32. Riscrittura

Creato il 03 marzo 2011 da Fabry2010

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Marco ha bevuto ancora: solo così riesce a perdersi nel salotto di Campo San Tomà, a godersi il tramonto dal Ponte della Paglia, a immaginarsi imprigionato ai Piombi come Giordano Bruno o Casanova. Alla settima Ceres può facilmente ritrovarsi in gondola sull’acqua ferma della notte davanti alla facciata chiara – azzurra come in uno specchio – del Casinò dalle grandi finestre illuminate, dalla parata di piante che danno il benvenuto al cliente pronto a perdere tutto, tranne che la propria nostalgia. Alla decima birra, Marco vede due maschere del Carnevale, una bianca e celeste e l’altra bianca e rosa. E’ affascinato dal loro anonimato, dal vuoto nero degli occhi incorniciato dalla superficie liscia della carta-gesso, che annulla ogni distanza di ceto e di cultura; con la bocca impastata riesce a pronunciare uno stentato buonasera signora maschera, senza aspettarsi una risposta, ma solo smarrendosi nella fantasmagoria di piumaggi, di pizzi e di ricami; avverte il desiderio d’indossare la Baùta col tabarro, per accostare la donna con la girandola rosa tra le mani, dirle che l’ama, che non resiste alle tre lentiggini sulla guancia destra. All’improvviso le ginocchia cedono, si aggrappa ai guanti bianchi dell’interlocutrice, agli anelli smisurati che contengono, forse, il segreto della lucidità, della chiarezza cristallina, che ha sempre cercato nella vita e ora, come sempre, gli sfugge disperatamente, e intanto s’inginocchia con la testa che gli gira, l’undicesima Ceres che gli torna in gola, un fiotto che riconosce in quello che appare alla finestra, la fontana bianca e gialla contro lo sfondo nero della notte, le orbite vuote dei cavalli, il cielo muto della Capitale, la città che non riesce a conquistarlo, ma forse adesso, in uno sprazzo di coscienza, comprende che basterebbe leggere due volte, riscrivere il testo della vita per trovarvi un senso, scoprirvi uno spessore, sì, finalmente qualcosa si è sbloccato, mentre il vomito confonde maschere e tritoni, e la statua di Oceano ha lo sguardo ermetico della Baùta, avvolto nel tabarro scuro pieno di stelle senza nome, di luci estinte nella facciata in marmo bianco del cuore.



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