di Cristiano di Salvo
Tempo di staffetta 4×400 alle Olimpiadi Italia 2024. I nostri atleti, tutti alla prima esperienza olimpionica, si riscaldano a bordo pista e ripassano le strategie individuali e di squadra. Come da copione partirà per primo il più anziano per poi passare il testimone in ordine decrescente di età.
Luciano Vento è quindi il primo. Venticinque anni, è il secondo più veloce della squadra sui 400, grazie ad un’infanzia passata a correre dietro gli spietati bus mattutini della sua città natale.
La tensione è palpabile quando le squadre vengono finalmente chiamate ai blocchi di partenza.
Ai posti, pronti, CRACK!
Il colpo di pistola dello starter svuota la mente del nostro Luciano, tutti i pensieri paiono esplodere insieme alla polvere da sparo. L’infanzia difficile di studio ed allenamento costanti, il ribrezzo misto a pietà per i genitori sempre troppo impegnati a lavorare per avere una vita affettiva, la promessa di non diventare mai come loro, di non lasciare morire il bambino interiore, anzi di coltivarlo e lasciarlo libero sempre, di invecchiare sì, ma solo all’esterno.
Tutto viene cancellato dal “CRACK” secco dello starter, tutto il mondo diventa la sua gamba destra che spinge con forza sulla pedana di partenza, poi la sua gamba sinistra che posa il primo mezzo passo, poi la prima falcata e, in men che non si dica, è partito verso i suoi 400 metri. Per giunta è in testa ed è in piena forma.
“Vinceremo!” pensa l’unico neurone libero di elaborare qualcosa di diverso da “falcata, falcata, falcata”.
I metri si susseguono, al 390mo l’allenatore urla, da bordo pista: “Grande Luciano, tecnica perfetta, sei il più veloce! Non c’è storia! Sei il migliore, potresti battere tutte le squadre avversarie da solo! Ti va di continuare e dargli una lezione?”
Luciano non si fa troppe domande. È l’occasione di dimostrare al mondo che lui è capace di fare quello che nessun altro può. Sarà il primo atleta italiano a portare la sua squadra alla vittoria correndo il doppio degli altri.
“Ok! Passerò il testimone al prossimo giro!”
I suoi compagni a bordo pista guardano l’allenatore come a dire “Ma che cazzo?”, ma quello li tranquillizza: “È solo un giro, è talmente in testa che non può perdere; anzi, scriveremo la storia”.
“E io che faccio?”, chiede il secondo in squadra.
“Tu preparati per il prossimo giro. Escluderemo il più lento. Non preoccuparti comunque”, fa l’allenatore al terzo, “ti stai sacrificando per la squadra, entrerai lo stesso nella storia ed avrai l’adeguato riconoscimento. In più ti riposi.”
Gli atleti si guardano in faccia, sono poco convinti, ma la squadra viene prima di tutto e l’allenatore deve saperlo meglio di loro, quindi, chi più volentieri chi meno, si adeguano e aspettano la fine del secondo giro.
Luciano intanto comincia a perdere terreno. Non tantissimo, è abituato alla fatica ormai e l’obiettivo è preciso ed altissimo.
Corre con tutte le sue forze e sta per completare il secondo giro. È ancora in testa e sta per scrivere la storia. Le gambe bruciano, ma il meritato riposo sta per arrivare, con in più la soddisfazione di un premio glorioso.
Al 790mo metro non c’è traccia del successivo staffettista italiano. Da bordo campo arriva la voce del coach: “Luciano, mi ha telefonato la federazione, hanno cambiato le regole. Adesso per poter accedere all’intero premio per la vittoria il primo staffettista deve correre 1200m prima di passare il testimone al secondo. Sai, c’è stato un problema organizzativo ed i premi sono diminuiti. Il tuo compagno pare che prenderà un terzo di quanto prenderai tu, quindi ti è andata bene. Comunque puoi rinunciare, se vuoi, solo che così il premio ti verrà dimezzato. Che vuoi fare?”
Luciano ha gli occhi fuori dalle orbite per la fatica e per la sorpresa, ma “ancora ne ha nelle gambe” e non vuole certo rinunciare alla gloria ed ai sudatissimi onori.
“Ok, coach, ci provo!”, dice con voce tremante mentre passa per la seconda volta il traguardo e continua a correre come un dannato, oltre l’umana possibilità.
Le gambe pesano una tonnellata l’una, il corpo gli fa così male che neanche più lo sente, ma nella sua testa si ripete “falcata, falcata, falcata…” fino alla nausea, mentre perde sempre più terreno.
