5 lezioni da Helmut Newton sulla fotografia

Da Ragdoll @FotoComeFare

Genio fotografico o misogino? Il tempo ha regalato a Helmut Newton i meritati riconoscimenti, ma a lungo si è dibattuto se la sua fotografia fosse frutto di eccesso di creatività o, piuttosto, di odio verso le donne.

La realtà è che i trascorsi di vita del fotografo tedesco di origine ebrea (il suo nome originario è Helmut Neustädter) hanno contribuito non poco a costruire il suo profilo artistico.

Nato a Berlino nel 1920 in una ricca famiglia ebrea, già a 8 anni conosce il mondo della prostituzione, grazie al fratello maggiore che lo porta con sé nel quartiere a luci rosse che è solito frequentare. A 12 anni acquista la sua prima macchina fotografica con i soldi che lui stesso ha risparmiato.

Alla fine degli anni ‘30 è costretto a emigrare in Australia per via delle persecuzioni fasciste. Il girovagare lo porterà anche a Parigi, Montecarlo e Los Angeles.

Un personaggio estroso e fuori dalle righe e una carriera accompagnata dal gusto della provocazione: “Se c’è qualcosa che odio, è sicuramente il buon gusto: per me è una parolaccia”. Limite del buon gusto che, in realtà, non avrebbe mai veramente oltrepassato in tutta la sua produzione fotografica, regalandoci ritratti sempre carichi di erotismo, ma mai volgari.

“Bisogna essere sempre all’altezza della propria cattiva reputazione” ammette, dimostrando quanto abbia saputo abilmente costruire il suo personaggio da cattivo ragazzo, più che esserlo realmente.

La fama di Helmut Newton esplode definitivamente verso la fine degli anni ‘60 quando introduce nei suoi ritratti e negli scatti di moda elementi di sado-masochismo, omosessualità e vouyerismo. I suoi scatti stravolgono un mondo ancora tendenzialmente bacchettone e allo stesso tempo cavalcano lo spirito rivoluzionario tipico di quegli anni.

Il risultato è un successo senza precedenti, che lo porta a diventare il fotografo più discusso e ricercato del pianeta. Riviste come Playboy, Vogue, GQ e Vanity Fair se lo contendono, così come i più grandi stilisti, mentre praticamente tutti i personaggi della moda e del jet set di quel periodo finiscono davanti al suo obiettivo.

Helmut Newton e la sua fotografia trasgressiva, ma studiata sotto ogni più piccolo particolare di luce e di composizione, hanno segnato un’epoca. Se sei amante del ritratto e della buona fotografia, alcuni suoi insegnamenti possono essere molto utili per la tua crescita fotografica.

1. Metti a suo agio il tuo soggetto

“Quando si fotografano delle persone vere non è come con le modelle. Le modelle sono pagate per star lì. Ma un’attrice si sente fragile davanti l’obiettivo, tutte le donne si sentono fragili, ma un’attrice più delle altre, lo capisco benissimo. È un tale rischio per loro, e hanno davvero tante ragioni per sentirsi vulnerabili. Quando si ha simpatia per la persona che si fotografa e si vuol fare una buona foto, bisogna procedere con molta cautela”.

Insegnamento

Da un maestro indiscusso del ritratto femminile come Helmut Newton, uno dei primi insegnamenti deve essere necessariamente sul rapporto fotografo-modella. Come comportarti con il tuo soggetto? Avere a che fare con modelle professioniste è relativamente semplice: tu esponi le tue necessità e loro sanno esattamente come mettersi in posa. Ma con le persone “normali” come funziona?

Essenzialmente occorre molta sensibilità, soprattutto nel capire il carattere della persona che hai di fronte. La cosa migliore che puoi fare è quella di non creare un rapporto fotografo-modella troppo professionale e freddo.

Scambiare qualche chiacchiera già prima di iniziare a scattare e fare qualche battuta spiritosa può essere la chiave per sciogliere un po’ la tensione. Anche mostrare le foto scattate può essere un buon modo per creare un clima di fiducia. Attento a non esagerare però: oltrepassare i limiti dell’educazione ed essere invadenti potrebbe compromettere definitivamente la situazione.

2. Appunta le tue idee

Helmut Newton è conosciuto come un fotografo trasgressivo, dai modi quasi strafottenti, ma in realtà la disciplina e il metodo che metteva nel suo lavoro erano inarrivabili. “Investo molto tempo nella preparazione. Penso a lungo a ciò che voglio realizzare. Ho libri e piccoli quaderni in cui scrivo tutto prima di una seduta fotografica. Altrimenti dimenticherei le mie idee”.

Insegnamento

In realtà questo suggerimento andrebbe bene per tutte quelle forme creative che basano il loro successo sull’ispirazione. È un luogo comune che il vero artista abbia illuminazioni “a comando”, oppure che possa permettersi di non produrre lavori se non è sufficientemente ispirato. In realtà la situazione è ben diversa.

Anche il processo creativo necessita di un metodo e appuntarsi pensieri e spunti su un foglio di carta può aiutare moltissimo a elaborare e arricchire l’idea successivamente. In effetti quante volte, mentre sei assorto nei tuoi pensieri, ti vengono in mente idee geniali che poi, puntualmente, finiscono nel dimenticatoio?

