6 giorni sulla terra. Il film di Varo Venturi in DVD.

Creato il 06 febbraio 2012 da Tnepd

1. Il DVD di Varo Venturi. 2. Varo, le Bestie di Satana ed io. 3. Conversazione con Varo. 4. Conversazione con una collaboratrice di Malanga. 5. Osservazioni sui delitti di Cogne, Erba, e Bestie di Satana.

1. Il DVD di Varo Venturi.

Il film di Varo Venturi “6 giorni sulla terra”, uscito a novembre e acquistabile via internet o nei migliori negozi di DVD, è basato sugli studi di Corrado Malanga ed è, quindi, un film verità sul fenomeno degli addotti e degli alieni.
Per questo motivo, uscito nelle sale l’estate scorsa, è stato boicottato nei modi più vari, e al cinema è stato un vero flop. Alcune sale lo hanno proiettato con vistosi tagli; altre lo hanno bloccato per non precisati motivi tecnici; alcune si sono rifiutate di mandarlo in onda con scuse ridicole.
Varo non si è perso d’animo e ha preparato un DVD con contenuti speciali, che comprende un lungo documentario con interviste a Malanga, Leo Zagami, Paolo Franceschetti, Fabio Ghioni e Tom Bosco.

Il film è stato involontario protagonista di una serie di riflessioni e di sviluppi relativi ad alcune mie ricerche personali, che voglio raccontarvi.

Varo Venturi mi ha fatto l’intervista per il DVD nell’estate del 2011. Non mi informai sui particolari, nel senso che non chiesi come avrebbe montato il documentario, insieme a quali altri personaggi, ecc. E non mi sono domandato, soprattutto, come incastrasse i miei studi su massoneria, Chiesa cattolica, e Rosa Rossa, con l’argomento degli alieni.
Quando è uscito il DVD, con mia sorpresa ho guardato il documentario e ho visto che la mia intervista, anziché essere unica, era frammentata insieme alle risposte di Malanga, Zagami, Bosco e Ghioni. Il film, infatti, parla dei legami tra Vaticano, massoneria, militari, servizi segreti e alieni, entità che sono solo apparentemente separate, ma che in realtà sono unite da un vincolo indissolubile e molto più forte di quanto crediamo. E i contenuti speciali specificano meglio questo tema.

2. Varo, le Bestie di Satana ed io.

Nel periodo in cui è uscito il DVD (autunno 2011) mi stavo occupando della vicenda delle Bestie di Satana.
Analizzando la storia delle Bestie di Satana stavo cercando di capire chi e perché poteva aver ucciso quei ragazzi nel bosco di Somma Lombardo, Chiara Marino e Fabio Tollis.
Andrea Volpe e Mario Maccione, infatti, confessano di aver ucciso i due ragazzi, ma la loro versione è totalmente incompatibile con lo stato dei luoghi e il racconto è assolutamente inverosimile. Raccontano infatti di aver scavato una buca nei boschi, e di essere poi riusciti a ritrovare la strada fino alla buca, di notte, a gennaio, in mezzo al bosco e in un luogo che non era neanche troppo vicino ad un sentiero, perché per raggiungerlo occorre fare diverse decine di metri in mezzo agli alberi, dopo aver abbandonato il sentiero principale.
Peraltro, quando Andrea Volpe confesserà gli omicidi, non ricorderà più il luogo e non sarà in grado di indicare il punto esatto in cui è stata scavata la fossa. Di più. Non ricorderà neanche quale sia il bosco, che indicherà vagamente come un bosco nei pressi di Somma Lombardo.
Inoltre, nel racconto che Volpe e Maccione fanno agli inquirenti, narrano di aver ucciso le loro vittime a coltellate, e quindi di essersi imbrattati di sangue dalla testa ai piedi (come è logico che avvenga, sfondando addirittura il cranio a Fabio Tollis); dai loro racconti però non risulta che si siano cambiati di abito e lavati. In pratica, dopo l’omicidio i tre ragazzi sarebbe risaliti in auto come se niente fosse, e sarebbero tornati a casa dalle famiglie.

Insomma, un racconto sconclusionato e che non sta in piedi. Facendo poi delle domande alle persone che ricordano qualcosa di quella sera, risulta che i tre presunti assassini, Volpe Maccione e Sapone, si allontanarono dal locale ove stavano passando la serata, il Midnight, senza avere a bordo le future vittime, che dopo tre quarti d’ora erano ancora nel locale, per poi sparire nel nulla.
Un altro elemento che non si concilia con il racconto di Volpe e Maccione è che la buca è scavata in un terreno, in mezzo agli alberi, pieno di radici. Addirittura perpendicolare alla buca c’è un grosso tronco di castagno, tagliato. Sarebbe stato impossibile quindi per dei ragazzi muniti di due pale scavare nel terreno, a gennaio, una fossa profonda tanto da contenere due cadaveri, perché le radici avrebbero impedito l’escavazione.

