50. Zingari

Creato il 26 marzo 2011 da Fabry2010

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Il dottor Cavedagna sta scartando l’involucro argentato del Lansoprazolo con cui si sveglia ogni mattina. Gli altri allungano la mano per accarezzare il coniuge o l’amante; lui si limita a stringere il gastroprotettore, che gli richiama alla memoria le contrarietà di fronte alle quali lo stomaco non regge. Deve affrettarsi, per aprire il cancello all’operaio; se ritarda gli rinfacciano la rovina dell’azienda, attraversata da crepe foriere di crolli irrimediabili. Non ha dormito questa notte: uno zingaro rumeno ha urlato senza tregua, come disprezzasse non il mondo intero – sarebbe più accettabile – ma proprio lui, che non l’ha mai visto e conosciuto. Il dottore considera  varie soluzioni; accantona l’idea di uscire in strada per informarsi sui motivi del baccano: sarebbe irragionevole interrogare un urlatore ubriaco; preferisce telefonare al comando dei carabinieri, visto che il maresciallo Coppola gli ha assicurato un intervento tempestivo in caso di pericolo. Sta per comporre il numero quando si accorge di due fari puntati contro le sbarre azzurre del cancello: è stato preceduto da qualche inquilino dei condomini confinanti, esasperato come lui. Lo sportello dell’auto si apre lentamente e ne esce una figura alta, in divisa scura, con due bande bianche trasversali. Il rumeno è abituato alle incursioni delle forze dell’ordine; farfuglia qualche frase incomprensibile  e accetta di salire in auto. Che gli faranno? Cavedagna spera che lo convincano a parole, impresa peraltro disperata. Gli si affaccia alla mente un paragone singolare: il romanzo è uno zingaro ubriaco che lancia nella notte messaggi indecifrabili; lo scrittore è l’uomo alto in divisa: esce con cautela dalla macchina per cercare un compromesso mai soddisfacente, sempre esposto alla violenza del caos, all’incomunicabilità sottesa a tutto ciò è umano. Al dottore non resta che passare in rassegna gli argomenti degli ultimi capitoli: scrivere tutto in una volta e poi correggere; individuare il sentimento principale; sognare sempre nello stesso posto; l’insufficienza della tecnica nella stesura del romanzo; la vocazione inevitabile dello scrittore; le pause consigliate; i materiali personali. Anche questa volta ce l’ha fatta, ma non ricorda se ha mandato giù il Lansoprazolo.



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