I compagni di squadra a bordo pista stanno prendendo a parolacce l’allenatore che cerca di difendersi in maniera quasi puerile. Non è certo colpa sua se la federazione gli ha imposto queste regole. Cosa poteva farci? Comunque Luciano è l’atleta migliore, ha l’età giusta ed è partito con la giusta carica, ce la farà. Certo gli dispiace per i due componenti della squadra che non vedranno riconoscimento alcuno, ma non poteva certo sottrarre il dovuto a Luciano che già aveva fatto il doppio del lavoro.
Incazzati come bisce i due ragazzi esclusi dalla corsa escono dallo stadio olimpico mentre il pubblico, ignaro dei fatti, li fischia per la cattiva sportività dimostrata dal gesto.
Luciano corre, ma ha pochissime energie. I corridori avversari lo sorpassano ad uno ad uno, pieni di rispetto e di pietà per quel corridore che sta compiendo davanti ai loro occhi uno sforzo tanto erculeo quanto privo di senso. Ma anche loro non sono al corrente dei fatti e per giunta hanno una gara da vincere. Non possono certo rallentare, quindi vanno, freschi di sostituzione e carichi di grinta.
Ma Luciano ancora gli sta dietro, cerca in tutti i modi di non farsi staccare troppo. Il compagno che lo sostituirà in gara è il più veloce della squadra e riuscirà a colmare quasi tutto il distacco, posto che resti breve. Magari non riuscirà a segnare il record del mondo o ad arrivare primo, ma almeno un secondo-terzo posto si potrebbe fare.
1190mo metro. La solita voce da bordo campo: “Luciano, la federazione ha deciso che, dato che il tuo compagno di squadra non ha abbastanza esperienza, sarai tu a finire la gara. Sbrigati, che se arrivi sul podio avrai il tuo premio, sebbene lievemente ridotto, sai con i tempi che corrono…”.
L’ultimo compagno di squadra rimasto, intanto, piange dalla rabbia. Anni di allenamento buttati al vento. I suoi sacrifici e quelli dei suoi genitori si sono concretizzati in un nulla pieno di sensi di colpa. Doveva forse fare altro? Andare altrove? Accontentarsi di correre nelle leghe minori per quattro soldi, sufficienti nemmeno per pagarsi le spese?
“È colpa di Luciano”, pensa pieno d’ira, “ci ha fregati tutti!” ma poi lo guarda e capisce che non è così. Il povero disgraziato non ha fatto che correre e correre, che colpa ne ha?
Luciano intanto non sente più niente. Corre ma non sente la pista sotto le scarpe, l’aria sul viso, il dolore delle gambe, la determinazione e la voglia di gloria. Vuole solo che finisca tutto al più presto. Le altre squadre sono arrivate mentre a lui mancano ancora 300 metri.
Ha già perso, ma deve arrivare al traguardo, deve farcela per dimostrare al mondo che lui è ancora giovane, che è ancora bello, che è ancora utile. Deve dimostrarlo a tutti, deve dimostrarlo a se stesso.
Ma il pubblico fischia, lo prende a parolacce. È colpa sua se i suoi compagni di squadra sono stati mortificati e abbandonati. È colpa sua se l’Italia non ha vinto i 4×400. È colpa sua se il paese non ha l’adeguato riconoscimento internazionale. È colpa sua…
Ma Luciano non li sente più. Non sente più nulla. Non sente più tutto il lato sinistro del corpo. Non sente più il cuore, che prima gli pulsava come un matto in testa.
E cade a terra, imbruttito e pieno di insulti. Cade a terra, rovescia gli occhi e vomita. Prima i succhi gastrici, poi sangue e bile, poi più nulla, in un susseguirsi di spasmi e conati di vuoto.
Tira le cuoia, Luciano, tra i fischi del pubblico.
L’allenatore si guarda intorno, non c’è più nessuno dei suoi atleti. Chiede al giudice di gara di fare entrare suo figlio al posto di Luciano, appellandosi ad un cavillo. Ci riesce. Il ragazzino completa i 300 metri rimasti.
L’Italia arriva ultima.
Il giorno dopo al TG: “Eroico figlio d’arte salva la faccia della squadra di staffetta 4×400 alle olimpiadi. L’unico componente, dopo essersi accaparrato tutti i ruoli, è morto prima di tagliare il traguardo”.
“Fannullone”, il commento di Brunetta.
Premiato il figlio dell’allenatore con il premio-vittoria di 100.000 euro, precedentemente destinato alla squadra, più un bonus di altrettanta consistenza per i meriti sportivi.
Il Presidente del Consiglio commenta: “Codesta l’è la riprova che bisogna modificare lo statuto della federazione di modo che sia più semplice per le squadre sostituire gli atleti”.
Ed ora il calcio”.