5) Racconto: Verso l'infinito blu

Da Angivisal84

Verso l’infinito bludi Loredana BaridonCreatura: Tritone
La bocca sorridente di Helena cattura il mio sguardo. Non riesco a distogliere gli occhi da quelle labbra rosse e carnose che mi tormentano il sonno da giorni. «Ciao, Samir! Nemmeno oggi vieni fuori a prendere il sole?» mi domanda, prima di sedersi. Indossa pantaloncini corti di jeans, il pezzo superiore del bikini e scarpette di gomma adatte per camminare sugli scogli. Ed è uno schianto. «Ciao, bellezza! Nemmeno oggi vieni a fare il bagno con me? L’acqua è stupenda, non sai cosa ti perdi…» Sorride, schizzandomi. Ci conosciamo da una settimana, ma io l’amo da sempre. Devo riuscire a convincerla a baciarmi, non posso uscire e farmi vedere da lei prima che sia accaduto. Io sono un tritone. Alla vista della mia coda di pesce inorridirebbe e fuggirebbe lontano, mentre io… io voglio che lei sia mia. Solo un bacio compirà la magia, facendole accettare il mio essere diverso. «Non so nuotare bene, te l’ho già detto!» mi spiega, scuotendo i capelli neri appena liberati dall’elastico che li imprigionava. Dio, quanto è bella! «Devi venire più vicino alla spiaggia, se vuoi sperare che io entri in acqua!» «Non osare chiamare spiaggia quell’ammasso di pietre ricoperto di asciugami colmi di esseri umani seminudi, sai?» la rimbecco, mentre mi tengo aggrappato allo scoglio, con il mare che mi lambisce i fianchi. La sua risata è fresca e celestiale, mi raggiunge il cuore e me lo ferma per qualche istante. «Ah, quindi tu conosci senz’altro un luogo degno di essere chiamato in tal modo!» mi dice, ironica. «Magari isolato, dove potremmo prendere il sole io e te soli…» «Certo che lo conosco! E lo potremmo raggiungere in pochi minuti, se solo tu avessi il coraggio di buttarti!» concludo, facendole la linguaccia. So di piacerle. Non sarebbe tornata a cercarmi dopo il nostro primo incontro se non fosse così. Mi hanno detto spesso che i riccioli biondi e gli occhi azzurri sono una vera calamita per il genere femminile. Ma non m’importa di apparirle particolarmente attraente, desidero soltanto che lei entri in acqua e poterla baciare. Solo un bacio, solo questo le impedirà di voltare il capo schifata alla vista del mio corpo. E di rivelare il nostro incontro ad altri esseri umani. «… e così sono passata a salutarti, e a dirti che…» Che cosa sta dicendo? «Scusa, Helena, non ho capito…» mormoro, col respiro spezzato in gola. «… puoi ripetere?» «Ho detto che sono venuta a salutarti perché domani partirò, le vacanze sono finite!» Mi elevo sopra il pelo dell’acqua con un poderoso colpo di coda, l’afferro per i fianchi e la trascino sotto con me. Maledizione, non doveva andare in questo modo, non doveva! Ho agito d’impulso, non sono riuscito a pensare; ma ora non serve rimuginare su cosa avrei potuto dire o fare, ora lei deve respirare e… baciarmi. «Ma sei deficiente?» strilla, le braccia strette intorno al mio collo e gli occhi fiammeggianti. «Che cosa ti è venuto in mente? Fammi risalire subito!» Sono estasiato dal contatto con la sua pelle, e le sue labbra così invitanti e così vicine alle mie… mi ha stregato, non posso fare a meno di lei, non posso. «Perdonami, Helena, non avevo scelta.» «Samir, che cavolo stai dicendo? E poi…» sussulta, spalancando gli occhi. «… come cavolo hai fatto a farmi cadere in acqua? Tu hai… tu sei…» Catturo la sua bocca in un istante, perdendomi nella sua dolce fragranza. Helena deve amarmi. La bacio per un tempo infinito, fin quando mi rendo conto che ha smesso di agitarsi, e anche oltre. Niente mi rende più felice del sapere che lei mi amerà. «Samir, tu… tu sei un tritone!» esclama, mentre continuiamo a stare abbracciati, al riparo dagli scogli. «Non può essere, che strano scherzo è mai questo?» «Helena, ti prego di credermi. È vero, sono