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Da una parte il fratello Giovanni con la sua «Casa memoria», secondo cui bisogna abbattere gli steccati, «perché Peppino è stato già isolato in vita, e sarebbe terribile isolarlo pure in morte».
Dall'altra: «I tempi non sono maturi», ha spiegato don Pietro D’Aleo, parroco della Ecce Homo a Giovanni Impastato.
La verità è che ancora oggi è quasi uno scandalo l’idea di commemorare quel nome sull’altare, il nome di un rosso, comunista e rivoluzionario ucciso il 9 maggio del 1978 a trent’anni.
Già, i tempi non sono maturi, tanto che la celebrazione è stata sostituita da una più laica «veglia di preghiera per la legalità e la giustizia sociale», officiata ieri sera da don Luigi Ciotti, tessitore di ponti di dialogo e pellegrino infaticabile sui luoghi della memoria.
L'ennesima vigliaccheria della chiesa cattolica che vuole tenere il piede in due staffe, con un'evidente preferenza per i boss.
34 anni basterebbero per scontare la pena per un omicidio, ma per chi è stato assassinato sono pochi per consacrarlo sull'altare dei martiri.