Spiaggia di Cape Tiburon, 1667
A diciassette anni, Conrad Snow ne dimostrava un paio di più, i muscoli delle spalle luccicavano nel sole, quando scaricava casse e barili al porto o per conto dei bottegai spagnoli.
Non era mai stato gracile, ma la sua forza era cresciuta quando, occupato con il padre nelle piantagioni di canna da zucchero, aveva piegato la schiena sotto il sole, per portare a casa cibo e medicine per la madre. Per un lungo periodo Margie, assieme a Claire, la vicina di casa, si era occupata della malata, rischiando il contagio, sedendo al capezzale della moribonda per ore.
Come fratello maggiore Conrad si sentiva responsabile e quando tornava a casa, alla fine della settimana, lo faceva con il cuore in tumulto, timoroso di trovare Margie a vegliare una morta.
La mamma se n’era andata il giorno in cui gli spagnoli festeggiavano il Natale, quel giorno ogni lavorante aveva ricevuto una focaccia dolce e una parte di vino, lui l’aveva portata a casa correndo in mezzo alla foresta. La collina di Tiburon era piena di vegetazione, avevano appena cominciato la costruzione delle ville, e il sentiero era impervio ma incurante di rovi e radici, Conrad era stato a casa prima del tramonto.
Il padre era rimasto alla piantagione per via di una ferita al piede e il padre di Claire gli venne incontro con il volto impassibile, simile a una scultura di carbone. Il ragazzino comprese immediatamente che la mamma era morta, guardò oltre verso la casupola, dove Margie sedeva ignara sul terreno mentre, illuminata dalla luce della sera, Claire lo attendeva immobile e contrita.
Dopo pochi mesi la ferita di suo padre suppurò, l’infezione invase quel corpo già provato da schiavitù e torture, e la febbre lo mangiò vivo in poco tempo, trasformandolo in un vecchietto rinsecchito. Per sicurezza tutto fu bruciato e la casa fu ripulita da cima a fondo, le pareti purificate con calce e cenere e, quando tutti i cerimoniali furono finiti, Conrad guardò la sorellina, sentendo sulle spalle il peso della responsabilità.
Claire gli andò accanto, quell’enigmatica ragazza dalla pelle chiara, poco più grande della sorellina ma già in grado di occuparsi del padre e dei fratelli, orfana anche lei.
-Penserò io a Margie.- gli disse con serietà quasi comica.
Conrad non aveva altra scelta che quella di fidarsi, il ragazzo non sapeva come tirare avanti, lui e Margie erano rimasti soli.
Negli ultimi mesi si era imbarcato su un peschereccio ed era rimasto in mare, costretto dalla bonaccia, per tre lunghi giorni. La paga era stata appena sufficiente per coprire le piccole spese, ma il padrone dell’imbarcazione gli aveva offerto un posto fisso per la stagione. Era necessario lavorare ma soffriva ad allontanarsi dalla sorellina, di appena sette anni. Quando era tornato, aveva trovato impiego come carpentiere e aveva lasciato il peschereccio, per restare a casa durante la stagione delle piogge.
Nel frattempo, in tutta Tiburon la sua forza divenne quasi leggendaria e Conrad aveva scoperto che, puntando sulle proprie capacità fisiche, poteva ricavare la paga di due settimane in solo dieci minuti, com’era avvenuto quel tardo pomeriggio, trasportando tronchi sulla spiaggia.
Riscosse le vincite, Snow sedeva presso l’acqua, il petto ansante e il fiato corto, maneggiava quei soldi che lui non sapeva contare. L’importante ora, era riuscire a raggiungere l’emporio di Pedro per ritirare i melon de agua e cenare con gli amici.
Due ombre lunghe gli oscurarono la visuale, Conrad serrò i soldi in pugno, pronto a colpire senza provar rimorso, che era stanco, assetato e poco socievole.
L’uomo alto con il cappello piumato era quello che aveva puntato un mucchio di reals sulla sua riuscita, mentre il ragazzo, quello con la veste preziosa, era quello che l’aveva incitato durante il trasporto dei tronchi.
Conrad Snow li fissò con diffidenza: non c’era mai da fidarsi dei bianchi ricchi, non c’era da fidarsi dei bianchi in generale!
Il ragazzo allungò la mano: -Sono sbalordito dalla tua forza, mi hai fatto guadagnare un mucchio di soldi. Volevo conoscerti personalmente. -, gli disse con espressione bonaria.
Prima di rispondere, asciugando la destra sulla stoffa ruvida delle brache, Conrad guardò l’altro individuo che fece appena un cenno come di assenso. Normalmente non si poteva stringere la mano a un uomo bianco, ma il ragazzo aveva all’incirca la sua età, un accento strano e un fare addirittura ridicolo, con quella camicia linda. Inspiegabilmente Conrad sentì di potersi fidare e afferrò quella mano tesa:-Conrad Snow.-, svelò brevemente.
Il ragazzo fece un sorriso: -Sono Jerry Hudson, vorrei proporti un affare davvero conveniente.-
L’espressione dell’altro individuo fu di sorpresa: -Jerry, non avrai parlato sul serio!- ma il giovane zittì l’uomo dagli occhi chiari e tornò a fissarlo con un ghigno malandrino.
Snow si alzò in piedi, sovrastandoli sperava di non lasciar trasparire il proprio interesse mentre Jerry gli proponeva di proteggerli con la sua presenza, durante il recupero crediti per conto di Felipe Barrancas, il signore di Hispaniola.
Hudson lo convinse con un guizzo negli occhi: -Se accetti questo incarico, farò a metà con te, della mia parte.- e Conrad Snow, che era in cerca di soldi, non se lo fece ripetere.
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