un tritone. E mi sono innamorato di te appena ti ho vista! Non potevo mostrarmi prima di averti baciata, o saresti fuggita e io non avrei mai potuto inseguirti, spiegarti… ti prego!» «Ho capito, razza di stupido! Se me l’avessi detto, non sarei scappata! Forse non ti avrei creduto prima di averti visto, ma non sarei…» «L’avresti fatto, amore…» sussurro, prima di riappropriarmi delle sue dolci labbra. Lei è quella giusta per me, lo so. «La pianti di baciarmi? Voglio risalire, non mi piace stare qui a mollo, e… chi ti ha detto che mi potevi baciare, tra l’altro?» «Helena, vuoi venire sulla spiaggia con me? Non corri alcun pericolo, ti tengo io fra le braccia… ti prego!» «Sulla spiaggia? Quella solitaria che dicevi prima, immagino. E come fai a uscire dall’acqua? Ti spuntano magicamente i piedi?» «No…» sorrido, beandomi della sua bellezza. «È una laguna, tu ti sentiresti al sicuro, e io… anche.» «Non voglio, no. Voglio tornare a casa, e riprendere la mia vita. Tu… non sei umano, come puoi dire di amarmi? Ho le idee un po’ confuse, al momento…» «Vieni alla laguna. Ti racconterò molte cose, ti parlerò di Laskania, dei suoi abitanti, del mio mondo!» Percepisco la sua indecisione. Non posso fare niente per convincerla, se non pregarla. Vorrei poterla obbligare a seguirmi, ma l’unico mezzo a mia disposizione era il bacio, e lei ora non mi guarda con disprezzo. Altro non ho. «Samir, che senso ha tutto questo? Domani io partirò, cosa potrebbe mai cambiare, se anche tu mi parlassi per ore?» mormora, accarezzandomi il viso. Il suo tocco mi emoziona, non ho mai amato nessuno in questo modo, mai! «Helena, vieni…» «Mi riporti indietro prima di sera?» mi domanda, socchiudendo gli occhi al riverbero del sole. «Sì!» esclamo, non riuscendo a contenere la mia gioia. Le avrei promesso qualsiasi cosa, pur di portarla via con me. «Sì… ti riporto indietro prima di sera.»
Siamo distesi in venti centimetri d’acqua calda, meravigliosamente soli. Guardiamo il cielo, dove i gabbiani volano liberi emettendo i loro striduli versi. «Racconta. Ti ascolto.» Ora che so di avere la sua attenzione, mi mancano le parole. Sono così emozionato… lei deveessere mia, e io devoriuscire a conquistare la sua fiducia, il suo cuore e la sua vita intera. Le parlo delle meraviglie di Laskania, il mondo marino dal quale provengo, con tutto l’amore che posso. Cerco di farle “vedere” le torri di pietra che si ergono all’ingresso della città sommersa, paladine di un luogo che gli essere umani non vedranno mai. Provo a spiegarle cosa si prova a nuotare in un mare limpido e pulito, lasciandosi accarezzare dalle foglie di un’immensa distesa di alghe. Tento di darle un’idea delle creature che popolano il mio mondo: bellissime sirene, tritoni, innumerevoli pesci, tartarughe marine… e poi coralli, cavallucci marini e forme di vita che lei non ha mai sentito nominare. Le parlo delle leggi che governano la società, della vita che facciamo, dei problemi e delle gioie che abbiamo. Helena tace, mi ascolta continuando a osservare il cielo. Non ha più i pantaloncini corti e le scarpette, li abbiamo lasciati nascosti fra gli scogli. Guardo affascinato i suoi piedi, sono così belli e delicati… «Mi sembra una favola per bambini, Samir. Faccio davvero fatica a credere che esista una tale civiltà, e che non lo sappia nessuno…» commenta, quando io finalmente taccio. «… d’altronde, tu sei qui, e sei indubbiamente un tritone! Posso… posso toccarti?» Mi scoppia il cuore dalla felicità. «Puoi farmi tutto quello che vuoi…» mormoro, estasiato. Lei si tira su a sedere, mi guarda, e poi lentamente avvicina una mano alla mia coda. Il tocco delle sue dita mi provoca una scarica di adrenalina. «Sei fresco… e morbido. Non hai le scaglie!» ride, buttando indietro la testa. «Ma come fai a respirare in acqua e fuori dall’acqua?» «Ci