3. Segui la tua indole

“Io comincio facendo ciò che ho pensato di fare. Poi faccio un giretto e mi chiedo se potrei provare in altri modi. Ma arrivo molto presto a un punto di saturazione in cui tutto ciò mi infastidisce e mi dico che la mia prima idea era quella giusta.

Ho una capacità di attenzione limitata, è per questo che non saprei fare un film. Per me, un lavoro che duri più di due giorni non è un buon lavoro. Come quando ero campione di nuoto: vincevo sui 100 metri e sarei stato ancora più forte sui 50″.

Insegnamento

Se il tuo fine è quello di approcciarti alla fotografia con maturità, ti sarà capitato di leggere molte biografie di grandi fotografi e di studiarne i lavori. I grandi progetti fotografici sono la chiave per compiere un passo decisivo verso questa maturità.

Decidere un tema che ti sta particolarmente a cuore, pianificare le sessioni fotografiche e realizzare fattivamente gli scatti, fa parte del processo progettuale. Spesso occorrono anni per realizzare tutto ma, come ti dimostra Helmut Newton, non sempre è auspicabile seguire tale strada. È essenziale, invece, che tu segua la tua indole e il tuo modo di essere.

Un progetto lungo anni potrà essere sicuramente più curato, ma potresti anche rischiare di annoiarti o di perdere il “sacro fuoco creativo” che ti spinge ad affrontare quella tematica, rischiando di annacquare la forza stessa del progetto o, peggio, abbandonandolo in corso d’opera. Per cui non scartare la possibilità di poter concentrare il tuo progetto anche in pochi giorni. Alla fine, quello che conta davvero, è la forza del risultato finale.

4. Errore si, ma solo se funzionale

“Spesso cerco di fare delle ‘brutte foto’. Certo non posso fare a meno di lavorare meticolosamente, ma mi piace che le fotografie sembrino sbagliate. È per questo che ho abbandonato il Kodachrome: ha una grana troppo fine, è troppo professionale. Preferisco i colori sparati, che fanno pensare a un errore nello sviluppo.

Il colore brutto mi piace, purché non sia davvero orribile, e anche le foto di traverso. Mi capita di tenere la macchina un pò di traverso, quanto basta perché la foto non sia troppo perfetta.

Non penso mai al gioco grafico, o, se ci penso, è per evitarlo. Mi piacciono di più i lampadari che vengono fuori dalla testa delle persone. Li trovo divertenti, perché fanno parte di quelle cose che mi avevano proibito di fare”.

Insegnamento

Leggendo queste parole di Helmut Newton potresti correre il rischio di interpretarle superficialmente. “Mi piace che le fotografie sembrino sbagliate” non equivale a dire “mi piace che le fotografie siano sbagliate”. Così come “preferisco i colori sparati, che fanno pensare a un errore nello sviluppo” non equivale a “preferisco i colori sparati, anche se sono un errore nello sviluppo”.

Capita molto spesso di leggere, su blog e gruppi social di fotografia, la classica frase “la volevo così”, in risposta a qualche critica mossa riguardo una foto pubblicata. La foto tecnicamente perfetta sarà sicuramente una buona foto, ma l’eccessiva attenzione alle regole può facilmente produrre una fotografia sterile e inutile.

L’errore voluto, al contrario, può darle un’anima. Ma dietro ogni “errore” deve comunque esserci una scelta e una motivazione. E comunque tieni presente che una buona spiegazione, da sola, non è sufficiente a dare valore alla tua fotografia.

L’errore deve essere sempre funzionale al racconto, cioè utile a darle ulteriore forza. Un orizzonte storto può donare dinamicità a una scena, così come un mosso creativo può renderla più drammatica. Ma tutto questo è accettato solo se è funzionale al tuo racconto, non se rimane una tua bizza creativa fine a se stessa. Se l’errore arricchisce il tuo racconto, allora “sbaglia” pure!

5. Non buttare via nulla

“Le foto che scelgo quando i provini tornano dal laboratorio non sono quelle che sceglierei un anno dopo. È un fenomeno interessante – e una prova del fatto che non bisogna buttare niente. Tutto cambia, le nostre idee sulle cose cambiano”.

Insegnamento

Sarai d’accordo con me, un fotografo raramente butta via i suoi vecchi scatti e, se lo fa, è un’operazione spesso dolorosa. La conseguenza è ritrovarsi con hard disk zeppi di vecchie immagini, che, a riguardarle, sembra quasi che non ci appartengano.

Ogni tanto un po’ di sana pulizia è auspicabile e necessaria ma, se pulizia deve essere, io ti consiglio di non limitarti a conservare solo gli scatti più recenti.

È vero, col tempo si migliora e si matura, ma riguardare i tuoi vecchi scatti può avere la duplice valenza di farti analizzare i tuoi eventuali miglioramenti, oppure quella di farti rivalutare delle vecchie fotografie che tempo fa non ti piacevano. Come dice Helmut Newton, le idee sulle cose cambiano col tempo.

Approfondimenti

Se il grande fotografo tedesco ti ha incuriosito, ti suggerisco di approfondire la sua conoscenza iniziando da questi testi: