Credo non sia facile rapportarsi a tematiche così delicate senza cadere nel melodrammatico allo stato puro o rendendole una perfetta barzelletta. Invece qui si è raggiunto un ideale equilibrio.
Non si tratta di una narrazione particolarmente emotiva, perché alleggerita da dialoghi talvolta anche leggeri.
Parlando come mangio: non vi taglierete le vene a guardarlo, anche se la malattia viene trattata con il rispetto necessario... e non diventa una buffonata solo per non far tagliare le vene allo spettatore.Adam è tratteggiato molto bene a livello psicologico in un gioco di luci/ombre che ne tira fuori il carattere: a volte cerca di non pesare, a volte non gliene importa nulla e rovescia il suo schifo addosso alle persone, senza farsi complimenti. Rende con coerenza la sensazione d'impotenza che affligge in determinate situazioni.Carina la terapeuta, dal temperamento incerto -a volte sembra che la terapia serva più a lei-, è quasi il mio personaggio preferito... contrariamente a Rachel, che mi aveva in parte convinta, poi è crollata anche a me rivelandosi per ciò che è.Kyle ha una funzione molto importante in quanto determina le principali svolte nella vita di Adam, che in un certo senso cresce durante la malattia: segue un percorso ben preciso mediante il quale esce il suo lato risoluto... quello che non sapeva nemmeno di avere, quando era intento ad essere il tappetino di Rachel.
Adam è la prima persona a cui una sofferenza del genere fa più bene che male. Questo è il paradosso più grande del film, che lo rende originale e fuori dalle righe.
Consigliato soprattutto se volete vedere un approccio diverso al tema. Ho gradito il fatto che ci fosse molta dignità, che invece di piangersi addosso di continuo ci fosse perlomeno un tentativo di mettere a fuoco la situazione e in qualche modo gestirla.