67. Di te

Creato il 22 novembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su novembre 22, 2011

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Procreazione, un bel problema.
La vita, a volte, è una piazza deserta dove volano fogli che non riesci a leggere e rombano motori che non sai per dove partano.
Sì, ma la vita è anche uno sguardo che viene da lontano, che intercetta la tua storia, ti fissa nel momento in cui sei aperto, disponibile a cambiare.
A che serve il matrimonio? A procreare? Come rimedio alla concupiscenza?
Ti senti prigioniero, come ti avessero chiuso in una stanza, gelosi del futuro, custodi minacciosi del presente.
Sì, ma esistono ali trasparenti, membrane leggerissime che lasciano intuire il cielo in trasparenza, che puoi prendere anche tra due dita.
La tenerezza è peccato? E’ possibile il controllo delle nascite?
Sei in cerca di un’uscita, uno spiraglio deve pur trovarsi, da qualche parte, in qualche condizione.
Sì, ma hai anche scarpe che camminano, capaci di volare sopra l’acqua, disegnando scie schiumanti di sogni e di progetti.
Che vuol dire una carne sola? E’ o non è una fusione totale di anime e di corpi (se c’è una distinzione tra anime e corpi)?
Possibile che l’universo sia una prigione senza porte, un vestito senza uomo? – ricordi, Neruda? La morte riesce a bussare come un anello senza pietra né dito, riesce a gridare senza bocca, né lingua, né gola.
Sì, ma il suo viso? Le braccia, il seno tondo come una luna che abbaglia all’orizzonte, mentre viaggi, solo, nella notte?
Procreare e basta o unirsi, amarsi sempre più, superare ogni giorno le barriere che il tempo, la fatica, l’assenza erigono con tenacia irriducibile?
Guardi a destra e a sinistra, sopra e sotto, in cerca di una crepa, una fessura, una breccia prodotta da un ricordo o un desiderio.
Sì, ma quando stringi in un abbraccio, quando senti la schiena di lei che aderisce al tuo invito come un albero si lascia accarezzare dalla brezza d’estate – ricordi? Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
Potremo mai finire di discutere su ciò che è contro o secondo natura?
Una chiave, una chiave, ci dev’essere una chiave per aprire questa porta, per uscire e gridare, per chiedere aiuto!
Sì, ma quando vedi le sue gambe lisce, la scollatura che è un campo di rose quando scende il sole e devi andare a tentoni fra le case e la salita conduce alla soglia di un bosco sconosciuto.
E come si fa a dividere l’amore? Come puoi dire: qui c’è il punto di partenza e qui il finale, dove non puoi aggiungere una frase, un articolo, una virgola?
Hai bisogno di partire, di lasciare la piazza ingombra di fogli incomprensibili, d’imboccare una strada che ti strappi via dall’incubo del restare a tutti i costi.
Sì, ma quando senti quella musica, non sembra che tutto cambi, non ti pare di avvertire un gusto, un profumo, il sapore di una vita che ritenevi ormai dimenticata?
Fedeltà è incontrarsi anche sotto il temporale, quando il gelo ti costringe a chiuderti mille volte nel cappotto, è uscire anche con la grandine che ti schiaffeggia, col buio di un inverno che mette alla prova i passi dell’amante.
Due fari non riescono a sfondare il muro della nebbia – ricordi? La morte sta sulle brande; sui materassi che affondano, sulle coltri nere; vive distesa, e all’improvviso soffia: soffia un suono oscuro che gonfia le lenzuola; e ci sono letti che navigano verso un porto dove sta in attesa vestita da ammiraglio.
Sì, ma la luna è un abat jour che ti salva dall’angoscia, fa girare le pagine del libro, un romanzo che – possibile? – sta parlando di te, della tua vita.


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