In quei giorni di novembre, quindi, mi frullavano in mente diverse domande.
Chi e perché aveva rapito Fabio e Chiara?
Con che metodo?
E soprattutto quando sono stati veramente uccisi Fabio e Chiara? La notte del 17 gennaio 1998 oppure successivamente?
Perché Volpe e Maccione hanno raccontato una versione così fantasiosa di quegli omicidi? Che interesse avevano? Cosa li aveva spinti?
Perché gli inquirenti gli hanno creduto, o meglio, hanno fatto finta di credergli?
E, soprattutto, mi domandavo cosa successe veramente quel 17 gennaio 1998 in cui Fabio e Chiara scomparvero nel nulla.

Guardando il documentario di Varo, mi colpisce il fatto che durante l’intervista mi abbia collocato tra una rosa rossa e il demone Lilith. Devo dire che ho provato anche un certo fastidio a guardare immagini così simboliche associate alla mia intervista, ma quando mi fece le riprese non me ne accorsi, altrimenti glielo avrei fatto notare.
“Ma come cavolo è venuto in mente a Varo di mettermi tra una Rosa Rossa e uno dei demoni talvolta evocati da questa organizzazione?” è la domanda che mi frulla in mente.
Per qualche giorno sono indeciso se telefonare a Varo e coprirlo di insulti, oppure chiedergli spiegazioni e verificare se ha avuto un motivo per fare una puttanata come questa.
Ad un certo punto mi viene in mente che Varo me lo abbia fatto apposta e mi abbia voluto “dire” qualcosa.

3. Conversazione con Varo.

Lo chiamo al telefono e questa è la conversazione che ne è seguita.

- Ciao Varo. Senti, guardando il video, ho notato che mi hai collocato tra una rosa rossa e il demone Lilith. Ma lo hai fatto apposta? E perché?

- Sì Paolo. Certo che l’ho fatto apposta.

- Ma volevi darmi qualche messaggio?

- Diciamo di sì. Diciamo che ho voluto darti uno stimolo a riflettere.

- Ma cosa intendevi dire? Che forse nei delitti di cui mi occupo io ci sono di mezzo i militari o gli alieni?

- Più o meno è quello che intendevo dire. Vedi, finché chi si occupa di alieni come Malanga non dialoga con chi, come te, si occupa di delitti, non si arriverà mai a capo di nulla. I vari comparti di studio dovrebbero comunicare tra loro. Solo così si potrà arrivare ad una maggiore comprensione della realtà complessiva.

- Ma quindi molti dei delitti che io attribuisco alla Rosa Rossa potrebbero essere in realtà frutto di un intervento alieno?

- Se si tratti proprio di intervento alieno non so. Però facci caso. In molti dei delitti di cui ti occupi tu, viene fracassato il cranio alla vittima. Un’analisi specifica potrebbe dimostrare che a molte delle vittime viene infatti sottratta la ghiandola pineale. Ora… osserva i simboli di alcune casate nobiliari inglesi o italiane o di alcuni papi; hanno spesso, molto spesso, una pigna, o una ghianda, che è il simbolo della ghiandola pineale.

4. Conversazione con una collaboratrice di Malanga.

A questo punto decido di telefonare a Dorica, una collaboratrice di Malanga. Una ragazza intelligente e in gamba, che conosce molto bene gli studi di Malanga, molto stimata da quelli che si avvicinano a queste tematiche e di cui mi fido molto.
Le riferisco il contenuto della telefonata con Varo e le chiedo se secondo lei è possibile che alcuni dei delitti rituali di cui mi occupo siano commessi da alieni o militari.
Sì, mi dice. L’affermazione di Varo è corretta ma gli omicidi non sono necessariamente frutto di interventi “alieni”. Non sono, cioè, gli extraterrestri, ma militari dotati di tecnologia avanzata, spesso di matrice aliena. In genere utilizzano dei velivoli simili ad elicotteri scuri e senza pale che “parcheggiano” davanti alla finestra della persona mirata. Se, da fuori, questi velivoli sembrano relativamente piccoli, i testimoni ricordano che, una volta dentro, lo spazio sembra molto ampio.
Prima di prelevare fisicamente la persona, vengono “sparate” delle onde probabilmente elettromagnetiche (armi psicotroniche) che alterano lo stato di coscienza del soggetto. Si suppone che tali onde vadano ad influire negativamente sulla ghiandola pineale e ad attivare l’impianto vicino alla ghiandola stessa che TUTTI gli addotti possiedono. I soggetti prelevati dai militari vengono spesso drogati, e vengono effettuati procedimenti più o meno invasivi usati per cancellare loro porzioni di memoria, prima di riportarli a casa.

