Pubblicato da fabrizio centofanti su gennaio 7, 2012
da qui
Come ho fatto ad accettare di dormire qui? Da un momento all’altro può succedere qualcosa. Sento rumori: che faranno a quest’ora? Bevono, preparano colpi? Chi è l’uomo che s’inventa sempre qualcosa per complicare la vita alle persone? Questa tenda puzza, chissà chi ci ha dormito. Non prenderò sonno neanche con il Tavor. Odio la violenza: l’armadio pelato mette ansia, ma anche gli altri non scherzano.E non ho scritto! Mi sento perduto quando salto la mia pagina, resto in apnea per ore e ore. Ecco, non respiro, questa puzza, come faccio a non pensare a niente? Contare le pecore, pensare a Ester o a Gilda, o a tutte e due. Arturo, la tua vita è un caos, devi deciderti: perché non parti per l’America? C’è tua sorella che ti aspetta, un bel giro a New York, le luci di Manhattan, la vita notturna, la stanza con la parete a vetro da cui si vedono le strade pieni di auto fino a tarda ora. Vattene, Arturo, sparisci, cerca nuovi stimoli per la tua scrittura, che cosa lasci qui? Non se ne accorgono nemmeno, smettila di spiare, vivi, soffri, ci vuole sangue nuovo nelle vene, uno sguardo diverso, per non rischiare di non scrivere più niente, Arturo!
- Oddio, chi sei
- Sono Marius.
- Cosa vuoi?
- Ho bisogno di soldi.
- Per cosa?
- Voglio andare a Berlino.
- E cosa speri di trovare?
- Solo qui non trovo nulla.
- Che lavoro farai?
- Non lo so.
- Quanto ti serve?
- Ventinove euro.
- Ci arrivi nelle Marche.
- Ci arrivo a Berlino: diciotto ore, seconda classe, garantito.
- E perché dovrei darteli?
- Perché ce li hai.
- Ti sembra un motivo sufficiente?
- Basta avere per dare.
- Sei furbo, Marius, pensi di fregarmi?
Fottuto fantasma! Perché mi ha cacciato in questa storia? Se lo prendo, lo sistemo per le feste. Ho fatto bene a non dormire, l’energumeno mi avrebbe rapinato. Come faccio ad andarmene? Se chiamassi il 113? Una cosa è certa: se sarò vivo, avrò qualcosa da scrivere, domani.