Oggi alcuni andranno a votare, altri no. Chi va a votare ritiene di essere un cittadino partecipe, chi non va viene tacciato di non esserlo. Ma chi non va ha il vantaggio di una sacca enorme e sempre crescente di non elettori, di persone disilluse o semplicemente disinteressate al voto.
Votare significa anche fare di tutta l'erba dei non votanti un fascio, va da sé, a cui dare fuoco. Il punto è che l'Italia ha bisogno delle centrali nucleari, del prezzo più alto dell'acqua e perfino della disparità di fronte alla legge piuttosto che di un autocompiacimento collettivo e sostenuto in quale modo ideologicamente nell'isolarsi dalla vita pubblica. L'Italia ha bisogno di persone che sanno dove mettere una crocetta, una firma sulle proprie responsabilità.
E in questo contesto per cui votare o non votare significa entrare in tendenze comportamentali lassiste o pseudoattiviste, dalla destra non mi aspetto niente (per quanto al momento sia in ebollizione), ma cosa fa la sinistra? Si guarda bene dal discutere i singoli quesiti referendari, perché i singoli quesiti referendari interpellano le singole coscienze, che possono anche dissentire da diktat e influenze di massa; la sinistra si guarda bene dal fornire dati e dall'organizzare dibattiti, dal proporre soluzioni alternative, ma come sempre trasforma ogni sua parola in un proclama generalista e massificato contro l'unico obiettivo che le interessa, cioè Berlusconi.
Non ho sentito un solo esponente fare considerazioni non allarmate, responsabili, mature, ricondurre tutto a un sistema e a preoccupazioni di ordine collettivo. O ironia e sprezzante senso di superiorità o strombettanti avanti tutta.
Mi duole votare sì, perché nel votare sì crederanno di avere in me un sostenitore, mi includeranno sempre nel loro pacchetto di penne a disposizione. Ma a me fanno schifo e non sono dei loro.