“La vita e come la scaletta del pollaio, corta corta e piena di merda…” Con queste brillanti parole un non cosciente filosofo elargiva pillole di saggezza in un film di Paolo Villaggio, “Io speriamo che me la cavo” nell’anno di grazia 1990 o giù di lì. Io c’ero, ed essendo già andato a braccetto con Marlon Brando e Lee Marvin ne “Il Selvaggio” e con James Dean nella sua trilogia ante-mortem, realmente mi sembra ripensandoci di avere più di cent’ anni. Ma nell’era in cui il passato è remoto dopo sei mesi, in cui combattiamo senza artigli per quello che i nostri padri in piazza avevano già conquistato trent’anni fa e che ci viene tolto in ragione della globalizzazione e del profitto a tutti i costi, la frase in apertura mi sembra talmente veritiera da schiacciare con il suo peso qualunque sorta di ribellione, a quello che ormai appare come il solo ed unico destino di chi non ha santi in paradiso (o amici ad Arcore). L’unico destino di chi litiga con la moglie per le troppe mancanze in famiglia, causate da orari di lavoro massacranti, o da un secondo lavoro che fa pagare a caro prezzo la precarietà del primo. Unico destino di chi guarda negli occhi la fidanzata e gli si stringe il cuore quando lei parla di matrimonio mentre conta le monetine risparmiate per le sigarette, o quando festeggia per il nuovo posto di lavoro del compagno senza sapere che lo stesso verrà regolato da un contratto di apprendistato, da stagista o con una formula di rimborso di 250 euro al mese… E poi si dice che la malattia più grave del terzo millennio è la depressione… Ma dite un po’, secondo voi chi ce l’ha causata, sempre ammesso di avere il tempo e la forza di mostrarla? Un piccolo invito… Ma brutti coglioni senza attributi, dalle poltrone di velluto e dalle chiome trapiantate, imparate un po’ cosa vuol dire essere uomini… E se non ci riuscite da soli, prendete almeno spunto da questi video…
di Andrea Mariani