da qui
Lo sguardo ripercorre la stanza di cui conosce ogni dettaglio: le pareti in pietra di granito che in certi angoli compongono figure involontarie ma ben riconoscibili – un agnello, una maschera greca, una donna col colbacco -; il divano dai bordi dorati e i cuscini gonfi a fiori; un tappeto berbero dai colori vivaci – azzurro e oro -, attraversato da rombi e rettangoli alternati; l’alcova sormontata da una tenda bianca e gialla assicurata al soffitto con anelli spessi e neri; una finestra che pare più una feritoia dalla quale difendersi da intrusi di ogni tipo; due sedie e il tavolino in legno sul quale campeggia un candelabro d’argento con un mozzicone di candela. Alberto si chiede se non siano i dettagli a nascondere la chiave di ciò che è accaduto nelle ultime ore, in cui è stato privato del dattiloscritto del romanzo. Pensa ai movimenti fatti con la ragazza dai capelli rossi, le soste sul divano, la chiacchierata al tavolino, i momenti in cui la tenda bianca e gialla li ha accolti con imbarazzo e discrezione. Passa in rassegna gli sguardi, le espressioni, cercando di rintracciare il lampo d’astuzia e d’ironia, l’istante in cui lei si avvicina al cassetto del canterano in noce, lo apre e ne estrae furtivamente il documento. Deve cercare nella casa, rovistare in ogni angolo, o forse già sa, agisce a colpo sicuro informata da una quinta colonna, una spia insospettabile, una serpe in seno, un virus non riconosciuto dai sistemi di difesa: la collaboratrice domestica, il guardiano del faro, l’idraulico chiamato a sistemare la caldaia. I luoghi sono la parte più importante del racconto, è da loro che dipende tutto, il piacere e il tradimento, la serenità e l’angoscia. La stanza, desiderata al di sopra di ogni cosa, ora è una trappola sul punto di scattare, un posto in cui si cela un pericolo mortale, da cui fuggire prima che sia troppo tardi, prima che il morso del serpente lo raggiunga.