Molte erano le scelte editoriali possibili nell’affrontare la sceneggiatura: avrebbero potuto raccontarci il lato oscuro, tormentato e vulnerabile che c’è alla base delle preferenze sessuali di Christian Grey e il perché questo mondo eserciti un fascino sull’ingenua Anastasia, oppure scegliere una narrazione più semplice, inevitabilmente superficiale, che ponesse l’accento sulla storia d’amore classica in cui il lato perverso fosse mostrato solo come aggiunta coreografica e non esplorato nei suoi significati più reconditi. Scegliere la favola edulcorata o affondare la lama come il Lars von Trier di Nynphomaniac?
La realtà torbida e oscura che sta dietro la perfetta faccia d’angelo del giovane imprenditore e che in qualche modo ha attirato un’Anastasia lontana anni luce da quel mondo, non viene esplorata se non sporadicamente, limitando le incursioni nella famosa stanza rossa ad una serie di inquadrature montate in sequenza che molto perdono del potere conturbante originale. Le sculacciate, private del contesto in cui nascono e soprattutto senza spiegare a cosa sono finalizzate, diventano fini a se stesse e di conseguenza un po’ ridicole.
E non sto dicendo che si sarebbe dovuto “vedere di più”, semplicemente che la regia era talmente terrorizzata di superare il limite, che il risultato è un bell’esercizio di stile, con inquadrature che non mostrano nulla. Ma a farne le spese è la passione.
Le acrobazie di Christian e Anastasia fuori dalle pagine non mi hanno eccitata per niente, ho provato la stessa emozione di quando si guarda un videoclip troppo poco raccontato per suscitare un’emozione intensa, troppo mirato alla perfezione estetica per andare alla sostanza. Una temperatura lontana anni luce dal fuoco generato dal sesso mostrato in alcune serie televisive, come quello primitivo e cattivo in Game of Thrones, o quello passionale e affamato in Outlander: tanto per citarne alcune.
Dakota Johnson è stata comunque una bella sorpresa, molto simile come impatto visivo al suo alter ego letterario: intensa, a suo agio nei (pochi) panni dell’innocente Anastasia, travolta da un’attrazione viscerale per l’enigmatico Christian. Jamie Dornan invece mi è sembrato un po’ imbarazzato, rigido nelle scene hot e mi chiedo se sia stata questa sorta di “distanza” emotiva a rendere non coinvolgenti le scene. Le aspettative dei fan, la pressione mediatica di sicuro non avranno reso facile il lavoro dell’attore, ma resta il fatto che Dornan, di indubbia avvenenza, ha più l’aspetto del bravo ragazzo e del fidanzato perfetto che del torbido e scisso Christian. E la sua limitata gamma espressiva non lo ha aiutato a far intravedere il mondo di vulnerabilità e oscura sofferenza, nascosto sotto la superficie del personaggio.