50. The Big Kahuna: un film come nessun altro

Creato il 27 novembre 2013 da Winston Smith @diariodiwinston

Chi sono?

Entrerò in intimità con voi: sono le 23:20 di un martedì. Da qualche settimana ho deciso di guardare un film ogni sera o quasi, scegliendo da un elenco in continuo aggiornamento che aggiorno ogni volta che incontro qualcuno di interessante successivamente alla mia richiesta nei suoi confronti di consigliarmi qualche film. Oltre a suggerirvi la stessa domanda vi invito a entrare in simile confidenza con il mondo del cinema. Può sembrare scontato ma prima del salto voglio descrivere questo tipo di rapporto:

il film è un prodotto che racchiude dei messaggi, di qualunque tipo essi siano arrivano a noi tramite immagini e suoni coordinati in qualche modo. Esso inoltre è frutto di un lavoro molto più lungo di quello che poi rappresenta il prodotto finale (cosa che in molti dimenticano). Esatto! A quanti di voi interessano i titoli di coda? Ma non potete negare di non avere a disposizione le informazioni necessarie per riflettere sul fatto che qualunque film, dal capolavoro ai film proposti da Yotobi, abbiano un immenso lavoro dietro. Semplicemente come ogni altro lavoro possono essere fatti bene, male, in maniera mediocre, con grande amore e un lungo eccetera di altri “aggettivi”. Questo lungo lavoro ha una caratteristica: è compresso in modo tale che basta la durata del film per rappresentarlo. E allora io credo che un’ora e mezza alla settimana non sia una richiesta eccessiva da fare a noi stessi, e credo che il nostro alloggio terreno abbia qualche strano significato che non saprei descrivere, ma sono convinto che se siamo in così tanti qualcosa tra noi dobbiamo trasmetterlo; e cosa meglio di un film può farlo a tanta gente?Ho iniziato questo post dicendo che sarei voluto entrare in confidenza con voi. Il film che voglio proporvi ha proprio questa caratteristica: entra in confidenza con chi lo guarda.

Molto famoso è il monologo finale che non voglio proporvi, e vi consiglio vivamente di non cercarlo: si tratta di una conclusione che presa da sola è già bellissima, ma che isolata e poi aggiunta successivamente al film assumerebbe un altro sapore.

Per il resto The Big Kahuna è quasi sconosciuto, e non riesco a credere che film di questo genere non abbiano successo… ma alla fine basta un ragionamento per giungere alla soluzione di questi stupidi quesiti.

L’intero film è ambientato in una suite di un albergo e ci sono solo tre personaggi.

Si ha praticamente l’impressione di assistere a uno spettacolo teatrale, e te ne accorgi anche senza sapere che è tratto realmente da una commedia.

Nonostante ciò è così adatto alla pellicola che non lo si riesce più a immaginare fuori dallo schermo.

Dopotutto non è recitato da attori qualunque: eccetto Peter Facinelli -che nonostante una discreta filmografia precedente al titolo e alla partecipazione in una delle saghe dalle quali mi distacco con il naso arricciato (errore mio sicuramente criticare un film prima di vederlo… evidentemente mio fratello non è figlio unico…), e sto parlando di Twilight- nei panni di Phil e di Larry vediamo grandi star del cinema che per motivi di suspance lascerò per un po’ in incongnito.

I tre personaggi rappresentano la loro azienda di lubrificanti durante una convencion in un albergo. Ognuno ha una caratterizzazione che molto si lega all’età del personaggio.

Bob, interpretato da Facinelli (che solo ora mi accorgo che ha origini italiane “uh che bello!”), è il novizio trentenne con un matrimonio di pochi mesi alle spalle e una profonda fede che lo porta a manifestare una sicurezza molto più corrisposta dalla pesantezza delle sue parole che dal suo volto.

Phil, l’anziano del gruppo (sulla cinquantina), è l’uomo che ha una vita alle spalle e che percorre un periodo di vita molto complesso e delicato conseguenza di tanti episodi che vengono accennati soltanto ma che hanno come minimo comun divisore la caratteristica di poter essere rappresentati con il simbolo matematico del meno. Il personaggio è interpretato da un magistrale Danny De Vito.

Larry si interpone tra i due personaggi sia in età che in esperienza: è sulla quarantina e presenta le sue convinzioni con esuberanza e grande energia manifestando un forte carattere. Sarei spinto ad approfondire il discorso su come una persona si formi il carattere, ma visto che è uno dei discorsi di cui i tre discutono nel film lascio a chi vedrà il film il piacere di approfondire l’argomento. L’attore che lo interpreta è l’immenso Kevin Spacey che nei panni di Larry compie un lavoro meraviglioso, davvero indimenticabile.

Questi tre personaggi sono tutti da scoprire: le varie circostanze li porranno dinnanzi a vari tipi di discorsi e nonostante il film sia un susseguirsi di dialoghi all’interno della stessa stanza è così piacevole e scorrevole che non annoia mai.

La parola giusta è confidenziale. The big Kahuna è confidenziale: lo spettatore è immerso anche lui in quella stanza e anche lui parla con i personaggi, perché in un modo o nell’altro c’è sempre uno dei tre che identifica ciò che è il proprio parere riguardo un certo argomento.

E di argomenti importanti ve ne sono davvero tanti, e quello sulla religione è affrontato in un modo che nessun altro film (che ho visto) ha saputo fare.

E’ un film giusto che propone in maniera corretta più versioni riguardo vari argomenti senza che nessuna prevalga sull’altra.

La trama che collega questo insieme di discorsi l’ho trovata molto piacevole. Non ve ne parlerò perché credo si tratti di una di quelle caratteristiche del film che è giusto scoprire man mano che scorrono i minuti.

E’ un film particolarmente riflessivo che dovrebbero vedere tutti, anzi dovrebbero vivere tutti.

Si, perché alcuni film sono importanti e vanno visti, ma questo è un film che va vissuto, e lo dico perché comunica qualcosa e invita a porsi delle domande che chiunque si fa, ma spesso le lascia lì.

Il film le tira fuori quelle domande, ancora una volta, sta poi all’individuo scegliere se rimetterle dov’erano o finalmente affrontarle.

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