riesco» taglio corto, voltandomi sul fianco. «Samir… torniamo indietro.» «No!» esclamo, tirandola giù. «No… ti scongiuro, Helena, lasciati amare!» «Cosa? No, sei impazzito?» strilla, agitandosi sotto di me. «Mi fai affogare, spostati!» «Non annegherai, tranquilla!» rido, tempestandole il viso di baci lievi. «Helena, amami, e potrai venire con me!» «Tu sei tutto matto! Nel caso non te ne fossi accorto, siamo anatomicamente differenti! Mi sa che il sole e l’aria ti fanno male!» La sua voce è scherzosa, ma sento il suo cuore battere furioso. È tentata, ma ha paura. È già qualcosa. «Helena, se tu… se tu pronuncerai il tuo sì in modo ufficiale, io… io prenderò le sembianze di un umano» le spiego, spostandole una ciocca di capelli appiccicata sulla guancia. «Fino al tramonto. E poi tu verrai con me, a casa.» «Il mio… sì ufficiale? Sì ufficiale a quale domanda? Samir, inizio a temere sul serio che tu…» «Vuoi fare l’amore con me?» «No!» «Non posso vivere senza di te, Helena! E tu… tu puoi davvero andartene e dimenticarmi? Tu davvero non provi nulla per me?» «Samir, ti prego…» mormora, in preda al panico. «Sono impazzita, devo aver preso un colpo di sole. Riportami agli scogli, ora, per favore.» «Amore… pensa a cosa ti stai perdendo! Pensa alla libertà del mare infinito, alla nostra vita insieme, a me! Dimmi che non mi ami!» E poi la bacio, la bacio, la bacio! Non voglio ascoltare il suo rifiuto, l’amo, e lei mi ama! «Samir!» strilla ancora, mentre mi stringe convulsamente a sé. «Non posso… non posso scegliere di abbandonare la mia vita da umana per seguirti così… così su due piedi!» Scoppiamo a ridere entrambi, quando ci accorgiamo della battuta umoristica che non pensava di fare. «Non abbiamo tempo, tesoro: devi decidere ora! Sarai una splendida sirena, ti supplico!» «Non posso, non posso…» bisbiglia, sempre più confusa. «Sì che puoi…» insisto, giocandomi il tutto per tutto. «Vieni con me, ti prometto che non te ne pentirai! Helena, vuoi fare l’amore con me?» «Una sirena?» esclama, spalancando gli occhi, quando la consapevolezza la raggiunge. «Tu sei scemo! No che non voglio!» «Sì che lo vuoi!» «No!» «Sì!» «No!» «No!» «Sì!» «Mi dispiace, tesoro, in amore e in guerra, tutto è permesso…» sospiro, avvertendo la mutazione cambiare il mio corpo. «Mi hai ingannata!» sbraita, furiosa. Ma i suoi occhi luccicano. «Ti ho aiutata a decidere» concludo, catturando quella bocca per la quale ho perso il senno.
Camminare nell’acqua bassa, mano nella mano verso il tramonto, è una sensazione indescrivibile. «Vieni, raggiungiamo l’acqua alta…» le dico, guardandola con immenso amore. «… quando il sole toccherà il mare, io tornerò tritone, e tu sarai una sirena.» «Ho paura» borbotta sottovoce, abbassando il capo. «Non devi… guarda, la magia si sta compiendo!» I nostri piedi e le nostre gambe sono avvolti da una luce brillante. Sono certo che lei provi quello che sto sentendo io: un calore benefico che s’irradia in ogni cellula, trasformando le nostre estremità in code affusolate. Pochi minuti più tardi nuotiamo in mare aperto, i visi rivolti all’astro che sta morendo. «Devo confessarti una cosa…» sorrido, stringendola a me, mentre le nostre estremità si avvinghiano. «… non ti disturba, vero, far parte di un harem?» Mi molla un ceffone incredibile, per poco non mi stacco la lingua con un morso involontario! «Scherzavo, Helena, scherzavo!» rido, tentando di calmarla. «Sarai la mia unica e amata moglie, te lo posso assicurare!» «Meglio per te!» ringhia, gettandomi le braccia al collo. «Non ho lasciato le mie scarpette di gomma sugli scogli per niente! Mi hai voluta, e ora ti tocca tenermi, mio bel maritino!» Il sole morente si riflette sulle nostre code argentate, mentre ci inabissiamo verso la nostra nuova vita.

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