Sinistro commesso viaggiatore
di Iannozzi Giuseppe aka King Lear
Sono solo un commesso viaggiatore, uno dei tanti. Mi porto il mondo addosso e qualche volta mi riesce pure di nasconderlo dentro alla valigetta che sempre tengo legata al mio polso sinistro. Qualcuno, sfiorandomi con lo sguardo, dice che sono alquanto sinistro e che non ispiro molta fiducia. Eppure nessuno può fare a meno di riconoscere che quando prendo a parlare ci so davvero fare: lascio sempre tutti i miei clienti a bocca aperta. Sono un commesso viaggiatore, vado a trovare tante persone nei punti più disparati di questo mondo. Una casa non ce l’ho e neppure una donna. Non ho legami. La mia carta d’identità ha solo una fotografia consumata, indecifrabile. Non mi lamento mai ad alta voce: con il mestiere che faccio non mi posso permettere confidenze urlate o confessioni. Ho imparato che nella vita è importante come e quanto sai vendere: se non c’è niente da dar via, io lo dò via comunque e sempre.
Ho comprato l’anima del Diavolo: alla fine s’è arreso alla mia insistenza, alla mia lingua biforcuta, e ha preso la strada della pensione o quella del paradiso – ma, sinceramente, non m’interessa granché sapere che fine abbia fatto adesso che un’anima non ce l’ha più. La prima volta che lo incontrai era uguale spiccicato a me. Voleva la mia anima. Parlava tantissimo e ad ogni sentenza, che sputava dalla bocca sulfurea, non mancava di ricordarmi che ormai da tempo s’era adeguato ai tempi moderni: “Adesso faccio sia le pentole che i coperchi.” Così sentenziava con amore – con amore infernale -, poi il suo miglior sorriso; tuttavia non sapeva ancora con chi aveva a che fare. Gli tirai fuori il mio sorriso, quello migliore, e poi, subìto, ho aperto sotto i suoi occhi la mia valigetta; lui ci ha guardato dentro, ha raccolto una copia sgualcita de “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov, l’ha soppesata e l’ha tenuta fra le mani e l’ha sfogliata. Impallidì, divenne bianco come un cencio.
Raccolsi la sua anima, e lo lasciai a piangere in silenzio. Prima di lasciarci, definitivamente, mi ha solo guardato con i suoi occhi spenti. Ho ricambiato il suo sguardo, ma gridandogli addosso che il Paradiso può attendere. Lui ha scosso la testa, semplicemente. Era già in pensione nel momento in cui gli davo le spalle per non incontrarlo mai più sulla mia strada.
Il mio aereo vola al di sopra delle nuvole: ho un posto accanto al finestrino, ma non c’è nessuno a tenermi compagnia sul posto vuoto di fianco al mio. Non m’interessa. L’aereo è pieno di possibili clienti. E’ solo che in questo momento non ho troppa voglia né di sorridere né di parlare. Ma poi un’hostess mi scuote: la fisso con occhi di fiamma, e lei non fa una piega. Ed allora parlo, perché lei mi si offre spontaneamente, o quasi. Le dico, a bruciapelo, che mi sento tanto tanto solo. E lei è l’unica che può sentire la mia voce. Mi alzo e seguo il suo bel culetto tondo. Sarà difficile farlo con la valigetta legata al mio polso. La seguo e lei lo sa che sta per darmi quello che ogni uomo vuole per sé: l’anima. E lo sa che dopo la venderò al migliore offerente, perché il mondo è assai scarso d’amore e ne vuole sempre di più. Sono solo un commesso viaggiatore, uno dei tanti; però posso offrire al mondo intero tutto l’amore di cui ha bisogno, anche se lo vendo solamente al migliore offerente. In pratica, è questo il mio diabolico segreto. Ma molto più spesso vendo il niente al migliore offerente. E’ questo il mio simbolico segreto. E lascio sempre tutti – proprio tutti – a bocca aperta. Sono semplicemente un commesso viaggiatore e mi porto il mondo addosso; e quando mi sento in vena di dispetti mi riesce pure di nasconderlo dentro alla valigetta che sempre tengo legata al mio sinìstro polso.
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