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66esimo Festival di Cannes: “My sweet Pepper Land” di Hiner Saleem (Un Certain Regard)

Creato il 29 maggio 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

66esimo Festival di Cannes: “My sweet Pepper Land” di Hiner Saleem (Un Certain Regard)

 

Anno: 2013

Durata: 100’

Genere: Drammatico

Nazionalità:  France/ Germany/Iraq

Regia:  Hiner Saleem

 

La forza e la vitalità del cinema curdo, già abbastanza noto in tutto il mondo, vengono alla luce con tutta evidenza anche a Cannes, nella sezione Un Certain Regard, con un delizioso cowboy movie sui generis, My sweet Pepper Land, girato dal regista kurdo-irakeno Hiner Saleem e prodotto da Robert Guédiguian, un vero  e proprio inno alla libertà, politica, religiosa, individuale.

Baran (che ha il bel volto baffuto dell’attore Korkmaz Arslanha) ha combattuto nella guerra per l’indipendenza del Kurdistan ma, dopo la caduta di Saddam Hussein, non accetta di diventare un burocrate né approva i mezzi ‘spicci’ dei suoi superiori, che inneggiano alla sicurezza ed alla pena di morte per prigionieri e traditori. Decide quindi di farsi spedire in un villaggio isolato in mezzo alle montagne, ai confini tra Turchia ed Iraq come rappresentante della polizia e tutore delle forze dell’ordine: da subito si accorge che vige già una sorta di ordine territoriale, amministrato in modo del tutto illegale da un signore locale, Aziz Aga, e dai suoi (pericolosi) sgherri che prosperano grazie al contrabbando di alcool, droga e farmaci sul confine, e quando si accorgono dell’integrità di Baran, cercano dapprima di corromperlo, poi di eliminarlo. Ma se la vita è dura per gli uomini onesti, figurarsi per le donne … il caso vuole infatti che, proprio nello stesso paesino, si trovi a lavorare come maestra (dopo una lunga ed estenuante trattativa svolta col padre e con i tanti fratelli, preoccupati per la sua reputazione, e già pronti al matrimonio combinato) la bellissima Govend, invisa al clan ‘mafioso’ in quanto donna e per di più sola, gelosi della pudica amicizia che vedono nascere fra lei e Baran.

La condizione femminile, oltre che dalla precaria situazione di Govend (l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, abile suonatrice, nel film e nella realtà, di hang, un tamburo di metallo dal suono melodioso) è rappresentata da un gruppo di guerrigliere kurde del lato turco, donne e resistenti, che vivono sulle montagne e continuano a combattere per la causa ed anche per affermare la propria libertà rispetto al triste destino delle donne ‘normali’. Alla soluzione finale della storia ed alla conquista della libertà dei due protagonisti saranno determinanti proprio loro, le donne delle montagne, decise a vendicare la morte di una compagna uccisa dai brutti ceffi. Il clima del film è volutamente leggero, pur in mezzo a numerose tragedie, che sfiorano spesso il comico, malgrado tutto, tra grotteschi ed ironici ritmi country-blues e sparatorie degne delle migliori sfide all’O.K. Corral.

Elisabetta Colla


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