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68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: Marco Bellocchio Leone d’oro alla carriera 2011

Creato il 08 maggio 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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E’ stato attribuito al regista italianoMarco Bellocchio– una delle personalità più influenti del cinema italiano degli ultimi decenni e uno tra i maggiori autori del cinema contemporaneo – ilLeone d’oro alla carrieradella68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia(31 agosto – 10 settembre 2011).La decisione è stata presa dal Cda dellaBiennale di Veneziapresieduto daPaolo Baratta, su proposta del Direttore della MostraMarco Mueller.Nella presentazione al Cda della proposta di Leone d’oro alla carriera 2011, il Direttore della MostraMarco Muellerha scritto tra l’altro: «Seguire il cinema di Marco Bellocchio ti porta, in ogni suo nuovo film, sempre verso altre destinazioni da quelle che ci sembrava di aver raggiunto  e scoperto. Camminatore instancabile, traghettatore di idee, esploratore  del confine instabile tra se stesso, il cinema e la storia, ha utilizzato come mappa, per orientarsi, il mondo che comincia oltre i confini della realtà visibile (e nell’inconscio). E ha così trovato i modi di espressione più vitali e “giusti” – per raccontare l’urgenza di saperi, individuali e collettivi, indeboliti, o svaniti».A seguire la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla 68. Mostra – nella Sala Grande del Palazzo del Cinema – sarà presentata la nuova versione diNel nome del padre(1971) di Marco Bellocchio: non un restauro, ma una nuova opera inedita e “attuale”, realizzata dal regista a partire dai materiali del film stesso. Un singolare Director’s Cut che – per la prima volta – invece di durare parecchi minuti di più, risulta più corto rispetto alla prima edizione:  90’ per questa nuova versione “redux” diNel nome del padre, contro i 105’ del film uscito in sala nel 1971.Marco Bellocchioha commentato a riguardo: «Non è stata un’idea fissa (niente di persecutorio) eppure in tutti questi anni (quaranta) mi è tornata in mente, a intervalli vari, anche lunghissimi, l’idea, la convinzione cheNel nome del padrenon avesse ancora trovato la sua forma definitiva. Ne è la prova il fatto che dopo la prima proiezione pubblica (Festival di New York, 1971)Nel nome del padreè ritornato in moviola altre tre volte, quattro con quest’ultima revisione. Per una necessità (che in passato non vedevo, per paura di essere politicamente ambiguo o soltanto per un difetto di visione di insieme?) di liberare le immagini, nel senso di alleggerirle di quella pesantezza ideologica che le schiacciava, le soffocava… Immaginare liberamente era allora inconcepibile. Per cui tante immagini piene di parole che giudicavano, spiegavano, ripetevano le spiegazioni, citavano, sono cadute. Molta cultura, figlia di quegli anni, magari irrisa, in quest’ultima versione è stata almeno contenuta a favore della storia, dei personaggi, degli affetti più semplici e diretti. Ho tagliato, accorciato, non ho aggiunto nulla. Le “invenzioni” politiche nel film non mancano, assolutamente legittime (basti pensare alla lotta di classe tra servi e preti, del tutto inesistente nella mia esperienza di collegiale), ma forse manca quella passione, esaltazione, fede, cecità che aveva posseduto sinceramente Eisenstein quando faceva i suoi film di propaganda, che però erano e sono dei capolavori…Evidentemente ancora in quegli anni mi sentivo in obbligo di non tradire una sinistra rivoluzionaria in cui avevo brevemente militato… Liberare le immagini è stato privilegiare sempre quanto di lieve, di caldo, di paradossale, di surreale, di crudele anche, senz’essere gratuitamente sadico, di sarcastico, di irridente l’ipocrisia delle istituzioni… Beninteso il film, per quei pochi che si ricorderanno della prima versione italiana (che è poi la seconda versione), non è cambiato nei contenuti o nei significati, non è stato addolcito in alcun modo, non è meno violento, si può dire soltanto che in questa versione definitivaNel nome del padrefa pensare un po’ meno a Brecht e un po’ di più a Vigo».Consacrato già al suo film di debutto,I pugni in tasca(1965), come uno degli autori di riferimento del Nuovo Cinema,Marco Bellocchioha dovuto faticare non poco per “liberarsi” da quel successo inatteso e ingombrante. Vi è riuscito cimentandosi su più fronti: l’eccitazione visionaria diNel nome del padre(1971), il classicismo diMarcia trionfale(1976), lo psicodramma deIl gabbiano(1977). Per trovare, conSalto nel vuoto(1980), un equilibrio fra tendenza alla grande prosa e tensione verso il cinema di poesia. Questo gli ha consentito, a partire dall’incandescenteDiavolo incorpo (1986), di approfondire la propria ricerca di un cinema in presa diretta sulle pulsioni dell’inconscio, sino al formalismo diLa condanna(1991) e allo sperimentalismo deIl sogno della farfalla(1994). Con la messa in scena della notte dell’inconscio neIl principe di Homburg(1977), Bellocchio ha voluto oggettivare (coniugandoli al passato inLa balia(1999) e al presente inBuongiorno, notte(2003) e inL’ora di religione,2002) i temi che per anni l’hanno travagliato e appassionato. Di recente ha trovato anche la voglia di dare vita a esperienze di formazione e di co-realizzazione con dei giovani allievi (il laboratorio “Fare Cinema”, che organizza ogni anno a Bobbio), dalle quali prende origineSorelle mai, presentato Fuori Concorso alla Mostra 2010.Il  successo internazionale diVincere(2009) conferma la posizione diMarco Bellocchio, accanto aBernardo Bertolucci(Leone d’oro del 75. nel 2007) edErmanno Olmi(Leone d’oro alla carriera nel 2008), come uno dei tre maggiori cineasti italiani in attività.Marco Bellocchioè stato più volte protagonista alla Mostra di Venezia, dove ha presentato il suo secondo lungometraggioLa Cina è vicina(1967), che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria. Successivamente ha presentato nel 1975Matti da slegarein Proposte di nuovi film, quindi nel 1980 il mediometraggioVacanze in Valtrebbiain Officina Veneziana, e nel 1982Gli occhi, la boccain Concorso. Due le partecipazioni negli anni ’90, con il cortometraggioIl sogno della farfalla(1992) e il mediometraggioLa religione e la storia(1998). Nel 1997 è stato Presidente della Giuria di Corto Cortissimo, e nel 1999 ha fatto parte della Giuria del Concorso presieduta da Emir Kusturica. Nell’ultimo decennio ha presentato nel 2002 il mediometraggio dedicato a VerdiAddio del passato(Nuovi Territori), nel 2003 in ConcorsoBuongiorno, notte, che ha ricevuto un premio speciale, e nel 2010, Fuori Concorso,Sorelle mai.

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