Rifletto sulle dichiarazioni di Dorica. In effetti pare una ricostruzione fantasiosa. Ma certo è che se questa versione è fantasiosa, non sono meno fantasiose le balle che ci propinano in TV, di madri casalinghe come la Franzoni, o spazzini come Olindo Romano, in grado di non lasciare tracce di sangue da nessuna parte, non lasciare impronte o altre loro tracce sul luogo degli omicidi, far sparire le armi dei delitti, far sparire gli abiti intrisi di sangue, utilizzare tecniche di scannamento degne di professionisti addestrati nei corpi speciali, e altre idiozie del genere. Per non parlare dei fantasiosi suicidi di militari, avvocati, magistrati, politici; chi si suicida con i lacci delle scarpe (Niki Aprile Gatti); chi con delle calze da donna elastiche (l’avv. Silvia Guerra); chi si appende al portasciugamani del bagno (il colonnello Ferraro); chi annega nella sua piscina (Duisemberg), chi prenota un hotel a pochi chilometri da casa e muore di overdose (Pantani all’Hotel Le rose di Rimini); e così via… un balletto di assurdità, al cui confronto anche un complotto dei puffi sarebbe più credibile.

5. Osservazioni sui delitti di Cogne, Erba, e Bestie di Satana.

A questo punto faccio una verifica.
Se le cose che mi hanno detto Dorica e Varo sono giuste, dovrei trovare tracce che confermino questa versione nei documenti processuali.

Vediamoli insieme:

Cogne:
1. C’è sangue solo nella stanza del delitto.
2. Nessuna macchia di sangue sul corpo della madre, indicata come l’assassina.
3. Una porta aperta, che Annamaria Franzoni sostiene di aver chiuso.
4. Il bambino ha la testa sfondata e il cervello è come se fosse esploso.
5. In effetti, ho sempre pensato che se non è stata la madre – e sono sempre stato convinto, leggendo gli atti, che la madre non potesse essere stata – non si capiva chi potesse essere l’assassino. Spesso mi ero sorpreso a pensare che l’assassino sembrava “venuto dal cielo”.

Erba. Anche qui:
1. C’è sangue solo nelle stanze dove avviene il delitto.
2. Nessuna traccia di Olindo e Rosa sul luogo del delitto e nessuna traccia di sangue a casa dei coniugi Bazzi, sul loro camper o nell’auto. E il loro racconto è completamente incompatibile con lo studio delle scena del delitto.
3. Una finestra aperta in pieno inverno, con delle macchie di sangue proprio in prossimità della finestra. Come se gli assassini fossero venuti nel cielo (La criminologa Roberta Bruzzone, nel suo libro “Chi è l’assassino”, ipotizza infatti che gli assassini fossero già dentro l’appartamento delle vittime, e che poi siano scappati dalla finestra).
4. Le vittime hanno tutte il cranio sfondato, con fuoriuscita di materia cerebrale.

Delitto Rizzello, a Viterbo:
1. Sangue solo nei luoghi ove avviene il delitto.
2. La presunta assassina e rea confessa racconta di aver ucciso la donna, ma il suo racconto è incompatibile con lo stato dei luoghi.
3. Finestra aperta.
4. La vittima in questo caso non ha – almeno credo – il cranio sfondato.

Purtroppo, è inutile dirlo, le autopsie sono incomplete; basti pensare che nel delitto di Erba non è stata analizzata la testa del piccolo Yussuf, quindi non c’è traccia, nelle analisi, dell’eventuale mancanza della ghiandola pineale. Tuttavia lo sfondamento del cranio è una circostanza che ricorre in questi delitti con allarmante frequenza.

Riflettendo poi proprio sullo sfondamento del cranio, mi ha colpito, nei delitti delle Bestie di Satana, il fatto che sia nel primo delitto, quello di Fabio e Chiara, che nel secondo, quello di Mariangela Pezzotta, la vittima ha il cranio sfondato, ma le motivazioni offerte da Volpe relative a questa circostanza non sono del tutto convincenti, come non è convincente l’arma con cui egli racconta di aver sfondato il cranio alla vittima: una pala per scavare la terra. E guarda caso anche nel delitto Pezzotta, Andrea Volpe utilizza nuovamente la stessa tecnica: colpisce la vittima al capo con la vanga. Insomma, questo Volpe è un aficionado dei crani sfondati a vangate.

Insomma. Le analogie tra questi delitti sono molte, e a memoria ricordo molti altri casi con caratteristiche simili. Anche nel delitto dell’avvocato Masi, ucciso a colpi di ascia insieme alla moglie a Nereto, in Abruzzo, l’assassino pare non abbia lasciato traccia e sembra venuto dal cielo.

