Una volta finito di registrare il mio album “Tourist in my Hometown” dovevo chiaramente iniziare la fase successiva e cioè affacciarmi sul mercato musicale e arrivare al maggior numero di persone possibile. Per prima cosa ho allora stampato 100 copie fisiche, ovviamente a mie spese e senza management o etichetta alle spalle, per testare la risposta del pubblico. Ho gestito praticamente solo la mia piccola campagna di marketing dalla mie pagine di Facebook, SoundCloud, ReverbNation ecc… . I risultati, pur essendo lontani dai numeri che farebbero di me un artista “affermato”, “famoso” o anche semplicemente “abbastanza conosciuto” sono stati incoraggianti: tutte le copie sono state vendute grazie al passaparola e alla curiosità emersa nei confronti della mia musica sia nel mio ambiente a Parma che dai frequentatori dei siti e dei forum sparsi in giro per l’Italia e ovviamente dai miei contatti di facebook. Nella mia città natale Taranto invece non si è mossa foglia, ma questo è un altro discorso. Gente sensibile alla musica, quasi sempre al di fuori dell’ambito delle mie amicizie quotidiane, persone conosciute ai concerti e ai festival.
Finite le copie fisiche e incoraggiato comunque dal risultato ho deciso di affacciarmi sul mercato online. Conoscevo già l’ottimo sito cdbaby.com e ho deciso di affidarmi a questo. Per una cifra tutto sommato accessibile, intorno ai 70 dollari americani, il mio album è disponibile su tutti i negozi digitali: iTunes, Amazon, Google Play, eMusic e tanti altri ancora. In questa fase ho dovuto decidere se rendere il mio album disponibile per servizi di streaming gratuito. Ho deciso dunque di mettere il mio album solo su Spotify e di rendere le canzoni riconoscibili dalla nota app Shazam .
Scegliendo di mettere le mie canzoni su Spotify sapevo a cosa sarei andato incontro: avrei ricevuto circa 4 millesimi di dollaro per ogni ascolto (e, infatti, al momento ho ricevuto 1 dollaro di royalties al mese) e potenzialmente avrei scoraggiato l’acquisto del mio album da parte di potenziali altri acquirenti.
Contestualmente ho stampato un altro centinaio di “download cards” che permettono alle persone di pagarmi in contanti una cifra esigua e di avere un codice PIN per scaricare il disco da “cdbaby” senza doversi iscrivere con la carta di credito. Il risultato di tutto questo è stato che persone veramente appassionate alla musica (al mio disco o comunque appassionate alla musica in generale) hanno continuato a comprare il mio disco con questo metodo (una ventina di card vendute “al volo”) e Spotify mi ha aiutato ad allargare la mia “fan base” di poche decine di persone. I risultati sono apparentemente positivi ma, sinceramente, non sono equi rispetto ai soldi spesi per realizzare il mio album, al tempo che è stato necessario e alle energie che sono state profuse.
Spotify ti permette di accedere alla musica che vuoi in ogni momento ed è dunque ottimo nel momento in cui hai semplicemente voglia di “assaggiare” un gruppo o un artista senza dover necessariamente comprare l’album. Può essere utile al proprietario del negozio di dischi al quale è stato ordinato l’ultimo album degli Other Lives e vuole farsi un’idea. E’ utile al ragazzo giovane che non trova in giro i dischi di progressive italiano e vuole sentire che tipo di musica facevano gli Acqua Fragile . Se il mondo (e Spotify) fosse giusto dovrebbe andare a finire che il vero amante della musica acquisterà l’album originale dell’artista attraverso qualsiasi canale se il disco gli è piaciuto, diversamente la persona che ha ascoltato un disco e non gli è piaciuto decide di non comprare il disco e, coerentemente, non ascoltare più l’album (che poi non è detto che uno ascolti solo cose piacciano, ma questo è un altro paio di maniche). Però sappiamo che non è così e succede molto spesso che la possibilità di ascoltare l’album illimitatamente sostituisca l’acquisto dell’album stesso. Chi ci perde e chi ci guadagna da tutto questo? Lady GaGa ed Ed Sheeran possono tranquillamente fregarsene perché i loro dischi sono già in cima alle classifiche di tutto il mondo, possono anche perdere qualche migliaio di dollari ma, oltre ad averne guadagnati già tanti, continueranno a guadagnarne ancora di più riempiendo stadi e arene in ogni angolo del pianeta. Ovviamente ci guadagnano le case discografiche, quelle grandi particolarmente, in quanto fornitori (o “stokeholders”, se preferite) dei loro prodotti a Spotify ne prendono poi gran parte dei profitti. Motivo per cui Daniel Ek, boss di Spotify, lascia veramente la miseria agli artisti, perché non può scontentare i suoi fornitori, cioè le labels. Ci perdono ovviamente gli artisti indipendenti che ad ogni ascolto guadagnano, come dicevo sopra, 4 millesimi di dollaro. Per fare una proporzione, per guadagnarsi lo stipendio misero di 1200 dollari al mese un artista dovrebbe fare, al mese, 300mila ascolti. E qui siamo, per l’appunto, ai livelli di Lady Gaga.
