da qui
Si sente chiamare da una voce fonda e rauca:
- Leopoldo!
Alza la testa faticosamente e scorge un uomo dalla barba folta che sale in riccioli rampicanti verso il cranio calvo.
- Chi è lei?
- Devi essere veramente rimbambito per non riconoscermi: l’amore gioca brutti scherzi.
- Quale amore?
- Pensi che non abbia notato la reazione alle parole della ragazza con lo straccio, che dichiarava il suo debole per te?
- Ultimamente sono molto provato: la mia vita è al centro di un caleidoscopio di avvenimenti sorprendenti, a cominciare dall’apparizione di scrittori defunti, per continuare con una guerra fredda – ma non sempre – tra romanzieri, intellettuali e scuole di scrittura.
- La guerra è la vita stessa, Leopoldo. Dalle mie parti, i bambini imparavano a leggere su storie di battaglie e leggende di conflitti memorabili, che a volte si trasformavano in poesia. Lo scontro, la tragedia e la morte sono la normalità, verità confermata dai vostri macabri TG. L’ira è l’unico sentimento universale: la storia si dipana attorno al suo manifestarsi, al punto che l’uomo può prendere il nome dal verbo adirarsi o il verbo odiare. La monotonia dei sentimenti riduce il dialogo tra gli uomini a formule fisse, che i fanciulli, da noi, imparavano a memoria: non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di consegnarle alla scrittura. Il romanzo non muore perché passa di bocca in bocca e nessuno può fermarlo, tantomeno chi vorrebbe indirizzarlo secondo i propri scopi o imbalsamarlo. C’è un solo tema letterario, elaborato in mille modi, rimodulato in versioni sempre nuove, ma nulla cambia veramente; l’argomento è quello: il ritorno. Il personaggio combatte una guerra e prima o poi ritorna, in attesa di partire per qulela successiva. Bastano cinquanta giorni, per dire tutto il necessario.
Una mosca si posa sul naso di Leopoldo: preso di sorpresa, fa un gesto scomposto per cacciarla. L’uomo davanti a lui non batte ciglio: possibile che non se ne sia accorto? All’improvviso, Leopoldo si rende conto di chi sia: l’ira, il protagonista della storia che prende il nome dal verbo odiare, le formule fisse, la guerra, il ritorno dell’eroe.
- Omero!
- Ora devo andare, ho fatto tardi. Conosci il nome della ragazza con lo straccio?
- Accidenti, non gliel’ho mai chiesto.
- Si chiama Calipso, rimbambito.