Per quanto riguarda il delitto compiuto dalle cosiddette Bestie di Satana, Fabio Tollis e Chiara Marino, mi colpisce il contenuto di una lettera che mi ha inviato Paolo Leoni tempo fa, in cui racconta di aver visto Sapone Maccione e Volpe andare via in auto circa tre quarti d’ora prima che scomparissero anche Fabio e Chiara: “sono scomparsi nel nulla; ti giuro Paolo che le ho pensate tutte, anche ad un rapimento alieno, perché è come se si fossero volatilizzati”, mi scrisse in una lettera prima che lo incontrassi in carcere.

Ora, se nei delitti di Cogne ed Erba, come nel delitto Masi e in quello Rizzello, l’unica possibilità alternativa rispetto alla insostenibile, contraddittoria e confusa versione ufficiale è che gli assassini siano venuti dal cielo, le cose non sono così semplici per i delitti delle Bestie di Satana. Fabio e Chiara infatti sono scomparsi all’aperto, e verranno ritrovati a molte decine di chilometri dal luogo della scomparsa. Inoltre occorre far quadrare i racconti con gli omicidi successivi, quello di Andrea Bontade e di Mariangela Pezzotta.

Certamente però, data la matrice comune dei delitti, che ho sempre sostenuto, le coversazioni avute con Dorica e con Varo Venturi mi offrono spunti di riflessione e di indagine.
Un forte indizio a favore di un’operazione militare, in questi delitti, mi viene offerta dal luogo del ritrovamento di Fabio e Chiara; la buca è infatti scavata in mezzo a un gruppo di alberi, e la presenza di radici induce a pensare che tale buca non possa essere stata scavata con due normalissime pale dai ragazzi, così come hanno raccontato; sembra invece una buca scavata con mezzi meccanici, come mi conferma un contadino esperto di quei posti, il quale mi dichiarerà che “è impossibile scavare una buca così profonda, ci vuole un’escavatrice”.

Il film insomma – e il rapporto con Varo – mi ha offerto l’occasione per riflettere su alcuni dei delitti irrisolti della storia giudiziaria italiana, con la speranza che questo sia un piccolo contributo affinché venga fatta, forse, in futuro, nuova luce sui veri moventi e sui veri assassini di questi omicidi. Omicidi che rimarranno sempre irrisolti finché si continuerà a indagare con tecniche investigative vecchie di secoli, e finché si continuerà a ragionare col “buon senso comune”. I militari, i servizi segreti, e le organizzazioni segrete come la Rosa Rossa, non ragionano con le logiche del buon senso comune, e soprattutto non utilizzano i metodi usati dalle persone comuni e conosciuti ai più. Al contrario utilizzano metodi poco conosciuti, sofisticati, e seguendo una logica talmente lontana da quella comune che, finché non si opererà un vero e proprio salto culturale e intellettuale in tutta la società, non si arriverà mai a capo di nulla. Talvolta, infatti, anche i magistrati, o gli avvocati coinvolti in questi casi, possono condannare degli innocenti, come Rosa Bazzi e Olindo Romano, oppure come i componenti delle Bestie di Satana, ma operare in assoluta buona fede, sol perché ignorano il sistema in cui viviamo. L’operatore di giustizia, quindi, sia esso magistrato, avvocato, criminologo, operatore di PG, a fronte di una confessione, come quella dei coniugi romano, di Volpe e Maccione, oppure di Henryka Michta nel delitto Rizzello, non riesce a intravedere ipotesi alternative. La persona ha confessato; e se ha confessato “deve” essere lui, anche perché qualsiasi altra ricostruzione alternativa fa spesso a pugni col buon senso comune. Ecco. Il problema è quindi questo: non sapendo nulla di MK-Ultra, controllo mentale, società segrete, simbolismo, ecc., l’operatore di giustizia tende a ragionare con il suo “buon senso”; dimenticando che le persone che commettono questi delitti ragionano secondo un senso completamente diverso da quello comune; dimenticando che le persone che ci comandano, i militari e i servizi segreti, possono scatenare una guerra che fa milioni di morti per futili motivi e questo fa a pugni col buon senso; dimenticando che i servizi segreti hanno sistematicamente organizzato, diretto ed eseguito tutte le stragi italiane e questo nulla ha a che vedere col buon senso e la logica; dimenticando, cioè, che finché si continua a ragionare con la nostra logica, e non con quella di chi ci comanda, non si verrà mai a capo di nulla.

Mentre rifletto su queste cose e mentre sto ancora studiando il caso, mi colpisce un altro particolare.
I cadaveri di Chiara e Fabio sono stati trovati in prossimità del Santuario della Madonna della Ghianda.
Una coincidenza non da poco.


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