Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 21, 2012
da qui
Torni da un altro viaggio, stressato come sempre: non le reggi più le signore brontolone che hanno sempre qualcosa da ridire, come se vivere fosse concentrarsi sull’unico punto nero nel foglio bianco del mondo. C’è mancato poco che ce le mandassi, ma non puoi cambiare ditta ogni tre giorni. Ti salva ritrovarti col computer, la sera, la notte, che magari passi in bianco, perché senza la pagina nuova del romanzo non potresti sopravvivere, è come una seconda pelle, come il costume di Futura che non riuscivi mai a sfilare e forse per questo t’innamoravi sempre più, perché la vita è correre dietro a qualcosa che non hai o che non sei, e Futura è il fantasma che si affaccia, ammicca, armato fino ai denti, ti fa capire che non è ancora il momento, ancora non sei pronto, ma verrà il giorno, verrà il giorno, ed è per questo che credi ancora nel domani, che sopporti la signora segaligna con gli occhialetti scuri, tutta scatti, che sputa sentenze mentre ti gira la testa perché non hai dormito, o la madre robusta con la faccia da impiegata frustrata e le lenti alla Cavour che ti ha preso come bersaglio preferito della sua intransigenza da strapazzo, o la meridionale dalla bocca larga che vuole fare tutto lei, sa tutto lei, e invece non sa un cazzo, ma basta che parli, che la butti in caciara appena può. E’ il momento in cui apri il portatile, spingi sul pulsante, aspetti l’epifania della schermata, e hai davanti lo spazio immacolato in cui appaiono d’incanto gli occhi azzurri e verdi, e ti chiedi se scrivere delle sue avventure, delle rapine, degli incontri inaspettati, non sia un modo per tenerla stretta, per non farla uscire dal tuo mondo, ma qualcosa ti dice che è il filo sottile del racconto a segnare la strada su cui convergerete, in una mattina di mezza primavera. Ti preoccupa l’ultimo dettaglio che hai dovuto registrare: l’approccio con l’uomo dalla maglietta blu, lo sguardo penetrante, limpido, che l’ha attratta senza scampo, e poi quel nome strano, da dove poteva provenire? A volte, dicono, le scritte incise sui muri, sulle pareti delle case, vivono di vita propria: il racconto nasce da un nome che ti torna in mente, un amore possibile, un addio che mozza il fiato e toglie il sonno. Sì, hai paura, pensi che Futura trovi qualcuno che le spieghi quanto sia lontana dalla porta che basterebbe aprire, in fondo al cuore. Per questo la tieni sul filo del rasoio, la impegni nell’ennesimo colpo, uno scippo nel parco dove due signore anziane passano il tempo a chiacchierare, dove i giovani giocano a ping pong e un ragazzo con la cartella rossa dorme pancia all’aria, né saprai mai se ha marinato la scuola o piange la donna che ha perduto proprio oggi che le avrebbe giurato amore eterno.