Il sei novembre di sette anni fa moriva Enzo Biagi.
Il grande giornalista e scrittore, conosciuto da tutti grazie anche a quel suo “Fatto” che l’aveva reso noto perfino in tarda età ad un pubblico più giovane, pervasivo com’era nelle case degli italiani, si era spento dopo un aggravarsi delle sue condizioni di salute, già precarie per la tarda età ed il forte stress.
Fin da giovane aveva mostrato l’estro per la scrittura: raccontò perfino che la sua indole antifascista, da più parti inneggiata e con diversi giudizi di valore, nacque quando, mentre studiava a Bologna, fu soppresso dal regime il suo giornaletto scolastico. Una passione, quella del raccontare gli avvenimenti, che divenne il suo lavoro – e svolse con dignità e passione fino alla sua scomparsa.
Fu attivo fin dagli albori nella Televisione Pubblica, anzitutto come direttore del Telegiornale. La sua impronta personale gli valse gli attacchi di vari esponenti politici. Grazie a lui, fu riportato ad un ruolo pubblico l’amico Indro Montanelli, riassunto alla RAI, e un giovane Emilio Fede mosse i primi passi nel mondo televisivo. Memorabile fu, nel ’62, la sua intervista a Palmiro Togliatti, con la quale si invise le simpatie delle parti di destra. Lui stesso disse “Ero l’uomo sbagliato al posto sbagliato: non sapevo tenere gli equilibri politici”.
Dopo il Telegiornale, rimase comunque legato alla RAI, e fu nominato, all’inizio dei ’70, direttore de “Il Resto del Carlino”, che lasciò subito, per il Corriere della Sera, dopo una polemica con l’allora ministro delle finanze Luigi Preti.
Certamente abile scrittore, la sua vocazione fu però quella televisiva. Quasi un “divulgatore d’informazione” più che un giornalista, Biagi ideò il “Fatto” nel 1995 e prima di allora svolse numerosissime interviste ai personaggi più diversi e importanti di allora (una, alla fine degli anni ottanta, perfino ad un ancora non troppo noto Berlusconi). Con il suo programma, nominato nel 2004 “il miglior programma giornalistico realizzato nei primi cinquant’anni della RAI”, restò fino al 2002.
In quell’anno, ad aprile, giunse quello che venne poi definito l’”Editto Bulgaro”, quando Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, durante una visita ufficiale a Sofia dichiarò che l’uso della televisione perpetrato da Biagi, Luttazzi e Santoro era “criminoso”, e, rivolgendosi alla nuova dirigenza, auspicò che non si permettesse più un tale abuso.
Le origini di tale Editto debbono ricercarsi in una serie di interviste che Biagi concesse a una serie di personaggi antagonisti al governo di allora, da Montanelli, che paragonò il centrodestra berlusconiano ad un virus, a Roberto Benigni, intervistato per ben due volte dal giornalista. Contemporaneamente, Daniele Luttazzi, su RAI2, gestiva il Satyricon, programma propriamente “satirico” di nome e di fatto, nella versione antico-romana del termine: uno show di tarda notte un po’ “all’americana”, con ospiti scomodi in studio e un umorismo da “stand-up comedy”, spesso irriverente e volgare. Pochi giorni prima dell’Editto Bulgaro, Luttazzi intervistò un giovane Marco Travaglio, che in studio presentò il suo libro di allora: “L’Odore dei Soldi”. Questo si poneva come un tentativo fallimentare di ricostruire la nascita della fortuna di Silvio Berlusconi, e che, proprio perchè fallimentare, poneva molti dubbi sulla legittimità e la legalità dei trascorsi dell’allora Presidente del Consiglio.
A ciò dovettero aggiungersi le continue discrepanze tra la dirigenza RAI e Santoro, che conduceva Sciuscià, e già subì un procedimento disciplinare per i contenuti di due puntate.
La Dirigenza RAI seguì alla lettera il precetto di Berlusconi, ed entro la fine dell’anno 2002 i tre giornalisti furono epurati dal palinsesto. Per reazione, Biagi divenne nel novembre 2002 uno dei fondatori di Libertà e Giustizia.
Da quel momento, le apparizioni in televisione e in pubblico furono per Enzo Biagi poche e separate nel tempo: si segnala una mezz’oretta da Fazio a Che tempo che fa, valsa il record di ascolti dell’epoca.
Cambiato il Governo, e di conseguenza, com’è costume in Italia, la dirigenza RAI, Biagi tornò a condurre RT-Rotocalco Televisivo, trasmissione modellata sul precedente “Fatto”, nel 2007. Questa durò solo sette puntate, prima che le condizioni di salute di Biagi si aggravassero.
Morì poco dopo, a 87 anni. Si racconta che, rivolgendosi ad un’infermiera, le disse: “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. E subito dopo, “…ma tira un forte vento”. Lo omaggiarono in molti, e anche i suoi avversari e critici, che spesso avevano usato parole insultanti nei suoi confronti (Berlusconi, dopo l’editto bulgaro, lo definì “un vecchio rancoroso”) si ricredettero, grazie a quella tipica usanza italiana di dover parlare bene per forza di chi non c’è più, ignorando i propri rapporti passati.