50/50

Creato il 03 dicembre 2011 da Albertogallo

50/50 (Usa 2011)

Questo film è stato presentato in anteprima per l’Italia al XXIX Torino Film Festival, dove è in concorso nella sezione principale Torino 29.

Il 27enne Adam ha una grave forma di tumore maligno alla spina dorsale: le sue possibilità di sopravvivere sono 50 su 100. Accanto a lui una madre apprensiva, un padre con l’Alzheimer, una fidanzata che lo tradisce, una psicologa alle prime armi e, soprattutto, un amico caciarone ma buono come il pane.

Diretto da quel Jonathan Levine (newyorkese, classe 1976) che nel 2008 si fece notare con Fa’ la cosa sbagliata, questo 50/50 è in ugual misura divertente e commovente. Registri differenti ma non stridenti che il film si e ci impone seguendo gli stati d’animo del protagonista: per Adam la consapevolezza, la tragicità della malattia arriva lentamente, quasi distrattamente, lasciandolo perplesso laddove, in un primo momento, il tumore era sembrato soltanto una buona scusa per portarsi a letto nuove ragazze e fumare erba in libertà.

Cosa mi è piaciuto di questo film? Molte cose. La sceneggiatura, ad esempio, ricca di gag fenomenali (specialmente quelle che coinvolgono Kyle, migliore amico del protagonista nonché evidente “linea comica” della situazione) ma capace anche di affrontare senza troppa indulgenza un argomento piuttosto delicato: bellissimi, ad esempio, i momenti in cui Adam si trova a fare la chemio con una coppia di anziani signori un po’ cinici e molto appassionati di marijuana. Mi sono piaciuti gli interpreti, tutti, a partire da Joseph Gordon-Levitt (già protagonista dell’indimenticabile 500 giorni insieme) e la bellissima – e in questo caso odiosissima – Bryce Dallas Howard, fino all’intramontabile Anjelica Huston e persino Seth Rogen, che generalmente non sopporto ma che qui ci sta a pennello. Mi è piaciuto anche il fatto (allarme spoiler) che il film abbia il coraggio di finire, e di finire bene: mi sarei aspettato un finale aperto, in cui Adam entra in sala operatoria per l’operazione decisiva e chissà se se la caverà. Invece no: il ragazzo si sveglia dall’anestesia, torna a casa, lentamente guarisce e comincia a uscire con Katherine, la terapista che gli era stata assegnata come supporto psicologico alla malattia. È vero, si tratta di un finale molto consolatorio e americano, ma è comunque un’esplicita scelta narrativa: 50/50 è una commedia, dolceamara quanto si vuole ma pur sempre una commedia, e allora può anche starci che finisca più che bene.

Cosa non mi è piaciuto di questo film? La regia (e scusate se è poco), troppo spesso banale, sciatta, priva di inventiva. Esempio n.1: l’oncologo dice ad Adam che ha una grave forma di tumore e che potrebbe morire. A quel punto parte una soggettiva del protagonista, che comincia a vedere tutto sfocato e a sentire solo un fischio al posto delle parole del medico. Che banalità! Esempio n.2: Adam, abbattuto dalla sua condizione di malato, gira al rallentatore per le vie della sua città con un sottofondo musicale extradiegetico; si tratta di High & dry dei Radiohead. Bellissima canzone, per carità, ma anche in questo caso la banalità è dietro l’angolo, condita pure da una buona dose di patetismo. Esempio n.3: Adam e Kyle decidono di distruggere un quadro dipinto da Rachael, ex fidanzata fedifraga di Adam; si mettono in giardino e cominciano a tirargli addosso oggetti di ogni tipo; a un certo punto, dal nulla, spunta uno split screen. Dura pochissimi secondi ed è l’unico di tutto il film: inutile. Queste piccole ma non impercettibili cadute di stile portano il film un po’ indietro, artisticamente, facendolo assomigliare talvolta più a una puntata del mio pur amato Scrubs che a un’opera da festival per cinefili.

In ogni caso 50/50 è un bel film, toccante e divertente al punto giusto, il cui successo, almeno per quanto riguarda il coinvolgimento emotivo del pubblico, è stato ampiamente dimostrato dall’enorme quantità di fazzolettini bagnati improvvisamente spuntati in sala poco prima dei titoli di coda.

Alberto Gallo



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