Allora perché ho messo la mia musica su Spotify se lo ritengo un servizio iniquo? Il punto è che il mercato della musica, come tante altre cose nel mondo del lavoro e della vita, è cambiato radicalmente negli ultimi anni. Il mio amico Gianfranco anni mi fa mi disse “La vita è una sala da ballo, se tu arrivi che sai ballare solo il valzer, ad un certo punto attaccano il foxtrot e sei fottuto”. Bisogna adeguarsi e accettare le nuove sfide che ci vengono proposte nel momento in cui le cose non si possono cambiare. E’ però nostro compito denunciare le cose che non vanno e avanzare delle proposte magari iniziando una cordata di artisti che parta dall’Italia e possa incontrare il favore di altri artisti in Europa e in America. Io suggerirei:
Ogni utente che accede a Spotify mediante Log In o da Facebook ha un numero di ascolti LIMITATO per ogni album (per esempio, 10 o anche un numero diverso). Terminati questi ascolti gratuiti o acquisti l’album o sottoscrivi un abbonamento che permette l’artista di beneficiare del tuo ascolto. Si può creare un link che rimandi dalla pagina artista di Spotify a uno o più link per acquistare l’album. E’ una bozza di idea, può essere certamente migliorata. Accetto consigli, proposte e ovviamente punti di vista.
Andrea Casale
INFO
Andrea Casale (1988) è un cantautore di Taranto residente a Parma. L’attività musicale
inizia nel 2004 quando all’età di 16 anni fonda un gruppo chiamato Airglow insieme
all’amico polistrumentista Claudio Ciaccioli e al fagottista Riccardo Rinaldi. La band si
arricchiva di altri membri in continuo ricambio di formazione. Gli Airglow erano
caratterizzati da una musica progressive con influenze elettroniche. Questo gruppo, di cui
Casale è autore di quasi tutti brani, suona con continuità fino al 2009 anno in cui la band di
scioglie a causa della lontananza dei componenti lasciando un EP intitolato “Blu
Magnetico” che ottenne alcune recensioni positive dalla stampa specializzata. Nel 2007
Andrea Casale si trasferisce a Parma dove suona saltuariamente con gruppi effimeri e,
appassionato di world music, si esibisce in concerti dal vivo con alcuni artisti africani
presenti sul territorio in festival quali l’Ottobre Africano. Nel 2011 Casale, Ciaccioli e
Rinaldi tornano insieme per lavorare a “Ciò che resta” progetto multimediale di letteratura,
musica e arte visuale che parte da un’idea del poeta barese Aldo Calò Gabrieli e uscito
l’anno seguente (2012) per Falvision Editore. Nel frattempo Andrea Casale aveva scritto
una manciata di canzoni per la sua nuova carriera solista che sono state registrate nelle
stagioni estive del 2012 e del 2013 insieme al Claudio Ciaccioli e al chitarrista jazz Livio
Bartolo. Andrea, come negli Airglow, autore di tutti brani scritti e arrangiati insieme a
Claudio Ciaccioli. L’album è intitolato “Tourist in my Hometown” esce nel 2014 in 100 copie
CD andate sold out in pochi mesi e nel 2015 su tutti i negozi digitali (Amazon, Cdbaby,
iTunes, e-music ecc…).
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