Scarabbochiando i margini dei sussidiari e dei tomi di antologia è diventato Federico Appel. Classe, 1979, insegna letteratura per l’infanzia alla Sapienza di Roma. Ha pubblicato con Sinnos e Nuove Edizioni Romane. Oltre ha illustrare ha anche scritto un libro su Alessandro Magno, arrivato nella terna finalista del premio letteratura per ragazzi di Cento del 2009.
Quando è iniziata la tua attività di illustratore?
Ho sempre disegnato dappertutto: i miei libri di scuola sono pieni di scarabocchi sui margini. Poiché ho passato il liceo pensando di essere piuttosto bravo, appena finito, mi sono detto: andiamo a conquistare l’editoria e sono andato a una Fiera di Bologna, tornando indietro giustamente depresso. Perchè avevo scoperto, pivello, che esistono migliaia di illustratori incredibilmente bravi e stimolanti, e che i miei disegni facevano proprio ridere, e non in senso buono. Da lì ho inziato, in proprio, visto che ne mentre studiavo altro, a provare a migliorare stile, tecnica, contenuti. Alla fine, ho iniziato a disegnare decentetmente e a pubblicare (ma mica tanto) quattro anni fa.
E’ difficile rispondere, anche perchè sono moltissimi gli illustratori in grado di sorprendermi (e a me piace essere sorpreso da un’illustrazione) e sono motli gli illustratori che mi piacerebbe imitare. Tra i tanti, scelgo Wolf Erlbruch, perchè è in grado di mescolare stili diversi in maniera incredibile, e di essere efficace, ironico, destabilizzante, con due pezzi di carta colorata. Cristophe Blain, perchè è uno che riesce a mescolare fumetto e illustrazione in maniera molto brillante, e spontanea. Sergio Tofano per l’insuperabile eleganza e la facilità del segno.
Qual è la storia che vorresti tanto illustrare?
Moby Dick, tanto per essere modesti. Un libro universo che in genere, viene interpretato in maniera abbastanza prevedibile, ma che si presta a un lavoro illustrativo molto particolare e stimolante. Posso dire però che i lavori migliori vengono fuori quando si è costretti a illustrare testi che non necessariamente rientrano nei gusti previsti. L’illustratore è costretto così a scavare tra le parole e ricercare stimoli non immediati, e quindi meno banali e più divertenti.
Cosa consigli a chi vuole diventare illustratore?
Io in realtà, che sono un autodidatta selvaggio e un vorace guardone di lavori altrui, non posso consigliare molto. Posso solo dire, e io non ne ho mica tanta, di avere pazienza, di guardare molto bene quello che fanno gli altri, e di cercare di rinnovare e cambiare comntinuamente il proprio stile. Non bisogna, credo, ammirare troppo quello che si fa. Oppure si?
A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho appena finito le illustrazioni del mio nuovo romanzetto, Il sosia di Napoleone. Sono Piccoli disegni in bianco e nero che ricordano, come tecnica e come taglio, alcune scene da fumetto d’avventura. Spero siano efficaci. Poi provo a lavorare su vaghi e ambiziosissimi progetti che lasciano molto il tempo che trovano…