all’esonero di primavera scorsa. Luis García capisce subito le grandi capacità di quello che fino adesso era sempre stato un giocatore offensivo, oggi punta, domani ala, ma da adesso si cambia registro. Lo arretra a centrocampo e gli affida le chiavi del reparto, lui accetta e la squadra gira. Di quella rosa fanno parte giocatori quali David Fuster, attuale perno dell’Olympiakos di Míchel, e Juan Carlos e Jonathan Pereira, giocatori tuttora sotto contratto col Villarreal. All’epoca erano tutti insieme, nella quarta serie iberica, ma nonostante le ottime premesse la cavalcata amarilla si blocca ancora una volta ai play-off.
Poco importa, a fine stagione Bruno Soriano fa l’ultimo salto di qualità aggregandosi direttamente alla prima squadra, e tornando di tanto in tanto con la seconda per aiutarla a centrare la prima storica promozione in Segunda B. Anche stavolta non andrà tutto liscio, nel 2008, a 24 anni, il “Brujo de Artana” (lo stregone di Artana, per via dell’assonanza tra “brujo” e Bruno) fatica a decollare. Manuel Pellegrini lo riadatta terzino sinistro per necessità ma con risultati pessimi, lui è sul punto di mollare tutto un’altra volta, e alla sua età il treno sembra ormai perso. Ma l’estate successiva, quella in cui avrebbe potuto chiedere alla società di andarsene, arriva Ernesto Valverde, l’attuale tecnico che ha portato l’Athletic Bilbao in Champions League. Valverde stravede per lui, lo ripiazza al centro del campo e inizia a dargli il minutaggio che avrebbe voluto. Qua inizia la vera carriera di Bruno, per il primo anno titolare a 25 anni, ma il nuovo allenatore non è destinato a durare e a metà stagione arriva Garrido, l’uomo che aveva sempre creduto in lui. Con Garrido arriva la sua definitiva consacrazione, il quarto posto in Liga da pilastro della squadra, la Champions League.
Ma nulla dura per sempre. Nel 2012, nel pieno della sua maturità calcistica, prende parte alla inaspettata retrocessione del Villarreal. Il suo sogno di diventare una bandiera nella squadra del suo cuore sembra destinato a essere infranto. La rosa viene smantellata, e il Valencia lo chiama, a 28 anni è la sua ultima possibilità di strappare un contratto importante in una squadra abituata a giocare nell’Europa che conta. Ma il presidente Fernando Roig vuole trattenerlo a tutti i costi, Bruno è una bandiera e deve rimanere qui per sempre. Lo convoca e gli offre un contratto che lo convinca a restare. Un contratto di otto stagioni, scadenza 2020. Ottocentomila euro il primo anno, in Segunda, e poi un milione e mezzo netto fino a 36 anni. Non può offrirgli di più, questo è quello che le finanze di un piccolo club appena retrocesso possono permettersi per trattenere il suo miglior uomo. Lui non prende tempo. Que se’n vagen a la merda aquests mig-ouets! Bruno da qui non si muove, non se n’era mai voluto andare, non se ne andrà mai. E fra qualche tempo staremo di nuovo qui a celebrare il sorpasso a quell’altra istituzione che è Marcos Senna, perché forse solo lui è degno di superarlo.
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