6. Divisioni

Creato il 23 gennaio 2011 da Fabry2010

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C’è un dubbio che rode Medardo da quando ha cominciato a scrivere: da una parte è attratto dai dettagli, dall’esperienza personale intrisa di odori, sapori, colori inconfondibili perché sperimentati in proprio, vissuti sulla pelle, con l’impressione di non poter sbagliare, d’inoltrarsi in un terreno conosciuto a palmo a palmo, una miniera inesauribile di sollecitazioni e di occasioni, insomma, una manna per chi cerchi un deposito di materiali per le proprie opere; dall’altra gli sembra che la scrittura di valore sia quella in grado di sollevarsi dall’individuale, di spaziare nel mondo, di identificarsi col destino altrui, portandone il peso lungo una via crucis che garantisce la risurrezione, in una parola, la durata, forse addirittura la memoria eterna. Si sente diviso da una vocazione ambigua, doppia, che lo trascina da un lembo all’altro come una ferita impossibile da rimarginare, un dolore che attraversa ogni pagina e la rende sanguinante, l’addensa fino a rendere lo stile oscuro, illeggibile, contorto. Quando il conflitto raggiunge l’apice non è capace di star fermo: deve uscire, sfogare l’energia accumulata nelle arterie, nello svincolo del cuore, che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Ha bisogno di solitudine e silenzio, della lezione elementare che la natura mette a sua disposizione: esce di corsa, sale in auto, si spinge nervosamente via dalla città, litigando con gli autisti che lo precedono e lo seguono, scambiando gestacci e parolacce e minacciando risse che fanno sorgere dagli anfratti dell’inconscio istinti ancestrali, guerre sante, palle di cannone che dividono in due al pari dei dubbi che lo assillano, lo angosciano come una campana a morto, e potrebbero pacificarsi solo in un luogo solitario come un viale fiancheggiato da due file di olmi, dove una donna è stata attratta dalla sua stessa idea, dal momento che passeggia con aria pensierosa e forse, a quest’ora così tarda, preoccupata per quello che le può accadere.